Delle quattro serie che aveva lanciato AppleTV+ alla sua nascita, solo due sono ancora in corso: The Morning Show continua ad avere la sua rilevanza nel panorama televisivo contemporaneo sebbene non abbia mai avuto il successo travolgente che la piattaforma aveva sperato, mentre For All Mankind è rimasta più una serie di nicchia, capace di costruirsi il suo pubblico affezionato e proseguire il suo racconto ucronico pur senza arrivare mai ad essere sulla bocca di tutti.
Una ragione di questa poca popolarità è probabilmente dovuta al tipo di narrazione: la serie è un prestige drama ambientato in una timeline alternativa che parte dal 1969 e si chiede cosa sarebbe successo se non fossero stati gli Stati Uniti a raggiungere per primi il suolo lunare bensì l’Unione Sovietica, ipotizzando una corsa allo spazio che prosegue ben oltre gli anni ’70 e ha sviluppi a cascata sul progresso tecnologico e sui grandi eventi storici del XX secolo. È una serie di genere, e questo già restringe il pubblico di riferimento; è inoltre una storia che si propaga lungo tanti anni, riducendo quindi i personaggi che ritroviamo tra una stagione e l’altra – solo tre tra i protagonisti principali sono ancora centrali dopo quattro annate – e questo non fa che rendere complesso seguire lo show per il pubblico più casual. Di contro, il punto di forza di For All Mankind è sempre stato quello di sviluppare un’idea estremamente originale – cosa ormai rara nella TV di oggi – ed estremamente ambiziosa, cercando di immaginare come la Storia dell’umanità si sarebbe sviluppata a partire da un turning point apparentemente irrisorio e limitato ad un evento specifico ma che in realtà, se ci si pensa, avrebbe potuto avere conseguenze enormi dal punto di vista culturale e politico.
La quarta stagione della serie iniziata lo scorso venerdì – di cui abbiamo avuto la possibilità di vedere in anteprima la prima metà degli episodi e cui qui parleremo senza spoiler – è ambientata nel 2003, otto anni dopo la fine della terza. Come sempre l’incipit della stagione racconta in breve tutti gli eventi significativi che sono intercorsi tra un’annata e l’altra, con la parte divertente di andare a scoprire cosa è cambiato rispetto alla nostra linea temporale: per esempio Al Gore che diventa presidente al posto di Bush, Michael Jordan che è un giocatore di baseball e non di basket, il divorzio dei Clinton e così via. In particolare gli eventi che riguardano la nuova frontiera spaziale – che sono poi quelli più interessanti rispetto a ciò che racconta lo show – vedono la storia incentrata sullo sfruttamento della nuova base su Marte, chiamata Happy Valley e ora molto più sviluppata e strutturata rispetto al finale della terza stagione. Ora che il progresso tecnologico permette di raggiungere in minor tempo il pianeta rosso, infatti, l’umanità si è stabilita permanentemente sulla superficie e lavora per guadagnare in termini di materie prime e ripagare il grosso investimento economico, creando una vera e propria forza lavoro fatta di operai specializzati che arrivano dalla Terra.
Come già visto nel finale della race to Mars della scorsa stagione, gli USA e l’URSS sono finiti a collaborare per la costruzione della Happy Valley e ora gestiscono insieme la base, con la Corea del Nord – che, lo ricordiamo, si scopre essere stata la prima nazione a far atterrare degli uomini sul pianeta nel 1995 – che rimane più isolata ma che comunque si appoggia alla grossa struttura russo-americana. In questa timeline tale collaborazione era coincisa con un’epoca di distensione politica nei rapporti tra le due superpotenze, decretando (come è accaduto nella realtà) la fine della Guerra Fredda. La stagione parte da questo punto e sviluppa la storyline geopolitica alternando scene sulla Terra e scene su Marte; in particolare tra i nuovi attori che irrompono sulla scena politica dell’ucronia di For All Mankind ci sono Eli Hobson – interpretato da Daniel Stern – ovvero il nuovo amministratore della NASA dopo la fuga di Margo in Unione Sovietica, e Irina Morozova – interpretata da Svetlana Efremova – un alto ufficiale sovietico che assume il comando di Roscosmos, l’agenzia spaziale dell’URSS.
Dal punto di vista del progresso tecnologico, ora che il suolo marziano è stato conquistato, l’umanità è pronta a una nuova sfida. Il focus della stagione punta sul tentativo di sviluppare nuove tecnologie in grado di “catturare” gli asteroidi ricchissimi di materie prime – in particolare metalli – e riuscire ad estrarle. Quella che a prima vista sembra un’impresa non così impossibile visti i progressi scientifici raggiunti nell’universo di For All Mankind è invece una sfida non indifferente, poiché non si tratta più solo di viaggiare da un pianeta ad un altro – da un punto A ad un punto B nello spazio – ma di intervenire attivamente su dei corpi celesti che viaggiano a velocità molto elevate e sono dotati di masse enormi. Inutile dire che i tentativi di sviluppare e sperimentare queste nuove tecnologie saranno tutt’altro che una passeggiata per il genere umano e il percorso sarà irto di ostacoli e potenziali fallimenti, tutto nello stile piuttosto credibile e realistico al quale ci ha abituato la serie.
Ad affiancare la macro-trama politica e di esplorazione spaziale in questa prima parte di stagione non può mancare lo sviluppo dei personaggi e la componente drama. Come sempre in For All Mankind, la grande Storia si affianca alle storie e alle vite private dei protagonisti, costruendo sempre due binari che si incrociano e dimostrano come dietro i grandi eventi ci siano alla fine persone che compiono delle scelte e fanno degli errori, a volte decisivi e con grandi conseguenze. Senza fare spoiler su come si evolveranno gli eventi, si può dire che sulla Terra avranno grande importanza e risalto le scelte di Kelly, che ha avuto il bambino e vive con la suocera, e Aleida, sopravvissuta all’attacco terroristico della fine della terza stagione, mentre su Marte avranno rilevanza quelle di Danielle, Ed e di un nuovo personaggio, Miles, interpretato da Toby Kebbell.
La quarta stagione di For All Mankind prosegue dunque sull’ottimo percorso delle stagioni precedenti e, nonostante i difetti tipici dei prestige drama – dialoghi a volte ridondanti, durata eccessiva degli episodi, alcuni archi narrativi dei personaggi troppo sbilanciati sulla componente drama – rimane comunque una delle serie di genere più interessanti e ben fatte del panorama televisivo contemporaneo.
Voto: 7 ½
Si, è una serie che ha qualche difetto ma la si perdona facilmente perchè tutte le sue scene madri nell’arco di tre stagioni sono arrivate ad emozionare. Non era scontato visti i primissimi episodi della stagjone 1. Per gli amanti della fantascienza senza fantasy è una serie imperdibile.
Assolutamente d’accordo e ti assicuro che ti piaceranno anche tutti gli sviluppi di questa stagione!