Expats è la nuova serie targata Prime Video che si propone come drama in grado di fare incetta di premi e fare centro nella vita seriale degli spettatori. Sorretta da un cast di prestigio – capitanato da Nicole Kidman – e da un impianto produttivo che non lascia alcuna scena al caso, la serie di Lulu Wang – alla sua prima prova da autrice completa con le serie tv dopo i lungometraggi Posthumous e The Farewell – sembra avere tutte le carte in tavola per lasciare il segno nel panorama seriale del 2024.
Tuttavia, quelle che sembravano essere delle ottime premesse sulla carta non riescono a tramutarsi in realtà, almeno rispetto all’uscita dei primi due episodi che segna l’inizio della storia di Expats. Ma cosa racconta la serie e come sono collegate le storie delle tre donne protagoniste?
Ispirato agli eventi del romanzo omonimo di Janice Y. K. Lee, “The Expatriates”, la serie racconta la storia di tre donne straniere, per l’appunto expats, ad Hong Kong, Margaret, Hilary e Mercy, interpretate rispettivamente da Nicole Kidman, Sarayu Blue, e Ji-young Yoo, e di come un singolo evento dia luogo a tante concatenazioni che ne collegano il destino in modo sempre più intricato. La premessa della storia non risulta particolarmente rivoluzionaria, ma in casi di storie del genere non è tanto la trama, o l’evento specifico, a fare la differenza nella resa, quanto la capacità di scrivere dell’animo dei protagonisti, creando personaggi tridimensionali capaci di reggere la struttura di una storia semplice sulle loro spalle.
Seppur concentrandosi a fondo sui tre personaggi principali e sulle loro storie, i primi due episodi di Expats falliscono nel renderle realistiche e verosimili, non riuscendo a far instaurare quel legame tra personaggi e spettatore che andrebbe poi a tradursi in una maggiore resa emotiva delle vicende rappresentate sullo schermo. I personaggi comprimari, per ora, sono un mero sfondo delle vicende, ed è evidente che il pilota decida di focalizzarsi sulle protagoniste e di lasciare in secondo piano chi le accompagna; tuttavia, data la mole e la gravità di eventi rappresentata, si tratta di una scelta che non aiuta lo scorrere degli eventi, che a tutti gli effetti hanno un risultato ed una resa fin troppo impersonali e indiretti.
Dal punto di vista registico la serie riesce fin da subito a creare delle scene interessanti, dalla resa impegnativa e dalle inquadrature egualmente ragionate e mai lasciate al caso; analizzandole da sole, queste scene fanno emergere tutto lo sforzo produttivo e la voglia di replicare una determinata “scelta” stilistica che ha portato al successo serie del passato. Tuttavia, venendo a mancare un collante realistico nella messa in scena tale per cui ogni scena risulti davvero espressiva di un sentimento raccontato in modo vivido, queste risultano solo meri contenitori, seppur di pregiata fattura.
Ma non è sempre questo il caso: alcuni momenti dedicati al personaggio di Margaret, sia in casa da sola e immersa nel suo silenzio, o quando divide una cena in un fast food con l’amica Hilary, sono particolarmente ispirati e creano un’ atmosfera peculiare e quasi sinistra. Tuttavia, il risultato finale dà la sensazione di un calderone di idee molto valido, ma in fin dei conti troppo sconnesso rispetto alla storia principale ed alle sue protagoniste.
I primi due episodi di Expats vanno considerati come un unicum, proprio perché all’apertura del primo fa seguito la diretta chiusura del secondo. Proprio l’incipit del pilot è una delle scene più convincenti di questo dittico, poiché contribuisce a fare da gancio ad un prodotto che sembra voler raccontare un altro lato di storie troppo comuni: quella dei perpetratori, in luogo delle vittime – come viene detto nello show “i responsabili di un singolo accaduto capace di cambiare il corso della vita di un altro individuo, per sempre”. I primi due episodi costituiscono a tutti gli effetti, quindi, il vero “pilota” della serie, e quella che poteva sembrare una scelta convincente paga il prezzo dell’eccessivo minutaggio dedicato ai singoli eventi, talvolta non così di rilievo; una maggiore stringatezza avrebbe creato un dinamismo maggiore, accompagnando le rivelazioni del secondo episodio in maniera più naturale. Anche nei momenti in cui si assiste a qualche scontro tra i personaggi, la sensazione è quella di star guardando una storia di cui non si conoscono tutti i pezzi, e che non rappresenta e non può esprimere a pieno il suo potenziale drammatico perché mancano le basi di conoscenza del racconto (il confronto tra Margaret e Hilary, oppure le scene di Mercy in compagnia di suoi coetanei).
Dalla visione dei primi due episodi Exapts potrebbe sembrare una partita persa in partenza, ma ha dalla sua tre protagoniste in grado di reggere la scena e rendere le situazioni rappresentate più o meno coinvolgenti. Nicole Kidman (Margaret), per esempio, vende bene il personaggio di una madre affranta e divisa, che in molte occasioni combatte la sensazione di non sentirsi fisicamente nel posto in cui si trova; Sarai Blue (Hilary) risulta convincente nel personaggio-stereotipo che rappresenta (la donna che non vuole figli e dedita alla palestra) ma che sembra avere molto altro da offrire; infine, Ji-young You, la vera sorpresa di questa serie, che interpreta Mercy, una giovane coreana emigrata a Hong Kong, è anche narratrice degli eventi ed un enigma affascinante fin dai primi minuti in scena. Se loro tre funzioneranno, funzionerà anche Expats.
Voto 1×01: 6-
Voto 1×02: 6-