The Acolyte – Stagione 1 1


The Acolyte - Stagione 1Con l’ottavo episodio, è giunta al termine anche The Acolyte, la nuova serie Disney+ di Star Wars creata da Leslye Headland, e la prima a collocarsi cronologicamente al di fuori della saga degli Skywalker – nello specifico, cento anni prima dell’ascesa dell’Impero. È stato un percorso un po’ altalenante, in cui è emerso un prodotto dal grandissimo potenziale con idee in grado di portare nuova linfa all’interno del franchise, ma che si è ritrovato bloccato da scelte creative/narrative a tratti inspiegabili che hanno inevitabilmente limitato l’effettiva riuscita della serie.

Già con la doppia premiere, la reazione di una parte del fandom era stata tutt’altro che positiva, e con il terzo episodio “Destiny” si è scatenato un putiferio. Etichettata come la puntata che ha “rovinato per sempre Star Wars” e colpevole di portare avanti la “spregevole campagna woke della Disney”, “Destiny” non è nulla di tutto ciò; è però un ottimo esempio di ciò che funziona e non funziona all’interno di The Acolyte. Innanzitutto vanno lodate le idee presenti nell’episodio, dall’approccio diverso alla Forza del gruppo di streghe guidate da madre Aniseya, agli elementi che emergono sull’origine di Osha e Mae e che, in parte, si ricollegano ad alcuni aspetti dei prequel – senza, a differenza di quanto detto da molti “fan”, contraddire il canone. Si tratta anche di un episodio che porta avanti il concetto narrativo di Rashomon, il film di Kurosawa, più volte citato da Headland nelle interviste, e che ci mostra un primo punto di vista sugli eventi drammatici avvenuti su Brendok le cui ripercussioni si manifestano nel presente di The Acolyte.

The Acolyte - Stagione 1L’episodio però non brilla sui versanti della messa in scena e della recitazione, spesso anche a causa di una scrittura che avrebbe meritato una maggiore cura. Per uno show costato 180 milioni di dollari, raramente si ha l’impressione che questo budget sia stato sfruttato al meglio, e il confronto con il sempre citato Andor è impietoso. Registicamente poi, ci sono alcune situazioni in cui non è chiaro come le cose possano essere sfuggite di mano fino a tal punto: l’esempio più lampante, forse, è la parte in cui madre Aniseya allena Osha e Mae rivolgendosi al resto delle streghe, mentre le due sorelle litigano sullo sfondo. Il continuo spintonarsi tra Mae e Osha non solo ci distrae eccessivamente da Aniseya – interpretata, però, ottimamente da Jodie Turner-Smith -, ma all’interno dell’inquadratura stessa stona, e visivamente l’effetto è tutt’altro che piacevole.

Non aiutano poi le performance delle due giovani attrici Lauren e Leah Brady; certo, non tutti possono avere il cast di Stranger Things, ma quando la riuscita della puntata dipende così tanto dalla loro interpretazione, è giusto aspettarsi qualcosa di più. Non è purtroppo la prima volta che questo accade in una serie di Star Wars: Jacen Syndulla stonava leggermente in quella che doveva essere la puntata chiave di Ahsoka – la numero cinque -, e anche il ragazzino mandaloriano che vediamo in apertura nella terza stagione di The Mandalorian non brilla. La speranza è che per Skeleton Crew, che ruoterà quasi esclusivamente attorno a un gruppo di bambini, Jon Watts e gli altri siano riusciti a non cadere nelle stesse trappole e a ricreare quella magia tipica dei film Amblin.

The Acolyte - Stagione 1Tornando alla questione del conflitto tra le due sorelle, è comprensibile il desiderio, da un punto di vista narrativo, di mostrarlo con continuità, ma esistono di certo modi più eleganti di farlo. Sempre su questo fronte, la scelta di dare così tanto spazio alle tensioni delle giovani Osha e Mae gioca a sfavore della serie in quanto è un’occasione persa per mostrarle più vicine e affini, dato che, nella timeline del presente, le vediamo insieme pochissimo, cosa che poi inevitabilmente rende la reunion nella puntata “The Acolyte” meno potente. Nel corso della serie è di sicuro mancato il tempo dedicato allo sviluppo dei personaggi e all’approfondimento delle loro motivazioni, se non in rarissimi casi, con il risultato che tante decisioni dei protagonisti sono apparse frettolose e spesso in contraddizione con quanto sapevamo su di loro fino a quel momento.

Lo vediamo sicuramente nella puntata successiva, “Day”, in cui torniamo al presente con le varie linee narrative che convergono sul pianeta Khofar dove si trova il wookiee Jedi Kelnacca. Mae, dopo esserci stata presentata come un’assassina senza scrupoli con una forte sete di vendetta, decide improvvisamente che, ora che ha scoperto che la sorella è viva, si costituirà ai Jedi. Di certo rivedere Osha ha un effetto molto forte su di lei ed è comprensibile che questo possa portare a dei ripensamenti, ma il tutto avviene in maniera poco naturale, senza che ci sia la sensazione che il momento sia stato guadagnato. Da questo punto di vista, pesa molto l’aver collocato un episodio dedicato interamente a dei flashback subito dopo le prime due puntate: questo rallenta molto la narrazione e toglie spazio prezioso alla parte più importante, cioè il presente.

The Acolyte - Stagione 1L’altra problematica della puntata, e che è un difetto comune in quasi tutte le serie live-action di Star Wars, è la durata: nei suoi circa 27 minuti, la sensazione è davvero quella di assistere a un gruppo di persone che partono da un punto A diretti a un punto B, senza che ci sia un focus tale all’interno del racconto da renderlo il cuore pulsante dell’episodio. Lo si era visto anche, per esempio, nel – guardacaso – terzo episodio di Ahsoka, e come allora sembra quasi inspiegabile che non sia stato accorpato alla puntata successiva. Nonostante ciò, è innegabile che “Day” offra un finale davvero emozionante con l’ingresso in scena dello Straniero, senza dimenticare poi la presenza di Bazil, una splendida aggiunta nell’immenso panorama di specie di Star Wars.

Lì dove The Acolyte raggiunge i risultati migliori è sicuramente “Night”. Già nella recensione della doppia premiere avevamo parlato di quanto fossero riusciti i combattimenti nella serie, forti dell’enorme influenza del cinema asiatico, ma “Night” alza ulteriormente l’asticella e ci offre alcuni degli scontri con le spade laser più emozionanti dell’intera saga. Alex Garcia Lopez dimostra una grande dimestichezza nella regia dei combattimenti, che non risultano mai confusi o troppo lenti, come purtroppo accadeva in Obi-Wan Kenobi. Oltre a questo, in “Night” sono presenti molti colpi di scena, come le morti inaspettate di Jackie e Yord e, anche se molto telefonata, la scoperta di chi si cela dietro al casco in cortosis, Qimir. Era una teoria emersa già all’epoca dell’uscita del primo trailer in cui appariva il personaggio interpretato da Manny Jacinto, ma il mondo in cui il tutto avviene e soprattutto il carisma che traspare da Jacinto rendono il momento memorabile e fanno entrare da subito lo Straniero nel Pantheon dei cattivi di Star Wars.

The Acolyte - Stagione 1“Teach/Corrupt”, l’episodio successivo, è inevitabilmente meno adrenalinico rispetto al suo predecessore, ma non per questo meno interessante. Con Mae e Osha che si sono scambiate, abbiamo la possibilità di esplorare la classica situazione starwarsiana tra maestro e discepole. La parte tra lo Straniero e Osha è decisamente quella più riuscita; su un pianeta senza nome – che con molta probabilità è Bal’demnic, apparso per la prima volta nel romanzo Legends Darth Plagueis -, conosciamo molto meglio lo Straniero e le sue motivazioni, e lo vediamo vulnerabile, in tutto e per tutto pronto a sedurre Osha, in una dinamica che ricorda molto quella tra Kylo e Rey ne Gli Ultimi Jedi. Come detto prima, Manny Jacinto è perfetto nella parte, ed è comprensibile come Osha, anche se non troppo platealmente, inizi ad avvicinarsi a lui.

Funziona molto meno la parte tra Mae e Sol: è stato molto criticato il fatto che il maestro Jedi non capisca che non ha di fronte Osha. In sua difesa, bisogna dire che ha appena visto la sua padawan morire per mano dello Straniero, e, dato che tra i Jedi della serie è quello che più di tutti ha dimostrato di farsi trascinare dalle emozioni, è comprensibile che possa non essere in perfette condizioni e che decida di credere che Osha sia sana e salva insieme a lui. I veri problemi stanno nel ritmo di questa linea narrativa e nelle interazioni tra i due, che di rado raggiungono l’intensità di quelle tra lo Straniero e Osha, nonostante il sempre ottimo Lee Jung-jae. Non aiuta poi la presenza di Bazil, che non si capisce perché non vada subito da Sol a esprimere i suoi dubbi sull’identità della finta Osha, e non è nemmeno chiarissimo se sia poi lui stesso nel finale a svelare che in verità c’è Mae sull’astronave.

The Acolyte - Stagione 1Arriviamo così a “Choice”, penultimo episodio della stagione, che ha l’enorme peso sulle spalle di dare finalmente le risposte definitive su quello che è accaduto sedici anni prima su Brandok. A detta di molti, la puntata non riesce nel suo intento, colpevole anche del fatto di essere il secondo episodio flashback in una stagione di sole otto puntate, e quindi parte del problema per cui così tanto tempo è stato dedicato al passato invece di dare spazio allo sviluppo dei personaggi nel presente. In verità, “Choice” risulta più riuscito di “Destiny”: il punto di vista dei Jedi è molto interessante e, anche se ovviamente non giustificato, ci è più chiaro il comportamento di Sol, non solo all’interno della tragedia stessa, ma anche nel corso della stagione. Meno chiaro, invece, è il perché si senta così legato a Osha: Headland, in un’intervista, lo ha paragonato a come Qui-Gon percepisca subito qualcosa di speciale in Anakin; la differenza, però, è che in quel caso noi spettatori eravamo ben consci del suo potere e del destino che lo aspettava, cosa che con Osha ovviamente non c’è.

Come spesso accade, il problema si riduce al fatto che le cose avvengono in maniera troppo frettolosa e senza dare sufficiente contesto alle scelte prese, come nel caso di Torbin e della sua forte nostalgia verso Coruscant. Sarebbe stato più efficace mostrare il gruppo di Jedi in partenza verso Brandok con lui che non vuole andarsene, invece di dircelo e basta – un altro problema della serie è stato il ripiegare troppo spesso sul “dire” invece di “mostrare”. Sorge spontaneo chiedersi se non sarebbe forse stato meglio adottare una struttura alla Lost, con flashback presenti in ogni puntata, in modo che “Destiny” e “Choice” non pesassero così tanto nell’economia del racconto e che, soprattutto, non rallentassero troppo lo sviluppo del racconto; di sicuro ci avrebbe permesso di conoscere meglio i personaggi di puntata in puntata, senza che i loro comportamenti risultassero inspiegabili. Come spesso accade, è facile fare questi discorsi con la serie già conclusa e girata, ma sarebbe interessante capire come mai si è scelto un approccio rispetto all’altro e se, per caso, fosse mai stata considerata un’alternativa.

The Acolyte - Stagione 1Il finale, “The Acolyte”, chiude invece in maniera soddisfacente la stagione, lasciando anche sufficienti spunti per una eventuale continuazione che, purtroppo, vista la reazione estremamente negativa di una parte dei fan e, soprattutto, considerati i costi produttivi esorbitanti, sembra poco plausibile. Detto questo, la puntata regala un ultimo e splendido scontro, che più che mai mostra gli omaggi al classico La Tigre e il Dragone. È un grandissimo piacere vedere i modi ingegnosi ed estremamente creativi in cui sono state pensate le due coreografie dei due duelli Sol/Straniero e Osha/Mae. Da un punto di vista puramente tecnico, il rapido taglio che passa dalle gambe di Osha e Mae che si scontrano alle spade laser di Sol e lo Straniero che si incrociano è senza ombra di dubbio uno dei momenti più iconici della serie. In generale, un po’ come è successo durante tutto The Acolyte, alcuni degli eventi sono un po’ telefonati: si era spesso ipotizzato che alla fine Osha sarebbe diventata la pupilla del titolo, e qui la vediamo cedere al lato oscuro e uccidere con il Force choke Sol, ora che ha scoperto tutta la verità.

Se da un lato, almeno a livello emotivo, la scena non funziona del tutto proprio perché il loro rapporto non è stato esplorato fino in fondo – come nel caso di Torbin, forse una scena flashback di Sol e Osha nel tempio Jedi qualche anno prima avrebbe dato una mano -, da quello visivo il risultato è ottimo: vediamo infatti per la prima volta in live-action la trasformazione di un kyber crystal, che viene fatto “sanguinare”, e che rappresenta un chiaro passaggio al lato oscuro. È una dinamica già vista nei fumetti nella serie scritta su Darth Vader da Charles Soule e nel recente videogioco Jedi: Survivor. Curioso invece, parlando del canone di Star Wars, che Ahsoka faccia il contrario con le spade laser di un Inquisitore, purificando il kyber e ottenendo le sue iconiche spade bianche.

The Acolyte - Stagione 1Purtroppo, anche questo episodio non è esente da alcune delle scelte inspiegabili che hanno costellato la serie. È difficile trovare un motivo plausibile sul perché le due sorelle si separino alla fine e Mae accetti di farsi cancellare la memoria. Da un lato c’è un momento emotivamente abbastanza riuscito con Mae che capisce i suoi errori del passato – il voler bloccare la sorella -, e lascia che Osha si unisca allo Straniero. Dall’altro, però, non è nemmeno chiarissimo se Osha vada con lo straniero solo per salvare la sorella, e quindi non perché voglia davvero allenarsi per sviluppare al meglio il suo potere. La scena risulta un po’ confusa e sembra che sia mossa più per la necessità di separare le due per un’eventuale seconda stagione, che per l’inevitabilità della cosa.

Un’altra parte che è vittima di alcuni dei limiti della serie è sicuramente quella dedicata a Vernestra Rwoh. La Jedi, che i lettori dei titoli di The High Republic conoscono bene, ottiene poco spazio in una linea narrativa interessante e molto legata agli aspetti politici della Repubblica, in cui spicca sicuramente la scena del finale con il senatore Rayencourt, il quale esprime uno dei concetti più accattivanti di The Acolyte, ovvero che i Jedi cercano di controllare l’incontrollabile, cioè i sentimenti, e che questo si ritorcerà contro di loro – cosa che è già accaduta con Sol e che ovviamente ci fa pensare ad Anakin. Anche qui, un maggiore approfondimento avrebbe giovato alla riuscita del tutto, quantomeno per farci capire fino in fondo la scelta di Vernestra di insabbiare gli eventi della prima stagione. La scoperta, invece, che Rwoh fosse la maestra dello Straniero, è uno sviluppo intrigante, e speriamo davvero di poterlo vedere. Star Wars, dopotutto, è sempre stato un racconto di maestri e apprendisti e di come i primi abbiano fallito nel loro ruolo – come si è visto, più recentemente, in Ahsoka.

The Acolyte - Stagione 1C’è ovviamente spazio per alcune apparizioni illustri nel finale di The Acolyte. Se quella di Yoda è chiara a gran parte degli spettatori, quella della figura incappucciata nella grotta potrebbe aver lasciato qualcuno dubbioso. Anche in questo caso si era ipotizzato che dietro allo Straniero ci fosse qualcuno, e il nome più gettonato era Darth Plagueis, menzionato per la prima volta nella splendida scena a teatro tra Palpatine e Anakin ne La Vendetta dei Sith. Benché nei titoli di coda la cosa non sia stata confermata, è chiaro che sia proprio Plagueis ad apparire brevemente. Oltre agli occhi rossi e gialli tipici dei Sith – come quelli che sembra avere Osha quando lo Straniero le toglie il casco a inizio puntata -, vediamo che si tratta di un Muun, una specie a cui appartiene anche il clan bancario conosciuto ne L’Attacco dei Cloni, e di cui fa parte Plagueis nel già citato romanzo di James Luceno Darth Plagueis. Questo apre a una serie di scenari molto interessanti, soprattutto in relazione alla questione che Mae e Osha siano state create artificialmente grazie a una vergenza nella Forza – il motivo per cui i Jedi si trovano su Brandok. Come sappiamo dal racconto di Palpatine, Plagueis riuscì proprio a manipolare i midi-chlorian per creare la vita, un segreto che il suo apprendista Darth Sidious non riuscì però a imparare prima di farlo fuori. È quindi chiaro che questo racconto sia destinato a collegarsi a quell’aspetto emerso per la prima volta ne La Vendetta dei Sith.

Considerando quanto scritto finora, può sembrare che il giudizio su The Acolyte sia molto negativo, ma in verità non è così, e il rammarico arriva dal fatto che la serie abbia tantissime ottime idee che purtroppo non sono state sfruttate al meglio. Forse l’accoglienza sarebbe stata diversa se Disney avesse deciso di rilasciare tutte e otto le puntate insieme, lasciando così meno spazio allo sviluppo di teorie tra una puntata e l’altra, ma è anche vero che proprio questo è stato tra gli elementi più interessanti del percorso intrapreso con The Acolyte. Non è comunque il disastro di cui tanti parlano, anche se è giusto aspettarsi un livello più alto dalle serie di Star Wars. Andor resta, per ora, inarrivabile, ma se ce l’hanno fatta con una serie prequel su un personaggio di Rogue One, non si vede perché progetti con idee più interessanti (sulla carta) non possano/debbano farcela.

The Acolyte - Stagione 1Si parla molto di come Star Wars sia senza idee, di come si stia raschiando il barile, e che il franchise sia ormai morto. Quello che sembra più evidente è che le idee non mancano affatto, e se pensiamo a tutti i progetti apparsi su Disney+ finora, ognuno aveva al centro una premessa accattivante dall’enorme potenziale che alla fine non è stato sfruttato, quindi più che le idee sembra che manchino le persone in grado di trasformarle nell’Andor di turno, o che il processo produttivo impedisca, nella maggior parte dei casi, di realizzarle al meglio, che sia per una pre-produzione troppo affrettata o per cambi in corso d’opera. Creare queste serie è estremamente difficile, e molto di quello che avviene sul set e attorno resta spesso segreto, quindi possiamo solo ipotizzare quali siano i reali problemi; tuttavia, la sola esistenza di un prodotto come Andor ci conferma che farcela non è impossibile. The Acolyte è quindi una buona serie, ricca di spunti interessantissimi, e che offre alcuni dei migliori combattimenti mai visti in Star Wars, frenata però da uno sviluppo narrativo e dei personaggi un po’ frettoloso che le impedisce di raggiungere le vette a cui, con tutto questo potenziale, poteva ambire.

Voto: 7

 

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Un commento su “The Acolyte – Stagione 1

  • Boba+Fett

    Anche per i più appassionati ed eruditi seguaci della saga, intendo chi ha visto e letto tutto, ma proprio tutto fra romanzi, film, fumetti, videogiochi e serie, The Acolyte è risultata divisiva con chi, come te Ivan ne ha apprezzato il potenziale narrativo e chi l’ha bocciata trovandola orribilmente cringe. Invece per chi come me, che sono cresciuto con il primo Star Wars visto almeno una cinquantina di volte nei cinema di mezzo mondo dal 1977 in poi e non riuscendo più a ritrovare quell’emozione primordiale in tutte le opere a seguire, la serie ha l’enorme pregio di raccontarmi una storia davvero originale e interessante, dove se non ci fossero una decina di lightsaber di diverso colore e modello a ricordarci in quale galassia si stanno incrociando, potremmo essere ovunque. Molto interessante e coraggioso il mostrarci il volto tutt’altro che pulito dei Jedi; decisamente insopportabile (sempre per me) per quanto forse necessaria, la questione streghe e non solo qui, ma ovunque siano presenti nelle serie animate e in Ahsoka. Mi auguro che Disney e Lucasfilm vadano avanti con il progetto, magari indossando un bel casco in fibra di Cortosis.