C’è qualcosa di magico in Only Murders in the Building, la serie Hulu che è tornata con una quarta stagione (una ogni anno, ormai una rarità): la serie si conferma sempre sul pezzo grazie alla comicità travolgente dei suoi attori e delle (tante) guest star, anche quando la trama non è necessariamente altrettanto in forma.
È un po’ quello che è successo con la seconda annata, ad esempio, quando le avventure del trio di protagonisti hanno riscontrato qualche difficoltà, riprendendosi invece alla grande con l’ottima terza stagione. Ora la serie è qui per il quarto anno consecutivo e questi due episodi iniziali (che forse sarebbe stato meglio trasmettere insieme) sembrano suggerirci che la serie ha tutte le potenzialità per darci un’altra grande storia di detection.
Contrariamente alle aspettative, la serie non si apre con il delitto che ha concluso il season finale precedente (ovvero l’omicidio di Sazz nell’appartamento di Charles), ma piuttosto con un vorticoso viaggio a Hollywood e con un tono generalmente più surreale. In quasi tutta la prima parte, infatti, la premiere mette in un angolo l’aspetto crime (tranne qualche vago riferimento alla scomparsa della stunt), per tornare sul tema solamente nelle battute finali e in modo più corposo nell’episodio che segue. L’aspetto puramente comedy, quindi, si prende buona parte del primo episodio, permettendo alla narrazione di mostrare un ritmo molto più rilassato e concentrato sulla comicità che contraddistingue Only Murders in the Building. Con un finale un po’ affrettato, la premiere può dirsi solamente completa grazie al secondo episodio, dal carico emotivo molto più potente e complementare al primo.
Sempre più consapevole del proprio successo e dell’iconicità dei protagonisti, Only Murders in the Building comincia questa nuova stagione mostrando sin da subito i suoi punti di forza portando in massa un certo numero di star internazionali, alcuni addirittura nei panni di loro stessi. In un fantastico corto circuito metanarrativo, infatti, la serie si apre con gli alter ego cinematografici dei nostri protagonisti, interpretati da Eugene Levy, Eva Longoria e Zach Galifianakis. Si tratta del tentativo di creare una comicità per imitazione che in effetti funziona non solo al livello comico ma persino su quello introspettivo dei personaggi: da un lato un Levy noiosissimo (come nella serie si è deciso di trattare Steve Martin), dall’altro un Galifianakis egocentrico ed egoriferito (un perfetto Oliver/Martin Short!); ancor più precisa poi Longoria, in cui Mabel si deve rispecchiare e da cui si ritroverà persino ad imparare.
Nonostante, infatti, le molte guest star (altre se ne contano in questi due episodi), la serie non si dimentica dei propri personaggi e in particolare della stessa Mabel, la più giovane del gruppo e necessariamente quella che è meno sicura della propria posizione nel mondo. Il contatto/contrasto con l’attrice che la interpreta nella finta trasposizione cinematografica del podcast non fa altro che metterla di fronte alla sottigliezza della propria vita fino a questo momento, fatta di incertezze e numerose giravolte (anche sentimentali). La scrittura della serie, infatti, usa la propria potente verve comica per mettere in luce alcuni aspetti dei personaggi, rendendo la loro umanità un vero e proprio asset per la narrazione. Questo lo si vede ancor meglio nel secondo episodio della stagione, quello in cui il racconto drammatico e quello comico trovano un equilibrio ben più felice.
È proprio “Gates of Heaven” a mostrare Only Murders in the Building nel suo stato di grazia, quello in cui riesce a bilanciare con certosina precisione le due anime della serie, ovvero quella comica con quella più emotiva (crime o meno che sia). Nel secondo episodio della stagione, infatti, la scoperta della morte di Sazz occupa gran parte delle preoccupazioni di Charles, con un Steve Martin in grandissima forma, capace di trasmettere la profondità del legame tra i due personaggi senza perdere di vista la goffaggine del proprio. Aiutato da un’ottima Jane Lynch, i passaggi onirici (o deliranti, dir si voglia) tra Sazz e Charles sono tra i momenti più riusciti di un ottimo episodio, e rendono il caso investigativo al centro della stagione immediatamente di maggiore impatto rispetto alle stagioni precedenti.
Contraltare a questo c’è poi l’investigazione introduttiva di Mabel e Oliver, impegnati a conoscere l’altro lato dell’Arconia, quell’ala occidentale che viene subito descritta come la sagra dell’assurdo. In un gioco di straniamento non certo originale (ma non per questo meno sagace), “Gates of Heaven” ci porta a guardare all’Arconia ancora una volta come centro intorno alla quale si sviluppano personaggi e storie della serie, rimanendo così fedele alla struttura tradizionale ma allo stesso tempo inserendo novità e personaggi. È insomma un po’ insolito mettere insieme questi due episodi iniziali della stagione, quasi come se la premiere fosse un qualcosa di alieno rispetto al ritmo e al tono dell’episodio che segue. In altre parole, non è chiaro in che modo (e se) la parte del racconto legata a Hollywood abbia effettivamente qualcosa a che vedere con la trama principale del tentativo di assassinio di Charles (e sembrerebbe di no, soprattutto se si vanno a vedere i già sporadici indizi nelle stagioni precedenti).
Only Murders in the Building inizia quindi con due episodi molto diversi tra loro: l’uno è la dimostrazione della cresciuta fama della serie, in cui i protagonisti si divertono ad accogliere guest star nella serie anche se (ad ora) hanno tutto sommato poco da dire; l’altro è invece ancorato all’anima dello show, con la giusta dose di comicità efficace ed emozione profonda, ed è possibile annoverarlo tra i migliori di sempre. Quel che è certo è che, incassato anche il rinnovo per una quinta stagione, la serie di Hulu è partita con il piede giusto ed ha tutte le carte in regola per una stagione memorabile, soprattutto se sarà capace tenere un po’ più a distanza la voglia di mettere in mostra i propri gioielli (i cameo gratuiti per esempio) per concentrarsi su quello che sa far meglio: farci ridere ed emozionare, a volte allo stesso tempo.
Voto 4×01: 6½
Voto 4×02: 9