Portare sugli schermi il capitolo finale di una lunga e intensa storia non è mai facile. È una sfida ancor maggiore se si tratta di una trasposizione televisiva che ha il compito di concludere degnamente la messa in scena del libro conclusivo della splendida tetralogia di Elena Ferrante, Storia della bambina perduta. Come se il tutto non bastasse, questa nuova e ultima annata presenta un cast completamente nuovo, con tutte le sfide e i rischi del caso. I primi due episodi di quest’ultima stagione hanno però dimostrato che L’Amica Geniale continua ad avere basi solide e a mantenersi all’altezza delle aspettative.
L’unico punto di squilibrio si è incontrato, forse, nell’eccessiva concentrazione sulle vicende di Elena. Questa – anche se frutto di una precisa scelta narrativa – ha sbilanciato leggermente la messa in scena degli episodi che, uniti anche alla difficoltà del cambio cast, hanno forse mostrato un po’ di lentezza ad ingranare. Alla luce di queste nuove puntate, però, è chiaro che si è trattato di un intoppo a dir poco perdonabile, perché quell’atmosfera sospesa attorno alla vita di Elena che ha padroneggiato nei primi episodi, rallentandone il ritmo, ha permesso in realtà a queste nuove puntate di irrompere con grande intensità, lasciando il segno.
Fare irruzione – irrompere, appunto – è probabilmente lo spirito che rappresenta e accomuna queste due puntate, che ci accompagnano nell’inesorabile sgretolamento del mondo di Lenù, e non solo. La realtà, in tutta la sua crudele lucidità, invade le labili difese di Elena e si insinua fra le crepe dei suoi dubbi fino ad ora messi a tacere. Irrompe con la stessa intensità e imprevedibilità con cui Lila riappare nella sua vita, in “Compromessi”, davanti alla porta della sua vecchia casa nel rione. Riappare attraverso il rione stesso, microcosmo che riesce a mostrarsi, chissà come, sempre uguale, eppure così diverso da un tempo. È Elena in realtà a sentirsi diversa, a sentirsi sempre perennemente fuori posto: non è più la Lenù che era quando ha lasciato il rione, ma non è neanche quella donna radicata nella vita come vorrebbe essere. Divisa intimamente nelle sue contraddittorietà e in ruoli che sembrano spezzarla in più pezzi invece che renderla integra, Elena non riesce a fare a meno di mettere ancora a confronto la sua esistenza con quella di Lila: lei sì che appare, agli occhi di Elena, centrata. Determinata e agguerrita come al solito, Lila sembra divorare l’esistenza e le circostanze, mostrando ad Elena l’intraprendenza di chi – a differenza sua – domina la vita invece di esserne dominata.
Riprendendo la frequentazione con Lila e con il rione, Elena riesce a fuggire con sempre meno capacità dalla disillusione riguardo la sua vita con Nino e, soprattutto, riguardo la serietà di quest’ultimo nei suoi riguardi. Questo confronto – che Elena fa con se stessa più che con Nino – diventa più urgente con la scoperta della gravidanza: si tratta di un momento che non solo spinge Elena a “rientrare in se stessa” con ancora più intimità, ma che offre un punto di svolta narrativo notevole quando veniamo a scoprire che anche Lila è incinta. Quest’intima condivisione non fa che riunire le due amiche (splendida la scena in cui le due confidano di essere entrambe in attesa) che, da adesso, ritornano inseparabili.
Anche a livello narrativo le cose cambiano: Lila rientra definitivamente in scena, riequilibrando la narrazione, che fino a quel momento era più incentrata su Elena. Il sincero e emozionato affetto dimostrato da Lila alla notizia della gravidanza di Elena si scontra bruscamente con la reazione di Nino. L’interpretazione di Fabrizio Gifuni è davvero perfetta nel mostrare quelle piccole e significative pause che Nino fa ogni volta che deve rispondere a Elena. Pausa che non è mancata neanche alla notizia di questa gravidanza e che – nonostante l’entusiasmo dimostrato un attimo dopo – tradisce le macchinazioni mentali di Sarratore, che pensa sempre a come reagire prima di farlo. Nino riesce a insinuarsi nei dubbi e nelle paure di Elena con maestria, dosando bene toni, parole, espressioni. Non c’è traccia dell’autenticità mostrata da Lila: tutto con lui porta il segno della manipolazione.
Elena, questo, in realtà lo sa. Sapere di questa consapevolezza è ciò che, forse, rende così insopportabile osservare le dinamiche della loro frequentazione, ma è un elemento importante per mettere a fuoco la dipendenza emotiva di Elena nei confronti di Nino. Nella scena – inquietante, scomoda e per questo riuscitissima – in casa Sarratore il quadro diventa più chiaro e più complesso a un tempo. Il ritorno in scena dell’odiato Donato (Emanuele Valenti) riallaccia i fili di un trauma che ha messo radici in Elena fin dalla più giovane età. Vedere padre e figlio seduti insieme non è soltanto l’istante in cui Elena realizza definitivamente che fra loro non c’è differenza, ma è anche il momento in cui capisce di essere manipolata non tanto da Nino, ma da quel trauma provocatole da Donato in passato.
La dipendenza di Elena allora è più profonda: è una dipendenza verso quel dolore primigenio, mai davvero processato. È questa relazione con il dolore che, paradossalmente, ha riavvicinato Elena alla madre Immacolata, ammalata in modo grave. La scena amara che chiude il terzo episodio ha proprio il dolore come protagonista, e la sopportazione di quest’ultimo come elemento che definisce e riallaccia la relazione fra madre e figlia. La presa di coscienza della malattia della madre e di questo dolore condiviso è un altro elemento che fa tremare le finzioni di Elena, ormai messa di fronte alla cruda realtà dei fatti.
Ma a tremare non è soltanto la coscienza di Elena, è la terra stessa: in “Il Terremoto” Ferrante e lo show uniscono in maniera magistrale la storia degli anni Ottanta allo stravolgimento emotivo delle protagoniste, unendo indissolubilmente l’ambiente esterno a quello interno e rendendo ogni singolo elemento della narrazione una creatura narrante e simbolica. Attraverso la messa in scena del terribile terremoto avvenuto il 23 novembre 1980, la narrazione porta al massimo quel tema di “irruzione” di cui si è parlato poco sopra. Ciò che irrompe distrugge ciò che c’era, formando crepe – interne ed esterne – da cui fuoriescono, che lo si voglia o no, il nuovo e il vero.
È attraverso questa situazione di terrore che abbiamo occasione, per la prima volta, di osservare Lila senza il filtro della visione di Elena, attraverso le sue stesse parole. Lo splendido monologo di Lila (bellissima l’interpretazione di Irene Maiorino) apre uno scorcio sulla sua visione delle cose e di sé, e stupisce per quanto questa sia lontana non solo da come Lila si mostra al di fuori, ma soprattutto da come Elena la percepisce, perché la sua idea è sempre stata falsata dallo spettro del confronto. L’interiorità di Lila fuoriesce dalla terra tremante, da quella stessa dissoluzione che lei teme di vedere in ogni cosa perché, prima di tutto, è presente in se stessa. La sua intensità, elemento che è sempre sembrato un irremovibile punto di forza, appare ai suoi occhi invece come un elemento di terrore, perché ciò che è troppo intenso distrugge. Da qui, il bisogno di aggrapparsi alla vita e alle sue cose: una dominazione che non scaturisce dalla sicurezza ma, al contrario, dalla paura della dissoluzione, dello sgretolamento di tutti i contorni.
“Il Terremoto”, dunque, ci offre uno sguardo senza filtri sulla natura caotica di Lila, indissolubilmente legata a ciò che la circonda e, di conseguenza, a Elena, che in questo scenario rappresenta il suo unico punto fermo, l’unico centro, l’unico posto senza paura. Si tratta senza dubbio di un momento di importanza capitale nella relazione fra le due: quando le fondamenta del mondo esterno in cui hanno costruito le proprie maschere iniziano a crollare, entrambe trovano rifugio l’una nell’altra, trovando qui uno spazio autentico e libero, che non ha bisogno di sovrastrutture né di macchinazioni.
Per concludere, attraverso questi due splendidi episodi L’Amica Geniale si muove con maestria nella rappresentazione dei delicati punti di snodo fondamentali della sua narrazione, giunta ormai al suo ultimo capitolo. La sceneggiatura e la regia sono state capaci di rendere ogni singolo elemento dello show parte di un insieme armonico che concorre al racconto non solo delle interiorità dei protagonisti, ma anche delle vicissitudini del tempo. Nulla è lasciato al caso e tutto sembra mescolarsi: elementi psicologici, fisici e storici si fanno simbolo gli uni degli altri per portare sullo schermo l’intensità di questo ultimo capitolo. Con questa coppia di episodi, possiamo dire che lo show non solo ha riequilibrato al meglio i suoi elementi, ma ha anche riconquistato parte della sua carica emotiva e poetica.
Voto 4×03: 8
Voto 4×04: 8