
Haunted Hotel, dalla mente di Matt Roller (scrittore della celebre Rick and Morty) e fruibile su Netflix dal 19 settembre, segue la classica struttura di una sitcom: all’interno del contesto familiare dell’hotel, si assiste all’avvicendarsi di situazioni al limite, dall’assenza improvvisa di elettricità ad infestazioni di demoni; il tutto accompagnato da svariate gag dei protagonisti.
Oltre alla presenza di numerosi fantasmi, solo alcuni dei quali compariranno con maggior frequenza negli episodi e ancora un numero inferiore avrà un approfondimento della sua storia – vedi ad esempio Annabelle la fidanzata di Ben, figlio della protagonista – fondamentalmente, si tratta di una serie con cast corale, la cui storia ruota intorno a Katherine, i suoi figli – Ben e Esther -, il fratello fantasma Nathan e Abaddon, un demone intrappolato nel corpo di un bambino del XVIII secolo.
Seguendo un po’ i canonici ruoli da sitcom Katherine incarna la madre single che con fatica tenta di gestire un hotel a dir poco ingestibile e allo stesso tempo deve evitare che il resto della famiglia crei guai. Il fratello Nathan racchiude in sé il ruolo del tipico padre, poco utile nella gestione pratica – e questo non solo perché da buon fantasma non può toccare nulla – ma sempre pronto alla prossima avventura strampalata con i nipoti, principalmente Esther.

In termini di comicità Haunted Hotel non risulta estremamente innovativo, come non lo è stato Rick and Morty tra l’altro, mantenendosi su una tipologia di umorismo sì surreale, ma non arguta, che segue quasi in toto lo stile della maggior parte delle sitcom, animate e non, dell’attuale panorama seriale. Nonostante i momenti comici si susseguano molto rapidamente, infatti, non sempre le battute riescono a sortire l’effetto desiderato, lasciando in alcuni casi gli spettatori interdetti. Gli sketch più interessanti derivano proprio dai personaggi di Esther e Abaddon che attraverso il contrasto netto fra la loro figura, piccola e minuta, e la loro personalità, esplosiva e in molti frangenti oscura, riescono a far scappare facilmente le risate, in contrasto invece con i personaggi dello zio e di Ben il cui humour tende ad essere in alcune istanze più forzato.
La centralità dei due membri più giovani della famiglia (o apparentemente tali nel caso di Abaddon) è evidente anche nella struttura degli episodi: sono, infatti, loro a fornire per la maggior parte dei casi il motore delle avventure degli vari episodi, dagli adepti del culto di Abaddon che minacciano di causare un’apocalisse al desiderio di Esther di diventare popolare a scuola, che la porterà a regalare degli adorabili – ma desiderosi di conquistare il mondo – mostriciattoli.

Nonostante la morale degli episodi sia facilmente derivabile, la maggior parte del tempo essi si focalizzando sull’aspetto avventuroso e comico, faticando a far davvero sentire il messaggio che si vuole passare, complice anche la scarsa caratterizzazione dei personaggi. Al di fuori dei tropi da sitcom, il background dei protagonisti, come anche ciò che li motiva e li spinge ad agire, non viene approfondito, se non nelle ultime puntate dove si inizia a notare una spinta da parte della serie ad analizzare il rapporto fra Katherine e il fratello, raccontando delle difficoltà che lei ha attraversato a seguito della sua morte, e si intravede l’impatto che il trasferimento e l’assenza di un padre hanno su Esther. Si tratta, ovviamente, di piccoli sprazzi di caratterizzazione che non bastano a fornire un quadro reale dei personaggi, non permettendo quindi allo spettatore di creare un legame e di empatizzare con la storia che viene proposta, limitandosi ad un coinvolgimento superficiale.
É palpabile, invece, il desiderio di Matt Roller di sfruttare questa sua nuova creazione come una lettera d’amore al genere horror. Come già visto egregiamente in Rick and Morty, Haunted Hotel è costellata di citazioni al cinema dell’orrore: dal terzo episodio con il serial killer che ricorda Halloween e molti altri film slasher ad uno dei cloni di Ben che replica la celebre battuta di Jack Torrance in The Shining (“Here’s Johnny!”).
Si nota la cura con cui sono stati gestiti alcuni aspetti della serie, dall’animazione fluida al sopracitato desiderio di omaggiare – con uno stile ormai ben affermato e apprezzato dal pubblico – uno dei generi che più ha segnato il cinema mondiale, continuando ad essere ancor oggi veicolo di innovazione e progresso nel panorama cinematografico. É un peccato che, quindi, vi siano stati alcuni aspetti non completamente sviluppati che non hanno permesso ad Haunted Hotel di spiccare fra le ultime produzioni animate Netflix e soprattutto di non riuscire a rispettare le aspettative derivanti dall’avere come creatore lo scrittore di una delle serie animate più di successo degli ultimi tempi. Nel complesso, la serie è godibile e fornisce venti buoni minuti di intrattenimento ad episodio all’insegna del sovrannaturale, manca però la sagacia che aveva caratterizzato gli altri lavori di Roller.
Voto: 6 ½
