Su Better Call Saul e il rapporto che la serie ha con Breaking Bad si è scritto tanto, ovviamente anche qui su Seriangolo. Ogni riflessione non può esimersi dal prendere in considerazione questo aspetto fondamentale del progetto BCS perché più lo show va avanti e più il suo profondo legame con la serie madre appare evidente.
Da “Five-O” in poi non ci sono stati più dubbi: non solo non è una realtà indipendente da Breaking Bad (né mai lo sarà), ma non vuole nemmeno esserlo. Appurato, dunque, che la nuova creatura di Vince Gilligan è, in tutto e per tutto, emanazione dell’universo di quella precedente (e suo ulteriore ampliamento), la critica si è posta un altro problema sempre legato alla natura di spin-off di Better Call Saul: conoscere in partenza il destino di James McGill rappresenta un impedimento alla serena fruizione del prodotto? La questione si fa particolarmente rilevante con “Rico”, in cui viene introdotto quello che potrebbe essere ‒ ma sappiamo già non sarà (se non in senso negativo) ‒ il caso della vita per Jimmy e suo fratello. Ci penserà Chuck a rovinare tutto ‒ si chiede immediatamente lo spettatore ‒ o magari sarà quel codice per la stampa che, prima o poi, metterà in allarme Hamlin? Di certo sappiamo già che qualcosa andrà storto, altrimenti il futuro non ci riserverebbe Saul Goodman.
In realtà conoscere (solo in parte ‒ è bene ricordarlo) il destino di Jimmy è tutto sommato un falso problema perché, a ben vedere, non è necessario chiamare in causa Breaking Bad per farsene un’idea più o meno definita. Better Call Saul, anche attraverso un uso molto intelligente dei flashback, ci ha già presentato in maniera a dir poco esaustiva il personaggio di Jimmy, tanto che il suo futuro ci appare quasi inevitabile a prescindere dalle informazioni in nostro possesso. Ogni volta che il successo si avvicina, ecco che qualcosa o qualcuno (anche soltanto la propria coscienza) impedisce al protagonista di fare il suo ingresso trionfale nel club dei vincenti. Il ritrovamento dei Kettleman, la popolarità guadagnata dopo “Hero“, perfino la sudata abilitazione sono soltanto in apparenza delle conquiste, perché un istante dopo si saranno già trasformate in fallimenti. Nessun epocale balzo in avanti né cadute particolarmente rovinose verso il basso sembrano costituire fin qui il percorso di crescita umana e professionale del futuro Saul Goodman, il cui posto nella società andrà infatti ricercato esclusivamente ai suoi margini.
Conoscere il finale di una storia (che tra l’altro è quella di Walter White, non di Jimmy McGill) non è sempre un limite, anzi, in questo caso ci permette di apprezzare al meglio il lavoro svolto da Gilligan e Gould. In una serie fortemente character driven come questa, il piacere della visione è spesso legato alla “scoperta” dei personaggi o, meglio, al constatare come ogni piccolo elemento, ogni dettaglio all’apparenza insignificante, rappresenti un tassello nel processo di caratterizzazione degli stessi. In questo senso Better Call Saul è sicuramente una gioia per chi la segue: “Rico”, ad esempio, ci mostra la grande dedizione con cui Jimmy si dedica al proprio lavoro (come Saul) e allo stesso tempo ne mette in mostra i limiti, presentandolo come un professionista volenteroso ma comunque mediocre (come, appunto, Saul).
Tutto torna, insomma: da questo punto di vista lo show è inattaccabile e, se visto nella stessa ottica, anche molto godibile.
Perfino i personaggi introdotti con lo spin-off aiutano a completare questo quadro di approfondimento e ulteriore sviluppo dell’universo narrativo breakingbadiano. Dopo il confronto con Mike dello scorso episodio, in “Rico” gli autori si servono della contrapposizione tra Jimmy e Chuck per fare luce sulle personalità di entrambi, presentando i due McGill come l’uno l’opposto dell’altro: Chuck è un avvocato brillante ma allo stesso tempo una persona fortemente instabile; Jimmy al contrario è un uomo equilibrato ma, forse proprio per questo, non altrettanto geniale. Nonostante la propria condizione, nella cerchia elitaria degli avvocati è comunque Chuck il vincente tra i due, e a provarlo c’è la telefonata tra Jimmy e il legale della Sandpiper, il quale non perde tempo a ricordargli (come sottolinea il setting particolarmente disgustoso) che per certa gente lui rimarrà sempre “spazzatura”.
Per concludere, Better Call Saul ci consegna un altro episodio di ottima fattura che conferma il trend individuato nelle scorse puntate. La nuova serie di Vince Gilligan non è poi così “nuova”, né dal punto di vista delle tematiche sviluppate (pur essendo due personaggi molto diversi, Jimmy e Walt condividono lo stesso status di “emarginati”, ed è evidente come entrambi gli show portino avanti una critica della società americana) né sotto il profilo tecnico, ma con il tempo questa caratteristica si è dimostrata il suo vero punto di forza.
Voto: 8
‒ Uno degli aspetti più interessanti di Better Call Saul è il dosaggio ragionato dei flashback e delle informazioni in essi contenute, che sembrano fluire spontaneamente dalla narrazione. In questo episodio scopriamo le origini del rapporto tra Jimmy e Kim in maniera del tutto naturale, ovvero inferendole dalla conversazione con Chuck senza alcun bisogno di “spiegoni”.
‒ Dedicare un’intera puntata alla storia di Mike ha suscitato delle critiche, ma non si può negare che abbia avuto un senso nell’economia della serie. La scelta di ricontattare il veterinario acquista infatti tutto un altro spessore adesso che conosciamo i retroscena del rapporto con la nipote.
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Posso dirlo? Tutte le volte mi addormento! Si niente da dire è quasi perfetta sotto ogni punto ma quando arriveremo alla decima e ultima puntata della prima serie, spero che ci sarà qualcosa che mi porterà a vedere anche la seconda perché adesso come adesso vedo solo calma piatta!!