Con la visione degli episodi, alla nostra conoscenza di dettagli maggiori sulla trama principale di Sense8 si affianca la sempre più approfondita consapevolezza che i nostri protagonisti hanno della loro connessione e delle loro capacità. Il nostro, come il loro, è un percorso in fieri che non smette mai di presentare nuovi tasselli e anche nuovi punti di vista.
Ad ogni episodio sembra che la maturità del progetto continui ad aumentare e appare ormai chiaro come l’iniziale lentezza e persino una certa confusione nell’esposizione siano stati più errori calcolati che non effettivi passi falsi. Come ampiamente spiegato nella recensione dei due episodi precedenti, la possibilità di fruire di questo prodotto con tempistiche di gran lunga inferiori rispetto alla programmazione classica ha fatto sì che Sense8 potesse permettersi persino di compiere un percorso diverso e potenzialmente dannoso: la confusione generata all’inizio, così come l’iperframmentazione della narrazione, sono risultati invece strumenti fondamentali per entrare davvero in contatto con i sensate, per permetterci di percepire esattamente come loro un fenomeno inspiegabile come quello raccontato.
I was just… thinking about you.
Più si va avanti e più il racconto si costruisce, puntando di volta in volta su elementi differenti (o diverse sfumature della stessa tematica) che ci consentono di capire non solo ciò che accomuna gli otto protagonisti, ma anche come ciascuno di loro si relazioni con l’argomento in base alle sue conoscenze, credenze o caratteristiche peculiari. Nel corso del sesto e settimo episodio i Wachowski decidono di concentrarsi sulle percezioni sensoriali, sulle reazioni alle nuove informazioni possedute e sulle forme di comunicazione che si perfezionano sempre di più, e che permettono agli otto sensate di passare ad una sorta di livello successivo, in cui ogni sensazione risulta amplificata e paradossalmente proprio per questo accettata (magari non senza riserve, ma di certo senza tentativi di fuga o di diniego).
Un esempio lampante di questo discorso è il dialogo tra Riley e Will che apre la puntata “Demons”: la necessità di dimostrare a se stessi che quanto stanno vivendo non è frutto di un’allucinazione, e dunque la ricerca di un’ancora razionale come quella del cellulare, passa subito in secondo piano perché sovrastata da una fiducia, quasi estrema, l’uno nell’altro. Questa forma di accettazione quasi scontata, che fa dei dubbi una semplice parentesi di incertezza spazzata rapidamente via, potrebbe apparire come un’esagerazione, un escamotage narrativo utile a velocizzare i tempi; eppure sembra configurarsi sempre di più come una “consapevolezza interiore”, come se i personaggi intimamente accettassero ciò che sentono ancor prima di averlo davvero compreso. Sembra trattarsi di quello che la madre di Neets, nella puntata “WWN Double D?”, definisce come “a feeling” o “a vibration”; un sesto senso, diremmo noi, che vive di vita propria e che non ha bisogno degli altri cinque per autoconfermarsi.
What am I?
Una diversa percezione del fenomeno – benché accettata quasi allo stesso modo – è quella di Kala, che, forte della sua fede in Ganesha, cerca un modo più spirituale per spiegare la sua esperienza; è interessante notare come la sua devozione, che potrebbe essere in un primo momento vista come un limite, possa in realtà aprire la sua percezione molto di più rispetto a chi cerca a tutti i costi delle prove razionali. A supportare questa idea interviene il flashback del festival, in cui simbolicamente la visione attraverso gli occhi di Ganesha consente alla piccola Kala di osservare l’intera umanità, rappresentata con immagini che, non a caso, richiamano esattamente quelle della sigla.
Un approccio differente, eppure per certi versi simile, è la terza via rappresentata da Nomi e soprattutto dalla madre di Neets, che introduce il tema importantissimo della variazione come discriminante dell’evoluzione; e del resto, non è solo il cervello di Nomi a presentare delle modifiche (come abbiamo già visto, gli esami su Will a seguito dello scontro con Jonas avevano mostrato delle alterazioni non meglio specificate). Ecco che quindi abbiamo una conferma di come il loro essere in comunicazione, il loro avere un legame e al contempo essere profondamente diversi, li stia modificando nello spirito e nel corpo, trasformandoli in esseri diversi da tutti gli altri. Ne abbiamo una riprova, inoltre, grazie al sogno di Sun, in cui Angelica le suggerisce quale sia la sua vera identità: il futuro, quindi un passo ulteriore nell’evoluzione dell’umanità.
La reazione ad un fenomeno come questo, oltre ad essere chiaramente soggetta alla quantità e qualità di informazioni possedute, dipende strettamente dal tipo di approccio personale; ecco che quindi una hacker come Nomi può essere influenzata dalle sue sensazioni al punto di parlarne liberamente, ma non può non porsi domande più razionali, chiedendosi fino a dove possa spingersi il suo controllo (“Is there a way that I can stop it from happening, or at least control it?”) o se questo fenomeno possa peggiorare come una malattia degenerativa (“Or is it like Alzheimer’s, and that sense of me-ness will slowly, inevitably disintegrate?”).
I have conversed with the spiritual sun.
A fronte di una certa banalità che a volte compare ancora nei dialoghi (in “Demons” l’incontro tra Riley e Sun si chiude con la ripetizione del concetto “you’re safer there” che in realtà risulta posticcia e ridondante), quello che continua invece a funzionare è strettamente legato agli incontri che gli otto portano avanti tra di loro, e alle sensazioni sempre più amplificate che ne derivano. La scelta dei Wachowski di puntare, ogni volta che avviene un collegamento tra due sensate, su una compresenza di entrambi sia nel loro luogo che in quello dell’altro, oltre ad essere visivamente vincente, contribuisce ad aumentare il senso di spaesamento dello spettatore, che in questo modo è costretto a mantenere alta la concentrazione e a cercare di cogliere più dettagli possibili dalle reazioni dei personaggi e dall’ambiente che li circonda.
È così che una frase come quella di Sun “I can taste it… but it’s more like a… memory” non può passare inosservata, portandoci a domandarci come avvengano davvero questi scambi, e in quale modo sia possibile per loro mettersi in contatto (la questione del “ricordo” farebbe pensare ad una alterazione non solo del concetto di spazio ma anche di quello di tempo).
Del resto, non è l’unica cosa ad essere poco chiara: gli unici degli otto che stanno effettivamente portando avanti l’aspetto investigativo della trama sono Nomi e Will, ma in entrambi i casi i dubbi sono maggiori delle certezze. Il coinvolgimento del dottor Metzger in un progetto più ampio è ormai evidente, e la sua morte non fa che accentuare il livello di segretezza attorno alla questione; è inoltre importante come nella settima puntata appaia ben due volte il personaggio di Whispers – come viene chiamato dal dottore –, che compare sia nel riflesso allo specchio, poco prima che Niles Bolger si suicidi, sia tra le foto che il ragazzino mostra a Will. Si tratta di un personaggio di cui sappiamo ancora troppo poco – e del resto si è visto solo nel pilot, nelle prime scene con Angelica; ma basta questo per individuare il suo ruolo come uno dei più importanti per capire la trama.
And I wish to see. I wish to understand.
Gli otto sensate sono persone spesso sole, con un passato non facile da affrontare – se si eccettua la situazione familiare di Kala e quella non meglio precisata di Lito, tutti gli altri sono alle prese con un genitore o morto o con cui non hanno un buon rapporto – e che sembrano sempre di più trarre forza per andare avanti solo da questi legami, che si fanno più potenti in ogni ambito della loro vita. La condivisione delle loro emozioni non può quindi non considerare l’aspetto sessuale, che nella puntata “Demons” viene indagato alla pari di qualunque altra sensazione sia stata raccontata.
Nel corso degli episodi la necessità di mostrare ciascuna delle loro storie segue quindi una logica di sovrapposizione, in cui ogni vicenda viene dipinta strato su strato. Capita che qualche volta qualcuna di queste non sia approfondita come ci aspetteremmo (la vicenda di Lito, Hernando e Daniela arriva solo in conclusione della settima puntata a mostrare effettivamente un punto interessante di rottura, con il ricatto delle foto da parte di Joaquin), ma anche questo fa parte del gioco: mentre alcune storyline stanno chiaramente facendo un lavoro più concentrato sull’avanzamento della trama, ed altre sono più incentrate su un tentativo di spiegazione di quanto accade, ne rimangono delle altre che funzionano quasi da contorno, e che si stanno probabilmente preoccupando di costruire un substrato più sostanzioso per quanto deve ancora accadere nel resto della stagione. Di sicuro non a tutti piacerà questo tipo di approccio, che a volte pecca davvero di alcune ingenuità; ciononostante, con il passare degli episodi questo metodo sta lentamente creando un universo narrativo che sta cominciando a funzionare proprio grazie alle sue differenze e variazioni interne. E se è vero che la diversità è un elemento fondamentale nell’evoluzione, allora possiamo continuare a sperare in un costante miglioramento dell’intera serie.
Voto 1×06: 7+
Voto 1×07: 7 ½