Harlots rappresenta la nuova scommessa di Hulu, canale che ha fatto la sua fortuna con la distribuzione di show di altri network e che ormai da qualche anno sta provando ad imporsi anche come produttore. Se i tentativi precedenti hanno convinto a metà, neanche questa serie riuscirà ad imporsi al pubblico – perlomeno a giudicare da questo pilot.
I due show che hanno avuto maggiore risonanza finora sono stati certamente 11.22.63 e The Path, dove i nomi dei protagonisti hanno aiutato a far conoscere le due serie; eppure nessuno dei due può considerarsi un successo unanime. In questo caso, pubblicità e trailer lasciavano intravedere una versione televisiva del glamour alla Marie Antoinette di Sofia Coppola, ma è bastata questa prima puntata per capire quale potrebbe essere il modello di Harlots: una sorta di Gossip Girl in costume ma spogliata del divertimento che la serie di The CW ha assicurato per diverse stagioni.
La storia è ambientata a Londra nella seconda metà del ‘700 ed è incentrata sullo scontro tra due bordelli, rispettivamente governati da due mistress molto diverse tra loro e che di conseguenza hanno imposto delle “politiche” di lavoro praticamente opposte alle loro ragazze. Da un lato c’è Margaret Wells, interpretata da Samantha Morton, una donna forte e solida, una vera e propria matrona che, come tale, protegge e non sfrutta le giovani donne che abitano la sua casa; dall’altro, invece, Lydia Quigley, che ha le sembianze di Lesley Manville, un’algida e altezzosa signora, dedita al mantenimento della sua decadente bellezza e all’apparenza da vere lady che devono sempre avere le sue ragazze. Già da questa prima, veloce panoramica, non si può certo affermare che ci sia qualcosa di originale nella gestione delle fazioni contrapposte, del bene e del male, dove però tutto si confonde con la promiscuità e la sottile linea della legalità del “lavoro più vecchio del mondo”.
L’assunto da cui parte Harlots sin dai primi minuti è che nella capitale inglese del 1757 una donna ogni cinque è dedita all’arte della vendita del sesso, tanto che in questi anni e per i successivi quaranta viene annualmente pubblicata la Harri’s List of Covent Garden Ladies, con l’elenco puntuale di pregi e difetti, fisici e non, di tutte le prostitute della città. Un evento che tutte loro aspettano con trepidazione, tanto che c’è ancora chi sogna di farne parte. Ovviamente, in questo quadretto non possono mancare le giovani eroine, ovvero le figlie di Margaret, tenute dalla madre come due gioiellini e non lasciate andare in strada con i primi sprovveduti, ma conservate per il miglior offerente, ricchi ed abbienti signori disposte a mantenerle per tutta la vita. La maggiore delle due è Charlotte, interpretata da Jessica Brown Findlay che, dopo una carriera da ribelle nobildonna della campagna inglese in Downton Abbey, approda ora su lidi più torbidi mentre fa la mantenuta di un capriccioso baronetto dall’ambigua sessualità. La più piccola invece, Lucy, che ha il volto angelico ed insipido di Eloise Smythe (la Yeva Podnikov di Fortitude), non ha ancora avuto il privilegio di entrare nella Harri’s List perché non si è ancora compiuto il disegno della madre di trovarle non un marito, ma il benestante proprietario che le paghi i debiti per sempre.
La cosa più triste e che inficia fortemente la visione della puntata, è esattamente la venatura pacchiana e senza sostanza del finto femminismo che dovrebbe trasmettere almeno il lato Wells della prostituzione londinese. Tutte le donne che si trovano in questo bordello hanno scelto per vocazione di prostituirsi e senza nessuna costrizione sono ben contente di continuare a farlo, innescando anche una sorta di competizione interna per chi tra loro è la più desiderabile. Peccato però che poi irrompano discorsi su sentimenti che non esistono, che solo i soldi – però sul lungo termine, bisogna badare bene – donano la libertà e che per mettersi al sicuro c’è sempre la necessità di sottoscrivere (paradossalmente) un contratto. Ed è qui che la scrittura di Moira Buffini ed Alison Newman mostra la sua più grande debolezza: se ancora si sente la necessità di passare per terre così battute e retrograde per descrivere l’aspirazione all’indipendenza femminile, allora sono dei grandi passi indietro quelli che si stanno facendo sull’argomento. Ovviamente, non si può tralasciare la parte puritana e cattolica del paese che, ad un certo punto, sembra avere qualcosa da dire per poi sfociare nell’ennesimo cliché del caso.
Non c’è purtroppo molto altro da dire riguardo ad Harlots, se non magari una menzione veloce ai costumi e alle generose scollature che invadono costantemente lo schermo. Peccato però che le scene di sesso siano tra le meno riuscite di sempre, senza alcunché di torbido, di seducente, ma anzi persino con il potere di annoiare più del solito. Insomma, impossibile salvare qualcosa in questo pilot, ed è per questo che l’unico consiglio da dare alla luce di tale disastro è di non continuarne la visione.
Salve, con tutto il rispetto non sono d’accordo con questo comento, questa serie è un canto al feminismo, una serie che fa riflettere sulla condizione della donna ieri, oggi e sempre. I personaggi sono fantastici ognuno dalla sua ottica, quelli maschili arricchiti dal suo orgoglio solo per il fato di essere uomini e avere potere.
I costumi, la luce, sono fantastici, pieni di chiaroscuri dove risorgono i colori forti dei costumi, dei gioielli, cristalli, tessuti.
Ci sono le frase da riflettere dopo ogni puntata. Io sinceramente la consiglio a tutti, tanto per quelli che vogliono dare uno sguardo più profondo come a tutti quelli che vogliono solo passare un buon momento.
tanti saluti!
Luis (mi dispiace che il mio italiano non è il migliore perché sono straniero)
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I costumi, la luce, sono fantastici, pieni di chiaroscuri dove risorgono i colori forti dei costumi, dei gioielli, cristalli, tessuti.
Ci sono le frase da riflettere dopo ogni puntata. Io sinceramente la consiglio a tutti, tanto per quelli che vogliono dare uno sguardo più profondo come a tutti quelli che vogliono solo passare un buon momento.
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Luis (mi dispiace che il mio italiano non è il migliore perché sono straniero)