Come in ogni stagione di Fargo, è arrivato il momento in cui lo show comincia a fare sul serio, quando il puro divertimento dell’assurdo inizia a lasciare spazio alla violenza e all’angoscia, mentre ci viene reso noto in modo piuttosto brutale che ognuno dei personaggi potrebbe essere la prossima vittima.
This is how it feels to be alone at the top of the hill, tryin’ to figure out why.
In questo caso, Fargo piazza proprio a metà stagione un episodio che dal titolo (che richiama la casa Ipatiev, in cui i Romanov vennero massacrati in seguito alla rivoluzione socialista in Russia, dopo averci vissuto per soli 78 giorni) fino ai credits finali (una figura di lupo che si sovrappone alla cover di “Ship of Fools” cantata dallo stesso Noah Hawley) si lega strettamente al precedente “The Narrow Escape Problem” sia continuando a disseminare il racconto di riferimenti alla cultura russa, sia riecheggiando abilmente accenni e indizi sui futuri sviluppi.
Come ricorderete, infatti, il quarto episodio si apriva sulle note di una celeberrima opera russa per bambini, Pierino e il Lupo, composta nel 1936 da Prokofiev sotto il regime staliniano: il lupo/Varga lì appariva all’inizio, mentre qui incombe sui credits in forma di silhouette e permea con la sua narrazione l’intero episodio.
You have made me the happiest woman ever. Now let’s make a sex tape.
L’apertura del sesto capitolo, invece, è con una canzone del cantautore country Mac Davis, “It’s Hard to Be Humble”, satira sulla difficoltà di essere ricchi e famosi che accompagna Emmit nel viaggio verso casa ma fa anche da ironico contraltare al momento di crisi più forte del personaggio finora, ovvero la telefonata della moglie che lo crede protagonista di un sex tape, in realtà (ovviamente) realizzato dal fratello Ray.
Un opening ad effetto che, innescato ancora una volta da una goffa mossa di Nikki, dà coerentemente il via a un episodio che ruota quasi interamente intorno al concetto di verità e alla sua manipolazione, perversione, interpretazione; anche qui è fortissimo il legame con “The Narrow Escape Problem” che ci aveva introdotto ai concetti di pravda e istina, ovvero i due termini russi per indicare la verità, cui si aggiunge nepravda, la non verità (“Untruth is the weapon the leader uses, because he knows what they don’t: that the truth is whatever he says it is.”).
“It never happened!” “That doesn’t make it any less of a fact.”
E questa intera stagione di Fargo sembra essere una satira, neppure troppo nascosta, di questa contemporaneità americana (la Russia, la “fake truth”), esattamente come Pierino e il Lupo, che sotto l’aspetto della favola per bambini cela una serie di indizi che la rendono potenzialmente una satira e un attacco al regime russo.
Il lupo era lo stalinismo, per Prokofiev, troppo ingordo e destinato a soccombere – nella versione Disney, l’anatra inghiottita intera si chiamava Sonya, variante russa di Sophia, nome greco che significa sapienza –, mentre in Fargo il lupo è Varga e la stessa bulimia del personaggio sicuramente è in qualche modo riferita all’ambiguo finale dell’opera.
Un simbolismo che non è mai casuale, quello di Fargo, ma difficilissimo da interpretare come la stessa verità: quella di Ray contro quella di Ennis sul casus belli del francobollo, quella di Varga che cerca di delegittimare Sy per dividere i due soci, quella dei libri contabili falsificati, quella di Nikki e quella di Stella. La verità non come dato di fatto ma come una questione di volontà, perché soltanto chi crede di più nella propria versione dei fatti ed è disposto a fare qualsiasi cosa per i propri scopi può essere in grado di prevalere.
A chicken is an egg’s way of making another egg.
Finora, è il lupo Varga a tenere le redini del racconto, ma nell’opera di Prokofiev a prevalere nel finale sono i personaggi che possiedono l’arte di scappare, come Nikki, e di metterlo in trappola come Peter, in questo caso rappresentato da Gloria. Ancora, non sembra casuale che Nikki sopravviva all’aggressione, dimostrando una forza di volontà e una capacità di togliersi dai guai che ne rafforza la caratterizzazione (e l’affezione da parte dello spettatore), né che Emmit e Ray siano identificati con due uccelli dall’opposto destino; entrambi hanno perso il controllo delle proprie vite e sembrano convergere sempre più nettamente, rendendo ancor più evidente tra l’altro la felicissima scelta di Ewan McGregor per interpretarli. Entrambi sono manovrati da qualcun altro e spinti a uno scontro sempre più feroce, ma anche sempre più slegato dalle ragioni dei loro contrasti iniziali. Tra tutti, sono proprio loro a ricordare maggiormente l’uomo innocente del cold open che apriva il pilot di questa stagione, ma così come la sua, la loro (presunta o relativa) innocenza non può nulla contro le maglie del sistema e le opposte forze che spingono alle loro spalle.
Se la verità, quindi, non è altro che un problema di interpretazione, anche questo episodio di Fargo può essere letto in modi diversi quanti sono i livelli di questa interpretazione: allegoria, satira del presente, racconto morale sulla banalità del male o grande divertissiment di un Noah Hawley in piena forma che sta costruendo una matrioska complessa ed estremamente godibile. Poco importa, in fondo, vista la ricchezza del materiale che la serie ci regala ogni settimana e la qualità incredibile della recitazione e della messa in scena; qualunque cosa sia quello che Fargo ha intenzione di dirci alla fine, ci stiamo senz’altro godendo parecchio il viaggio.
Voto: 8 ½