A qualche giorno dall’uscita di The Punisher su Netflix e di Future Man su Hulu e a qualche mese dall’uscita di The Defenders sempre su Netflix e Inhumans su ABC (e con in coda, nel 2018, Cloak & Dagger su Freeform), Runaways va a nutrire il già piuttosto impressionante numero di show che compongono il Marvel Cinematic Universe.
Non è difficile notare, specie se si guarda all’insieme di serie prodotte insieme a Netflix, come la Marvel Television abbia sempre prestato particolare attenzione alla diversificazione delle sue singole creature, cercando di connotarle fortemente sin dalle prime battute, per evitare le sensazioni di “già visto” in un pubblico così bombardato di proposte. La particolarità di Runaways e, di conseguenza, il suo punto di maggiore interesse (così come con tutta probabilità sarà, pur sotto aspetti diversi, per Cloak & Dagger) sta certamente nel fatto di rappresentare un prodotto indirizzato prettamente ad un pubblico adolescenziale. La volontà di allargare la fascia di spettatori indirizzandosi esplicitamente ad un target preciso, quello teen in questo caso, si accompagna quindi alla necessità di impostare un discorso più appropriato ad un pubblico più giovane, capace di trattare più direttamente tematiche e punti di vista a lui più vicini.
Tratto dalla serie di fumetti concepita nel 2003 da Brian K. Vaughan e Adrian Alphona, e trasportato sugli schermi per Hulu da Josh Schwartz e Stephanie Savage – creatori, fra gli altri, di show del calibro di Gossip Girl e The O. C. (due capisaldi dell’intrattenimento televisivo adolesenziale) –, Runaways, a giudicare dal pilota, non sembra faticare a tenere il passo con gli show per teenager più seguiti degli ultimi anni, da Pretty Little Liars a Riverdale. Quelli con cui cominciamo a fare conoscenza in questo episodio sono gli adolescenti spigliati e autoironici, dalla battuta e dal riferimento pronti, un po’ supponenti (pur non mancando, beninteso, di fragilità), senza alcun ricordo dei tempi in cui il linguaggio e la forma mentis dei social network non facevano ancora naturalmente parte della loro quotidianità.
Non serve tirare in ballo Spiderman o Misfits per capire che supereroistico e teen drama formano da tempo un ottimo binomio, specie se il racconto si concentra sulla fase germinale della scoperta del potere, della formazione o dell’assunzione di un ruolo. “I’m going through changes” canta l’opening di un recente piccolo capolavoro sull’adolescenza, mettendo in luce come uno dei concetti capaci di abbracciare completamente gioie e dolori di questa particolare fase della vita sia proprio quello di cambiamento, di trasformazione. Il superpotere diventa allora una felice metafora del necessario processo di auto-conoscimento e auto-accettazione cui viene sottoposto l’adolescente. Il racconto, a giudicare da questo primo episodio, sembra infatti proporsi come un’indagine sull’instabilità e sul mutare delle vite dei teenager: dei rapporti con l’altro, col genitore, con il gruppo, passando per i filtri dell’elaborazione della perdita e dell’amicizia, tutte trasformazioni intese come parte essenziale del processo di crescita. L’impostazione nettamente corale, che rimanda a un Sense8 o al più classico degli X Men, inoltre, dà alla serie la possibilità di spaziare a piacimento all’interno di una pluralità di background e storyline di diversa natura facendo di Runaways un colorato mosaico di situazioni e personaggi sovrannaturali. Senza scomodare il fumetto o un trailer piuttosto esplicito, l’episodio pilota è disseminato di indizi caratterizzanti la natura sovrannaturale che poi svilupperanno i personaggi (esseri alieni, stregoni, superscienziati, rettili estinti) che se ben sfruttati potrebbero risultare più un motivo di complessità e intrattenimento che di approssimazione o sovraffollamento.
Un altro elemento che si rende manifesto fin dalle prime fasi del racconto è la presenza di una seconda coralità contrapposta alla prima: quella dei genitori, tanto che si potrebbe dire quasi che esistano due gruppi separati di personaggi, adolescenti e genitori, che trovano finalmente motivo di incontrarsi nelle battute finali del pilota. Il titolo “Reunion” sta chiaramente ad indicare da una parte il ritrovo di sei ragazzi compagni di scuola e amici, separati da quello che pian piano scopriamo essere la scomparsa di un membro del gruppo (senza che ci vengano ancora svelate cause o modalità), e dall’altra l’incontro disseminato di ambiguità dei genitori a casa di Alex Wilder, entrambi punti matriciali della narrazione che si svilupperà nei prossimi capitoli. Che le figure genitoriali non siano sempre caratterizzate positivamente nel contesto dei teen drama non ci coglie di sorpresa e anche Runaways non sembra scostarsi da questa tendenza, almeno all’inizio, andando dal classico padre megalomane e anaffettivo a quello che opta per l’indottrinamento religioso della figlia.
L’impressione di “già visto” viene, però, spazzata via non appena lo spettatore capisce che l’intenzione del racconto è quella di spingere consapevolmente all’estremo quello che potremmo definire quasi uno stereotipo della narrazione adolescenziale sempre pronta ad infarcire di antagonismo la figura genitoriale e prendendo le mosse da questo presupposto. La scelta coraggiosa e piuttosto intrigante è appunto quella di fare dei genitori dei membri del PRIDE, un’organizzazione di cui scopriremo la vera natura solo a fine episodio .
L’episodio pilota risulta, in fin dei conti, ben costruito e compie adeguatamente il suo ruolo introduttivo con la giusta dose di caratterizzazione, ambiguità e suspense fino al plot twist finale e con una struttura al limite del didascalico ma non particolarmente fastidiosa che gli permette, anzi, di giocare con le aspettative del pubblico. Il nuovo show Marvel dimostra, insomma, di saper gestire bene i tempi narrativi e di saper fare piuttosto bene tutto quello che un classico episodio introduttivo dovrebbe saper fare: situazioni, antefatti, plot e personaggi protagonisti e antagonisti sono tratteggiati ma non troppo appesantiti o esposti, in modo da lasciare lo spettatore alla fine dell’episodio con la giusta dose di domande e curiosità per proseguire la visione. È certamente l’ironia insita nel linguaggio e nelle scelte narrative a regalare a Runaways un buon punto di partenza per quello che con tutta probabilità avrà i tratti di un romanzo di formazione in chiave supereroistica anche e soprattutto nei confronti della figura genitoriale.
Voto: 7