
Nonostante questo tipo di malattia, Maria Bamford ha passato anni cercando di curarsi, dimostrando una lucidità mentale fuori dalla norma per un individuo che soffre di disturbo ossessivo compulsivo; le sue ultime crisi risalgono al 2011, anno in cui decise di farsi ricoverare dopo aver pensato insistentemente al suicidio. Queste sono le basi che hanno portato alla creazione di Lady Dynamite, show che ha debuttato nel 2016, ma su cui Bamford lavorava già dal 2013 al fianco di Mitchell Hurwitz, creatore di Arrested Development e showrunner di questa comedy. I due si sono concentrati sulla malattia, confezionando una serie schizofrenica, che sembra soffrire degli stessi sintomi della protagonista, creando un risultato che mai si era visto prima d’ora, pur riprendendo diversi elementi già presenti nella serialità contemporanea – la commedia autobiografica alla Louie, i flashback tipici di Lost, l’ossessione per i temi di più stretta attualità come in Master of None.

Le due stagioni di cui si compone lo show riescono a fare propri i due temi principali su cui puntano Hurwitz e Bamford: il racconto della malattia e un’analisi metanarrativa di come il presente si approcci ai disturbi dissociativi della protagonista.
I primi dodici episodi possono essere considerati quelli del racconto biografico: Maria Bamford interpreta se stessa in un presente che si alterna a analessi del passato e altri flashback di un passato ancora più remoto; l’attrice ci racconta la sua crescita e l’avanzamento della malattia, che l’ha portata a frequentare centri specializzati nel trattamento dei disordini ossessivo compulsivi, da cui non guarirà mai totalmente, ma che ora riesce a gestire. Al suo fianco vediamo una serie di figure chiave: la madre – con cui ha un legame complicato, molto lontano dai cliché sul tema, ma in cui è facile identificarsi –, il padre – succube delle donne della famiglia –, la migliore amica – che viene vista come la figlia bella e intraprendente che i genitori di Maria non hanno mai avuto – e il suo agente – uno dei pochi personaggi che ci fa scoprire Maria al di fuori del contesto familiare .

La stagione due, invece, fa propria un’importante svolta meta-narrativa, in cui è facile leggere una critica al mondo dello spettacolo (a Netflix nello specifico) e a Lady Dynamite stessa: nella seconda annata, che inserisce al fianco dei flashback anche delle prolessi, Maria Bamford diventa la protagonista in scena di una serie biografica che racconta la sua vita, dal titolo Maria Is Nuts – proprio come accade nella realtà. Nella finzione narrativa non è Netflix a darle uno spazio, ma MuskVision, un servizio di streaming gemello, gestito da una robot chiamato Don Jr. che decide, tramite algoritmi, quello di cui ha bisogno la piattaforma; scannerizzando il cervello di Maria, Don Jr. capisce che nel suo palinsesto non c’è abbastanza rappresentazione delle malattie mentali e per questo decide di commissionare uno show autobiografico a Maria – denuncia di come quel servizio sfrutti la sua condizione psicologica a scopi commerciali.

Nonostante Netflix non abbia rinnovato Lady Dynamite per la prossima stagione televisiva, possiamo dirci soddisfatti pienamente delle due stagioni prodotte, che riescono a dare una conclusione a tutte le storyline, pur utilizzando un finale aperto; lo show è consigliato a tutti coloro che amano le comedy d’autore e a cui piace una comicità imprevedibile, materia di cui Maria Bamford è la regina.




