Big Little Lies è stato uno dei principali fenomeni della stagione televisiva 2017, una serie capace di leggere il proprio tempo in maniera acuta, interpretando alla perfezione la sensazione di frustrazione e rabbia provata da tante donne americane all’indomani dell’elezione di Donald Trump. Il clamoroso successo ottenuto ha spinto HBO a ordinare una seconda stagione, trasformando in una serie quella che sarebbe dovuta essere una miniserie.
Lo show nasce come l’adattamento del romanzo di Liane Moriarty, il cui materiale narrativo è stato sviluppato in maniera precisa dalla prima annata, attraverso una narrazione che alternava le vicende del presente, in cui venivano presentati i personaggi principali e le loro interazioni, ad un futuro in cui erano gradualmente anticipate le vicende criminali con cui la stagione sarebbe terminata. Una serie quindi dalla forte direzionalità, che da una parte è riuscita a creare un’indubbia suspense con questo meccanismo narrativo, ma dall’altra si è rivelata anche abbastanza prevedibile, tanto sulla risoluzione dell’enigma criminale quanto sulla sua struttura drammaturgica.
Ciò che non mancava era la compiutezza, perché la prima stagione di Big Little Lies era un prodotto chiuso e concluso, con un finale che non solo dava un senso allo scioglimento del plot, ma offriva anche una chiusura narrativa al gruppo di donne protagoniste. Ma in televisione, si sa, nulla muore mai davvero, e la quantità di premi vinti dalla serie – aiutata anche dall’esplosione del caso Weinstein e del #MeToo – ha sostanzialmente obbligato HBO ad andare avanti, perché quando hai un prodotto con una qualità così unanimemente riconosciuta è praticamente obbligatorio dargli un seguito.
Nel frattempo, però, uno degli elementi principali del cast tecnico di Big Little Lies aveva abbandonato la nave: il regista Jean Marc Vallée, convinto come tutti che la serie sarebbe andata in onda per un solo anno, ha preso altri impegni professionali figurando indisponibile per la seconda annata. HBO ha fatto di questa piccola situazione di crisi una vera opportunità, perché dopo essere riuscita a mantenere l’intero comparto attoriale dello show (che soprattutto per quanto riguarda le attrici ha pochi rivali in quanto a talento e popolarità) ha scelto come regista della seconda stagione Andrea Arnold, e insieme a lei è arrivato il direttore della fotografia Jim Frohna.
La regista britannica è una delle massime voci del cinema contemporaneo e ha dimostrato di saper raccontare la femminilità in un modo intimo e personale. Arnold e Frohna, inoltre, hanno già lavorato insieme sul piccolo schermo, in occasione di Transparent e I Love Dick, in entrambi i casi sotto la guida di Jill Soloway.
A convincere anche coloro che erano ancora scettici sulla seconda stagione di Big Little Lies (forse perché non avevano visto American Honey di Andrea Arnold) è arrivato l’annuncio della principale new entry della serie: Meryl Streep. Stiamo parlando di una delle più grandi attrici della storia del cinema, che vanta record su record in quanto a premi vinti e che in questo caso va a mettere la ciliegina sulla torta completando un cast davvero ineguagliabile.
Dal punto di vista narrativo questa premiere possiede alcune delle principali caratteristiche della scorsa stagione e al contempo riesce a discostarsi da alcuni dei fattori più caratterizzanti. Lo sguardo sui personaggi della serie, in particolare quelli femminili, è rimasto lo stesso, mantenendo l’attenzione all’intimità di ciascuna delle protagoniste e alla rappresentazione delle loro contraddizioni. Ciò che è cambiato è la rigidità strutturale dall’arco narrativo principale: non essendoci più l’omicidio al termine della stagione annunciato sin dal pilot, la narrazione stagionale sembra da subito essere molto più libera di lavorare sui personaggi principali, riprendendo le condizioni di ciascun carattere a partire dal tragico evento con cui Big Little Lies si è congedata due anni fa.
Questa sensazione di maggiore libertà narrativa è amplificata dal talento di Andrea Arnold dietro la macchina da presa, la quale rinunciando agli sterili virtuosismi di Vallée riesce a offrire uno sguardo decisamente più empatico sui personaggi, restituendo in maniera realistica e autentica tutte le loro difficoltà. Il tocco dell’autrice è evidente soprattutto nei momenti in cui passa dal rappresentare l’intimità delle protagoniste al mettere in scena i compromessi a cui devono sottostare per mantenere i delicati equilibri relazionali di cui sono parte. Arnold in questo caso è molto precisa nella messa in scena dei sentimenti di ciascuna, adottando uno stile che fa sentire lo spettatore sempre accanto ai personaggi e non al di sopra.
Questa seconda stagione si concentrerà senza dubbio sul passato e sulla personalità della meno raccontata delle protagoniste, ovvero Bonnie, che nella prima stagione è rimasta per gran parte degli episodi un pochino ai margini rispetto alle altre per poi nel finale rendersi protagonista dell’omicidio di Perry. Su di lei pesano le conseguenze più traumatiche, perché per quanto il gruppo provi a farla sentire meno sola condividendo la responsabilità di ciò che è successo, è impossibile scendere a patti fino in fondo con l’idea di aver tolto la vita a una persona.
L’altro personaggio che verrà senza dubbio ispezionato dalla penna di David Kelley e dalla macchina da presa di Andrea Arnold è proprio quello interpretato da Meryl Streep, ovvero la madre del defunto Perry, la quale se da una parte ha bisogno di sapere la verità sul proprio figlio, dall’altra ne è molto spaventata. La sorellanza tra le donne della serie, infatti, non potrà che coinvolgere anche lei, nonostante in questo momento sia soprattutto intenzionata ad andare a fondo sulle modalità con cui il proprio figlio ha perso la vita. Dentro di lei c’è un fuoco che arde, alimentato dall’inspiegabile dolore causato dalla perdita di un figlio, amplificato in questo caso dal sospetto della presenza di una verità che potrebbe farle, se possibile, ancora più male.
Nel raccontare queste donne così diverse, la seconda stagione di Big Little Lies chiarisce fin da subito l’essenzialità dei propri obiettivi, smentendo tutte le accuse relative al rinnovo: Kelley e Arnold intendono ragionare su come differenti tipologie femminili si rapportano a uno stesso genere di trauma, mostrando sia le conseguenze della tragedia sul gruppo di amiche sia le modalità con cui ciascuna fa i conti con ciò che è successo, consapevole di non avere altra scelta.
Quella che sembra affrontare con maggiore determinazione il presente è Renata, una vera e propria macchina da guerra pronta a pensare soprattutto ai propri obiettivi senza farsi scalfire da nulla, finendo però per mettere gran parte delle fonti di negatività sotto il tappeto.
Dal capo opposto della trasparenza c’è Jane, la quale dopo essere sopravvissuta a fatica ai traumi dello stupro subito sta cercando gradualmente di imparare a guardarsi dentro, trovando il coraggio di affrontare i propri demoni per imparare a conoscersi meglio (è particolarmente poetica la scena in cui ascolta sulla spiaggia Mystery of Love di Sufjan Stevens).
Anche Madeline è una locomotiva in corsa come Renata, ma a differenza di quest’ultima è molto meno capace di fingere e mascherare le proprie emozioni, permettendo a questa premiere di mostrare le due principali linee tematiche attorno a cui molto probabilmente ruoterà il suo personaggio: la sua turbolenta e incompleta vita sentimental/sessuale; il rapporto con la figlia maggiore, nella quale riflette se stessa e tutti i suoi rimpianti.
Infine c’è Celeste, forse il personaggio più iconico della prima stagione di Big Little Lies, sia perché interpretata da una straordinaria Nicole Kidman (che ha giustamente fatto incetta di premi), sia perché è la vittima degli episodi di violenza domestica al centro della storyline principale. La sua è, insieme a quella di Bonnie, la condizione più difficile, perché da un momento all’altro si trova con una famiglia distrutta, senza un marito, in preda agli incubi e con una suocera in casa con cui è molto impegnativo avere a che fare.
Non c’era modo migliore di questo per far ripartire una serie che era a tutti gli effetti conclusa e, a conti fatti, Kelley e Arnold riescono a porre le basi per una storia che sembra avere ancora tanto da raccontare, nonostante le premesse non proprio esaltanti della vigilia. Dopo due anni, dunque, Big Little Lies è tornata, ed è ancora uno dei drama di maggiore qualità in circolazione.
Voto: 8