Prosegue su Disney+ la messa in onda di Star Wars: The Clone Wars, che dopo l’ottimo inizio di stagione continua il suo cammino con “A Distant Echo”, altro episodio incentrato sul comandante Rex e i nuovi arrivati della Bad Batch. Come nel caso di “The Bad Batch”, siamo di fronte a un’altra puntata che i fan più sfegatati hanno già avuto modo di vedere su Starwars.com in seguito alla Star Wars Celebration di Anaheim nel 2015.
In linea con quanto visto nello scorso episodio, si possono notare dei grandi cambiamenti – anche se in poche scene -, che delineano una netta intenzione nel voler dare un maggiore senso di cupezza che sottolinei l’incombente e tragico epilogo a cui arriveranno le Guerre dei Cloni. Lo si vede subito in apertura, con la morale, modificata per l’occasione; nella versione incompleta, infatti, era “Wars are not won with superior weapons, but with superior strategy”, più in linea con il tono che accompagnava l’arco narrativo, all’epoca ovviamente non pensato per guidarci verso la conclusione della serie. L’attuale e definitivo “The search for truth begins with belief” si ricollega invece perfettamente con chi è indubbiamente il protagonista di questi episodio, Rex, nella sua disperata ricerca per ritrovare il commilitone creduto morto, Echo. “Belief” è ciò che spinge sia lui che tanti altri personaggi di Star Wars – e non solo in The Clone Wars – a seguire il proprio istinto, anche quando tutto sembra perduto, ricollegandosi alla centralissima “hope” che già dal 1977 è uno dei fondamenti della saga.
Questa positività, il credere che anche di fronte a ostacoli insuperabili ci siano possibilità di trovare la luce nell’oscurità, assume una connotazione ancora più tragica conoscendo il destino che attende molti di questi personaggi. L’episodio prosegue con un altro momento aggiunto per la settima stagione e che si ricollega a quanto detto in precedenza. Scopriamo che Rex è a conoscenza della relazione tra Anakin e Padmé, una rivelazione presentata in maniera nettamente differente nella vecchia versione, in cui i membri della Bad Batch avevano ridipinto la loro astronave con una versione pin-up della senatrice di Naboo. La cosa ovviamente indispettiva particolarmente il giovane Skywalker, e dalla sua discussione con il comandante dei cloni si intuiva che Rex sapesse tutto.
La nuova scena, oltre a rafforzare il concetto di “belief” della morale di apertura grazie alle parole di Padmé, ci dà qualche informazione in più sulla timeline. Nonostante Anakin sembri non accorgersene – e considerando la sua reazione all’inizio de La Vendetta dei Sith, dovrebbe esserne all’oscuro -, vediamo la senatrice Amidala nei primi mesi di gravidanza, idea rafforzata anche dalla posizione della mano sull’addome, che ci colloca a pochissimi mesi dagli eventi del capitolo conclusivo della trilogia prequel. Non sappiamo ancora se rivedremo Padmé in azione, anche se lo scambio tra lei e Anakin sembra indicare un ruolo sempre più attivo nel tentativo di bloccare lo spargimento di sangue; sarebbe sicuramente un modo per rendere onore a uno dei personaggi più interessanti e meglio riusciti dei prequel a cui è stato rilegato un ruolo ingiustamente marginale in Episodio III.
La conclusione della scena tra Padmé e Anakin ci regala un altro importantissimo momento, uno di quei piccoli scambi di The Clone Wars che aggiungono spessore agli eventi de La Vendetta dei Sith. Scopriamo infatti che anche Obi-Wan sembra essere al corrente della relazione segreta che lega Skywalker alla senatrice. Inizialmente la rivelazione potrebbe anche far sorridere, visto il modo in cui la scena viene presentata, ma in verità è un altro momento che nasconde una forte drammaticità. Non siamo di certo ai livelli dell’addio tra Anakin e Ahsoka alla fine della quinta stagione e del “I know” della Togruta, ma il fatto che maestro e padawan siano reciprocamente a conoscenza dei loro sentimenti – come abbiamo visto in uno degli archi narrativi in cui appariva Satine – e che, nonostante questo, non siano in grado di superare i dogmi dell’accademia Jedi e dire davvero quello che pensano/sanno, è forse uno degli aspetti più strazianti di The Clone Wars.
Sempre ne La Vendetta dei Sith, ci era chiaro che Obi-Wan sapesse della storia d’amore tra i due, grazie alla frase “Anakin is the father, isn’t he? I’m so sorry”, e forse sarebbe bastato che Kenobi ne parlasse apertamente al vecchio padawan per impedire la sua discesa verso il lato oscuro. È un “what if” che si ricollega alla tematica della toxic masculinity molto presente nell’ordine Jedi che, anche se portatore di ideali di pace e amore, costringe i suoi membri a nascondere e reprimere le proprie emozioni, facilitando così il lavoro di seduzione di Darth Sidious, che con semplici parole di conforto riesce a convertire Anakin. Il Prescelto è il personaggio – tra quelli già conosciuti prima della serie animata – che più di tutti ha tratto vantaggio nella sua caratterizzazione in The Clone Wars, e rivedere Episodio III con queste conoscenze dà ancora più spessore alla trilogia prequel.
Il resto della puntata è un susseguirsi di ottime scene d’azione, aiutate dalla splendida animazione di questa stagione, che ci portano all’inevitabile conclusione in cui c’è il ritrovamento di Echo, in uno dei momenti più macabri della serie. Già nella vecchia versione vedere il clone attaccato a i fili della macchina separatista aveva un forte impatto emotivo, ma con la grafica rinnovata e il lavoro fatto sui contrasti tra ombra e luce, con una particolare attenzione sull’espressività degli occhi, il dramma di questi soldati e del peso della guerra è ancora più evidente. “A Distant Echo” prosegue così l’ottimo cammino intrapreso da “The Bad Batch” e ci regala altri venti minuti di grande narrazione e azione nella galassia di Star Wars.
Voto: 7 ½