Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di racconti


Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiIl mondo delle serie tv sta attraversando cambiamenti radicali sia per quanto riguarda le modalità di fruizione – che oramai sono sempre meno legate al concetto di televisione e più orientate alla multimedialità – sia per le caratteristiche del mercato nel quale si muovono gli investitori e i grossi network che stanno riscontrando più di una difficoltà agli albori dell’imminente streaming war.

L’avvento di competitor dalle potenzialità economiche enormi come Disney e Apple spingono i canali tradizionali, come la HBO e la NBC, ad investire in piattaforme di streaming e tentare di riguadagnare il terreno perduto – per le due citate sono, rispettivamente, HBO Max e Peacock. Ma non è finita qui, perché la streaming war porta, inevitabilmente, nuovi contendenti nello scontro, outsider indesiderati che cercano di sfruttare la lotta per la sottoscrizione di abbonamenti con nuove idee e prodotti pensati per target molto definiti. Si parla per esempio di Quibi, lanciato proprio il 7 aprile di quest’anno, che prova a intercettare un pubblico molto particolare: si tratta di una piattaforma con prodotti pensati per essere guardati solo da dispositivi mobili – non funziona su pc o tv – e le cui serie e film saranno divise in brevissimi video da una decina di minuti. Al momento il colosso Netflix guida questo nuovo mercato ma la rapidità dei cambiamenti a cui stiamo assistendo ci impone di pensare che questa posizione predominante potrebbe cambiare – o farsi meno solida – da qui a qualche anno.

Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiQuesta breve introduzione è necessaria per contestualizzare l’ambiente nel quale stanno inaspettatamente tornando di moda le antologie di racconti. Questo particolare tipo di serie antologiche è caratterizzato da episodi standalone – la cui trama, quindi, comincia e si esaurisce nell’episodio – scollegati dagli altri che possono essere visti senza un ordine preciso; alla base di questi show c’è comunque una tematica comune, un genere o un filo conduttore collega tutte le singole narrazioni. La storia della tv ha visto brillare questo tipo di prodotto principalmente tra gli anni ’50 e gli anni ’80 con il successo di alcune serie molto famose; due tra tutte il thriller Alfred Hitchcock Presents prodotto dallo stesso maestro del giallo e The Twilight Zone, in Italia conosciuta come Ai confini della realtà, di Rod Serling. La produzione di queste antologie non si è, in realtà, mai fermata, ma finora non si era ancora visto un ritorno preponderante del genere, al massimo qualche serie che è riuscita a farsi notare di tanto in tanto, come Tales From the Crypt (I racconti della cripta) nei primi anni ’90, serie di racconti horror tratta da una popolare serie a fumetti che vedeva la collaborazione di grandi attori e registi, da Robert Zemeckis a Richard Donner, da Arnold Schwarzenegger a Demi Moore e tanti altri giganti del cinema e della tv.

A riportare in auge questo tipo di show negli anni ’10 ha contribuito, senza ombra di dubbio, il grande successo a livello internazionale della serie inglese Black Mirror, ideata da Charlie Brooker e andata in onda per la prima volta nel 2011 su Channel 4. L’idea alla base dello show è presentare il lato oscuro – il riflesso nero – dell’innovazione tecnologica, mostrata sempre con un taglio pessimistico e poco indulgente nel rappresentare le derivazioni negative dell’umanità che si rapporta ad essa. L’intuizione di Brooker è stata fenomenale: la serie si inserisce immediatamente al centro dei dibattiti e si erge a oggetto di culto fino ad essere addirittura acquistata da Netflix nel 2015, che prosegue la produzione degli episodi fino ad una quarta stagione e un episodio sperimentale interattivo.
Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiQuasi in contemporanea con Black Mirror, ma su circuiti meno mainstream, cominciava la sua programmazione un’altra serie inglese che ha avuto sicuramente meno fortuna a livello internazionale ma che ha saputo imporsi in patria; stiamo parlando di Inside No.9, serie dramedy creata e interpretata dai due attori e comici inglesi Steve Pemberton e Reece Shearsmith, i cui episodi, pur spaziando molto tra i diversi generi, sono ambientati in luoghi chiusi nei quali ritorna sempre in qualche modo il numero nove. Insieme alla serie di Brooker, queste due produzioni inglesi hanno fatto da apripista al ritorno delle antologie di episodi, mostrando tuttavia un nuovo modo di approcciarsi al genere, sempre più sperimentale e meno “classico”.

Dalla metà degli anni ’10 la strada è stata in discesa: sempre più canali o servizi di streaming hanno cominciato a puntare su questo tipo di prodotti, alle volte originali e alle volte riproposizione di grandi titoli del passato. La spiegazione di questa revanche improvvisa del genere si trova in alcuni elementi che la caratterizzano: innanzitutto il pubblico al quale questo tipo di serie può puntare è molto vasto proprio perché sono prodotti che non necessitano di un’attenzione continua e duratura. Per esempio uno spettatore che accende la tv può guardare un episodio a caso, magari pescato in mezzo alla stagione e sentirsi soddisfatto senza aver bisogno di recuperare tutti quelli precedenti; allo stesso modo su un servizio di streaming si può leggere la breve sinossi dell’episodio e scegliere quello che è più affine ai propri gusti e ignorare gli altri. In secondo luogo produzioni di questo tipo offrono un doppio vantaggio dal punto di vista dell’immagine a chi sceglie di investire: i canali hanno la possibilità di coinvolgere nel progetto attori che solitamente sarebbero troppo costosi o troppo impegnati – perché molto richiesti nel cinema per esempio – per un singolo episodio dell’antologia, aumentando il production value e attirando molta attenzione da parte del pubblico. Per fare qualche esempio concreto basta pensare al recente Modern Love di Amazon, serie tratta dall’omonima rubrica settimanale del New York Times che racconta storie d’amore e di buoni sentimenti, che riesce ad unire nel cast interpreti del calibro di Anne Hathaway, Tina Fey, Dev Patel, John Slattery, Andy Garcia e persino Ed Sheeran.

Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiMa ancora più interessante è il caso di quelle serie antologiche che vengono riesumate dai servizi di streaming per sfruttarne il nome e puntare sulla nostalgia di un pubblico meno giovane. Si fa riferimento, per esempio, al nuovo The Twilight Zone, terzo revival della serie del 1959 – era già stato riproposto nel 1985 e nel 2002 – prodotto da CBS All Access che coinvolge nomi del calibro di Simon Kinberg e, soprattutto, Jordan Peele che appare anche come narratore all’inizio di ogni episodio. Lo show fa parte di quella serie di antologie di genere fantastico/fantascientifico che puntano su storie in cui l’elemento estraneo e fuori dall’ordinario caratterizza la narrazione. Appartiene a questo genere anche la recentissima Amazing Stories su Apple TV+ che ha in comune con The Twilight Zone l’essere il revival di una serie di culto degli anni ’80 prodotta da Steven Spielberg. A suo tempo la mente dietro E.T. aveva unito un gruppo di registi di peso – tra i quali spiccano Martin Scorsese e Joe Dante – per raccontare storie nelle quali l’elemento fantastico è sempre orientato al miglioramento delle persone e dove il lieto fine è praticamente un obbligo. Allo stesso modo l’Amazing Stories del 2020 è un prodotto per famiglie intriso di buoni sentimenti e finalizzato a narrare storie di speranza e crescita personale che strizzano non poco l’occhio all’ottimismo spensierato degli anni ’80 e al cinema dello stesso Spielberg.

Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiLe due serie citate sono solo le ultime arrivate di tante produzioni – molte delle quali originali – a essersi succedute nel recente periodo ma che, a parte qualche eccezione, non hanno lasciato un segno indelebile, finendo nel vastissimo dimenticatoio di quegli show incapaci di trovare una propria identità nell’affollatissimo mercato di oggi. Il disastro più eclatante – ma solo perché si portava dietro più aspettative – è stato The Romanoffs, serie creata da Matthew Weiner che, carico del successo di Mad Men, si inventa uno show nel quale vuole raccontare le vicende dei discendenti ancora in vita della famiglia degli ultimi zar di Russia. Un progetto ardito che viene immediatamente affossato dalla critica e porta Amazon a non pensare ad un rinnovo. Altri show che sono passati senza fare troppo rumore sono il sottovalutato Electric Dreams sempre su Amazon, i cui episodi sono tratti da alcuni racconti del grande autore fantascientifico Philip K.Dick, Dimension 404, altra serie di fantascienza con un taglio al limite del parodistico, e Easy, serie Netflix apprezzata dalla critica che racconta storie che esplorano l’amore e la sessualità nelle sue molteplici forme.

In fatto di sperimentazione bisogna segnalare HBO per aver puntato su due serie molto particolari e innovative: High Maintenance, nella quale il protagonista è sempre lo stesso – “The Guy”, uno spacciatore di New York – e ogni episodio racconta una delle sue consegne, e Room 104, serie dei fratelli Duplass ambientata nella stessa stanza di un motel ma con racconti autoconclusivi di genere diverso a seconda di chi la occupa in quel momento. Un altro progetto antologico che ha fatto parlare di sé negli ultimi tempi è stato Love, Death & Robots, serie animata di Netflix del 2019 prodotta, tra gli altri, da David Fincher. Lo show è composto da brevi cortometraggi molto diversi tra loro, sia per disegni e stile di animazione, sia per tipologia di racconti. Anche Little America su Apple TV+ ha, di recente, attirato i riflettori della critica: gli episodi di questa serie raccontano le storie vere di persone immigrate negli Stati Uniti la cui testimonianza è stata pubblicata dalla rivista Epic. L’ultimo arrivato, in ordine di tempo, è Tales From The Loop, serie di fantascienza sempre di Amazon le cui ambientazioni sono ispirate alle illustrazioni di Simon Stalenhag, un artista divenuto famoso negli ultimi anni. In questo caso il filo conduttore è il setting – la città in cui sono ambientate le storie è sempre la stessa – e i personaggi si vedono in più di un episodio, anche se ogni segmento narrativo è dedicato a un protagonista diverso e racconta una storia a sé stante.

Da Black Mirror ad Amazing Stories: il ritorno delle antologie di raccontiPer concludere, possiamo quindi notare come l’espansione del mercato e della domanda di prodotti televisivi sta portando, inevitabilmente, i canali e le piattaforme a spaziare tra i generi e le diverse tipologie di prodotti da proporre ad un pubblico eterogeneo e molto vasto; il grande ritorno delle antologie di episodi è esemplificativo di questo fenomeno, poiché da un lato richiama tutti i vecchi appassionati di questo tipo di show e dall’altro compensa la necessità di storie sempre più brevi. Difficile dire quanti di questi show sopravvivranno alla prova del tempo e quanti, invece, saranno fagocitati dalla grande estensione dell’offerta seriale; quel che è certo è che si continuano a vedere grandi investimenti in questa direzione che lasciano pensare che l’onda generata in origine da Black Mirror non si sia ancora esaurita.

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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