Di portali per le età passate non ne esistono. Il lavoro di ricostruzione storica, di per sé arduo nella divulgazione, è ancor più difficile nell’affrontare in ottica romanzesca porzioni di Storia così lontane da qualsiasi memoria. Alle vicende raccontate si aggiungono strati su strati di significati, simboli ed esigenze narrative che non possono pedissequamente coincidere con l’accuratezza storica. Inoltre non è raro che nello stesso show la parte più di intrattenimento entri in contrasto con quella più riflessiva, soprattutto in virtù del tipo di spettatore al quale una serie si rivolge.
La serialità di quest’ultimo periodo sembra ben disposta verso un equilibrio fra lo spettacolo e l’accuratezza storica; ciò non significa trovarlo con certezza, ma questa ricerca di autenticità e verosimiglianza ha allontanato appena i riflettori dalle produzioni americane e ne sono l’esempio show come Barbaren e La Révolution, che hanno trovato il loro posto nel catalogo Netflix.
Su quest’onda, Sky Atlantic gioca le sue carte con una serie la cui ambientazione non è il blasonato Impero Romano ma la realtà tribale dell’Italia prelatina. La serie si chiama Romulus o, se si vuole, ROMVLVS. Matteo Rovere è al timone del progetto dopo il successo de Il Primo Re, ma è stato molto chiaro su come il prodotto Sky non sia il prequel della pellicola su Romolo e Remo.
Il mito è presente, ma trasfigurato in un’ottica storica: Romulus non si pone come rappresentazione della leggenda pura, ma si prefigge di destrutturarla secondo una chiave di lettura che si barcamena fra mito e storia, senza eccedere nell’una o nell’altra. Il ritmo del racconto proposto non è mai sopra le righe, né mai troppo noioso o didascalico; “Tu” e “Regere” mostrano le dovute differenze quando affrontano diversi momenti della medesima storia, ma nelle loro diversità si completano e consegnano un debutto ottimale per la serie. Se il primo episodio ha il compito di introdurre, il secondo immerge ancora di più nel ritratto di un mondo così antico e per certi versi perduto.
La trama segue i due gemelli figli del re Numitor, Yemos ed Enitos, costretti da presagi infausti a regnare sulla leggendaria Alba Longa prima del tempo, in modo da guidare verso una auspicata prosperità la confederazione composta dai re delle trenta città dell’antico Lazio. La loro prematura reggenza è il motore di un intrigo che andrà a coinvolgere i desideri di potere dello zio: Amulius.
Parallelamente, nella città di Velia si celebrano le Lupercalia: i giovani sono obbligati per rito a sopravvivere nella foresta infestata dalla presenza di Rumia, uno spauracchio silvano e signora dei lupi; fra loro, il dispotico Cnaeus prende il comando e si crea uno specchio distorto ma non troppo dissimile della società in cui questi ragazzi sono cresciuti.
Superato lo smarrimento iniziale a causa dell’uso dell’alfabeto runico per il logo della serie, ecco che le scene di questi primi due episodi ci introducono ad una vivida ricostruzione di un mondo antico, ritratto nelle amenità tanto quanto nei lati più oscuri: Alba Longa si presenta come una città prospera, retta da un’apparente armonia fra l’uomo e la natura, ma quando questo equilibrio viene minacciato da vaghi segni premonitori, non si esita alla violenza per far felici le primitive divinità. Così come risulta chiaro che, per far parte a pieno di questo mondo, è necessario affrontare la brutale prova delle Lupercalia. La serie dimostra attenzione per le fonti storiche e non lesina su alcune piacevoli strizzate d’occhio meno autentiche e accurate, ma altrettanto coinvolgenti nel riecheggiare in un immaginario fantastico che rivendica la sua parte.
In questi racconti dal respiro epico, il rischio nel portare in scena stereotipi è sempre dietro l’angolo: in “Tu”, per esempio, i personaggi appaiono indubbiamente archetipici tanto quanto le vicende ritratte. Questa è una conseguenza dell’ambientazione propria a narrazioni come Romulus: difficilmente gli attanti avrebbero potuto scappare dai ruoli più classici in una storia così vicina al vetusto genere del peplum. Nel secondo episodio, “Regere”, cominciano però a intravedersi dinamiche nuove fra i personaggi; il racconto corale proprio della serialità moderna fa perdere peso alle figure che erano state centrali durante il pilot, concentrandosi su coloro che non sono semplici comprimari e comprimarie. Essi assumono un proprio spessore, grazie ad un’umanità non scontata e le conseguenze di scelte senza scrupoli dettate dalla sete di potere si abbattono su di loro come un maglio, perché in Romulus il mito non concede sconti. I personaggi meglio riusciti si animano non solo per l’archetipo che rappresentano, ma anche attraverso la storia che si trovano a vivere; lasciano il segno in tal senso il machiavellico e tormentato Amulius e sua figlia, la vestale Ilia, il personaggio che più di tutti si immerge nella storia e nell’esoterismo della leggenda in egual misura. Forse chi meno brilla in questa pletora sono i protagonisti, nel cedere il passo a storie che in tali cornici non avevano ancora avuto modo di essere esplorate.
Queste storie introducono tematiche prevedibili, ma mai noiose: il parallelo fra la società della confederazione con a capo Alba Longa e il piccolo regno nella foresta che Cnaeus impone ai giovani di Velia mette in risalto più somiglianze che differenze e pianta semi interessanti per riflessioni più profonde, se Romulus vorrà osare di più nei prossimi episodi. Altrettanto è aperta la porta a riflessioni sul rapporto fra dèi e mortali, incentrato sui dubbi di questi ultimi verso i capricci di invisibili divinità.
L’eco di grandi produzioni come Vikings o The Last Kingdom sono scoperte nell’atmosfera della serie e nei suoi archi narrativi, ma ciò non toglie nulla alla sua specificità. Il ritratto di un mondo prelatino non è idealizzato, non è veicolo di uno splendore antico e perduto. Si ritrova una città viva, ma fedele al suo periodo storico nel bene, quando rappresenta l’umanità di certi personaggi e il loro struggimento che possiamo in parte comprendere nonostante la lontananza temporale, e nel male, raffigurando una società dispotica e violenta, dove la forza bruta è l’unica affermazione di potere e dove una superstizione primitiva regola la giustizia e segna la vita di uomini e donne in egual misura, anche nei loro coinvolgenti atti di ribellione.
Romulus è un’ottima promessa, per il momento. Il suo debutto convince, benché il suo cuore sembra sia spaccato a metà fra il peplum e il racconto moderno, fra l’accuratezza storica e un’estetica più patinata, ma pare che i primi due episodi abbiano saputo mantenere un certo equilibrio fra le numerose influenze. Se si è appassionati del genere, la nuova serie Sky è assolutamente da non perdere, sperando vada sempre a migliorare.
Voto 1×01: 7
Voto 1×02: 8
D’accordo su tutto…ottima rece…:)…