Speravo de Morì Prima – Miniserie 2


Speravo de Morì Prima - Miniserie“Speravo de morì prima” è uno degli striscioni più iconici della storia della Serie A: in pochissime parole racchiude un mondo, un’emozione, un modo di vivere il calcio che non è spiegabile in nessun altro modo. Quattro parole lunghe quasi trent’anni, che sono rimaste impresse nella memoria collettiva a partire da un caldo pomeriggio di maggio del 2017: il giorno in cui Francesco Totti è diventato adulto.

Esatto, non abbiamo scritto “ha appeso gli scarpini al chiodo” perché non è questo il messaggio che vuole far passare la miniserie di Sky, basata sul libro “Un capitano”, scritto da Paolo Condò e Francesco Totti: Speravo de morì prima si concentra piuttosto su cosa voglia dire abbandonare una cosa che è stata letteralmente la tua vita, un luogo che ti ha accolto dodicenne e ti rilascia al mondo dopo che hai compiuto quarant’anni. La storia si concentra sugli ultimissimi anni di Totti come calciatore, ma si porta dietro un mondo di emozioni che spaziano dalla famiglia all’amore, passando per i compagni di squadra e da quello che da molti è stato definito il villain della serie, l’allenatore Luciano Spalletti.

Speravo de Morì Prima - MiniserieAndiamo però con ordine: la scelta degli attori è senza dubbio stata fondamentale nello sviluppo del progetto, perché rappresentare personaggi così pop – e soprattutto nostri contemporanei – era in nuce una possibile arma a doppio taglio. La scelta per i tre protagonisti, Totti-Blasi-Spalletti, è ricaduta su Pietro Castellitto, Greta Scarano e Gianmarco Tognazzi. Dobbiamo dire che la scelta si è rivelata azzeccata, soprattutto per quanto riguarda il giovane Castellitto (tra l’altro tifoso romanista): non solo era molto difficile interpretare un idolo come Totti, ma a maggior ragione lo è quando si tratta  di un personaggio che ha ben dieci anni più te. Il risultato è stato a dir poco stupefacente: addirittura, sul finale, quando entra in scena il vero Totti, il voice over è talmente simile da essere difficile capire se sia Castellitto che interpreta Totti o se sia proprio Totti a parlare. Il lavoro che ha fatto il giovane attore romano sulla voce, i piccoli tic, la cadenza, è stato ottimo, al netto delle difficoltà dette in precedenza.
Anche Scarano e Tognazzi fanno un ottimo lavoro: se per il secondo c’è anche una somiglianza fisica naturale con l’allenatore toscano, per l’attrice la somiglianza fisica è poca, ma anche qui il lavoro sull’accento, la cadenza di alcune parole, la mimica hanno fatto il resto, rendendo l’interpretazione dell’attrice molto più credibile di quanto ci si potesse aspettare.

Al netto del cast, a colpire è sicuramente la scelta del registro con cui Stefano Bises e Michele Astori decidono di mettere insieme la storia: la leggerezza e l’ironia che contraddistinguono molti passaggi del racconto riflettono in pieno l’immagine che Totti ha sempre dato di sé. Interessanti anche alcuni passaggi del tutto fuori dallo schema del racconto, come forse è una delle scene più riuscite, dove Totti e Spalletti sono ripresi in campo lungo, sotto il sole, in uno dei più classici duelli western (e infatti un orologio inquadrato di sfuggita non può che segnare mezzogiorno).
L’aspetto più interessante di tutti è però l’inserimento del personaggio di Antonio Cassano, che è stato fondamentale negli anni romani che ha condiviso con Totti: la scelta di renderlo una sorta di grillo parlante, vera e propria coscienza del Capitano è sia spiazzante che geniale, andando sicuramente incontro a quella scelta di un registro leggero e quasi dissacrante che ha tutta la miniserie, ma è anche un intelligente modo di dar voce ai pensieri intimi di Totti che può così fronteggiarsi con un personaggio che è decisamente “altro” da lui, ma che proprio per questo può forse dargli i consigli più giusti.

Speravo de Morì Prima - Miniserie

Interessante e ben rappresentato è anche l’aspetto più intimo e famigliare del Pupone, partendo dalla giovanissima età e percorrendo trent’anni di un rapporto splendido che ha sempre avuto coi genitori: da quando questi rifiutarono centinaia di milioni di lire dal Milan per il loro figlio non ancora adolescente, fino a Francesco che rifiuta decine di milioni di Euro dalla squadra più famosa del mondo, il Real Madrid, esce un ritratto del Capitano che ancora prima di essere legato in modo indissolubile alla maglia giallorossa lo è alla famiglia, alla città stessa, ai suoi amici più intimi. Francesco Totti è rimasto “incastrato” per decine di anni in quel ragazzino che vinceva premi su premi senza dire una parola, che nascondeva la timidezza dietro le battute ironiche, un Peter Pan che è stato rapito e cresciuto prima dall’amore gigantesco per Ilary e che poi ha dovuto affrontare la sfida più grande di tutte: diventare grande a quarant’anni suonati.

Speravo de morì prima è un miniserie che prima di parlare di calcio – praticamente non si vede mai giocato dai protagonisti, ma solo in immagini di repertorio reali – parla della difficoltà di molti sportivi nell’affrontare l’età adulta, quel momento in cui il fisico magari regge ancora ma non può essere confrontato con colleghi che possono essere tuoi figli (perché avere vent’anni per gamba non fa quaranta, ma due volte venti), un salto nel vuoto in cui molti non riescono a ritrovarsi (come dice Totti a Cassano: “ho paura che senza un pallone io non so neanche chi sono”), una presa di coscienza che per chi si sente sempre un ragazzino è uno tsunami emotivo.
Questa miniserie è quindi una bella sorpresa da tanti punti di vista: il registro creativo, la scelta del cast, il modo di raccontare una storia sportiva senza per questo parlare di sport, il modo in cui intrattiene facendoci riflettere oltre che divertire. Speravo de morì prima era sicuramente una scommessa sotto tanti aspetti: il risultato ci dice che è stata vinta.

Voto: 7

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Informazioni su Ste Porta

Guardo tutto quello che c'è di guardabile e spesso anche quello che non lo è. Sogno di trovare un orso polare su un'isola tropicale.


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