Ritorna sugli schermi di AppleTV+ un prodotto che ha colpito il cuore degli appassionati della cultura giapponese e coreana, il dramma storico Pachinko, ambientato a cavallo tra le due guerre mondiali e l’ultimo decennio del secolo scorso. La serie, ispirata agli eventi dell’omonimo libro “La Moglie Coreana” e prodotta dall’autrice Soo Hugh (The Killing, The Whispers), approderà sugli schermi di AppleTV+ il 23 Agosto con il primo di otto episodi. Abbiamo visto la stagione in anteprima per voi: di seguito potrete scoprire (senza spoiler!) come se l’è cavata la seconda annata di questo incredibile show.
Gli attori principali che avevano incantato gli spettatori ritornano anche nella seconda stagione: si tratta di Solomon (Jin Ha) – personaggio a cavallo tra passato e presente, Giappone, Corea e America -, Koh Hansu (Lee Min-ho) – colui che muove i personaggi come fossero sue pedine -, e soprattutto la giovane Sunja (Minha Kim) – protagonista effettiva della serie e della storia narrata.
Pachinko, nella sua prima stagione, ha avuto la capacità di guadagnarsi la fiducia del pubblico con una narrazione che fin da subito si prendeva il suo tempo per raccontare una storia dall’inizio alla fine. A partire dal pilot, che raccontava le vicende di una famiglia di locandieri di una zona peschereccia della Corea degli anni ’20, la serie è stata in grado di intessere una trama ricca di dettagli e di rimandi che ritornavano anche negli episodi successivi – nella descrizione non solo di Sunja e della sua storia personale, che caratterizza tutta la prima stagione, ma soprattutto della sua discendenza, anticipata nei primi minuti del pilot, che è la vera protagonista delle vicende narrate.
Nel suo ritorno sul piccolo schermo, la serie di AppleTV+ accoglie gli spettatori più attenti con un cambiamento per alcuni versi “inatteso”: la bellissima sigla della prima stagione – sulle note di “Let’s live for today” dei The Grass Roots, che rappresentava la qualità e la freschezza della serie – viene sostituita da una nuova versione (“I’d wait a million years”), sempre ballata dal cast. Il ritmo più nostalgico della sigla, insieme a un testo sicuramente significativo, fa presagire l’impennata di eventi che colpiranno i personaggi: la seconda stagione, infatti, riapre le danze nella Osaka del 1945.
Anche la seconda annata di Pachinko continua sulla strada già imbastita dalla prima, riportando due filoni narrativi al centro della storie: quello della Sunja anziana e del nipote Solomon (ci troviamo a Tokyo, nel 1989), e quello della Sunja più giovane, impegnata a difendersi dalle angherie della Storia e delle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale. Anche a ridosso del nuovo secolo, sembra che nonna e nipote, pur avendo abitato epoche che appaiono praticamente opposte (per Sunja quella della povertà e per Solomon, data l’infanzia da bambino prodigio, quella delle banche e del mondo del denaro), siano speculari e complementari negli atteggiamenti e nel carattere, contribuendo ad arricchire quella riflessione sul significato delle radici e della storia personale che caratterizza l’intera narrazione.
Pachinko riesce a splendere proprio nel racconto di contrasti vividi, che portano con sé coni d’ombra e altrettante similitudini. La nonna e il nipote appaiono distanti, eppure soffrono le stesse pene, che sono universali, e hanno strumenti diversi per affrontare le sfide quotidiane. La serie sfrutta questi personaggi in modo sapiente e riesce a raccontare una storia nella Storia: il valore del denaro, onnipresente nelle vicende raccontate, che per Sunja passava dal baratto e dal piccolo chiosco in cui vendeva kimchi nella prima stagione, e che per Solomon è quasi un mezzo evanescente e invisibile. Pur maneggiando ingenti quantità di denaro, Solomon finisce per assomigliare sempre di più alla nonna, e la storia di cui è protagonista diventa quasi una replica a colori di quella passata.
Ritornando al periodo della Seconda Guerra Mondiale, la serie è in grado di raccontare in modo onesto e semplice, senza fronzoli eccessivi, la paura della guerra e la vita dei figli di Sunja che nascono a ridosso di un conflitto quasi senza precedenti, e crescono in una vita fatta di armi e allarmi bombe. La serie rappresenta in modo efficace un periodo storico che è stato raccontato in tante vesti diverse, ma nel farlo continua ad avere una prospettiva intimista che giova all’intero racconto: lo sguardo di riferimento è quello di Sunja e i suoi figli, Koh Hansu e la sua “famiglia”, e le storie raccontate sono uniche proprio perché appartengono al loro microcosmo. Interessante notare come una serie che racconta un conflitto così conosciuto riesca nel compito di renderlo nuovo agli occhi dello spettatore, per la scelta di affidarlo a un nucleo familiare che, a guardarlo, può essere a tutti gli effetti una famiglia qualunque. La serie fa un ottimo lavoro nel rappresentare tematiche a cui lo spettatore del ventunesimo secolo è più avezzo, ma nel farlo getta luce su aspetti nuovi, che rendono le storie comuni raccontate particolarmente interessanti.
Il banco di prova della seconda stagione, dopo gli ottimi risultati di pubblico e critica della prima, aveva sicuramente un obiettivo ambizioso e complesso: è indubbio che la seconda stagione di Pachinko sia in grado di reggere il confronto e far catapultare gli spettatori nel mondo rappresentato. Le luci e le scenografie, le performance più che all’altezza, le scene iconiche destinate a toccare l’animo degli appassionati: questo e molto altro contribuiscono all’ottima realizzazione della seconda stagione, che debutterà con il primo episodio, solo su AppleTV+, il 23 Agosto, e proseguirà con una puntata settimanale ogni venerdì fino all’11 ottobre.
Voto: 8½