Sono passati ben sette anni dall’uscita della terza stagione dell’apprezzatissima collaborazione tra Marvel Studios e Netflix dedicata al vigilante di Hell’s Kitchen e, anche per questo, l’annuncio della realizzazione di un nuovo show che si pone in diretta continuità con quella serie non poteva che essere ben accolto: Daredevil: Born Again è, nei fatti, un sequel vero e proprio di Daredevil, dato che la storia prosegue dalla fine del precedente, ma allo stesso tempo è un’operazione più interessante perché per questioni extra-diegetiche ha anche tutte le caratteristiche del revival e in parte anche del reboot.
Daredevil: Born Again è la tredicesima serie dei Marvel Studios su Disney+ e arriva in scia ad un periodo non fortunatissimo per il progetto di Kevin Feige: il Marvel Cinematic Universe è in una fase di stanca, tra progetti falliti al cinema e un senso di stanchezza generale che pervade i prodotti televisivi che, anche per questo, sono drasticamente diminuiti negli ultimi tempi. In questa fase di riorganizzazione generale, Agatha All Along, ultima serie live action prima di Born Again, è stata capace di farsi notare per la sua originalità e le sue idee, dimostrando le immense potenzialità narrative e visive che questo universo offre se le storie vengono messe nelle mani giuste, come quelle abili di Jac Schaeffer. La serie dedicata alla strega interpretata da Kathryn Hahn è stata però un’eccezione in mezzo a tanti prodotti anonimi o poco ispirati e le possibilità che un sequel di una serie così amata come Daredevil potesse finire in un altro fiasco erano dietro l’angolo, anche e soprattutto per tutti i problemi produttivi che l’hanno anticipato.
Prima che al timone di Born Again arrivasse l’attuale creatore e showrunner Dario Scardapane, infatti, la serie era nelle mani di Matt Corman e Chris Ord: la produzione è iniziata a fine 2023 ma le riprese della serie hanno subito una prima interruzione a causa dello sciopero degli sceneggiatori. Pare tuttavia che la prima versione dello show non sia piaciuta ai produttori e che, dopo aver licenziato i due autori, la serie abbia subito diverse riscritture e molte scene siano state rigirate. Le versioni sono contrastanti, ma dalle interviste a Scardapane pare che nel suo stato originale Born Again non cogliesse alcuni dei punti essenziali del personaggio di Daredevil e che fosse troppo sbilanciato sul fronte legal e meno su quello dell’eroe. Insomma, la curiosità e il chiacchiericcio intorno alla serie sono aumentati a dismisura mese dopo mese fino ad arrivare al giorno dell’uscita.
I primi due episodi di Daredevil: Born Again sono in sostanza un lungo pilot e hanno la funzione non semplice di collegare il vecchio show alla direzione attuale imposta dai Marvel Studios per la serie – con nuovi personaggi e nuove ambientazioni meno dark rispetto a quelle dello show Netflix – finanche a costruire dei flebili collegamenti con il Marvel Cinematic Universe, per sottolineare comunque la sua appartenenza a un progetto più grande. A dirla così sembra un’operazione fin troppo ambiziosa, ma quello che sorprende, e che si può affermare fin da subito, è che lo show riesce miracolosamente nel suo intento.
Il primo episodio, “Heaven’s Half Hour”, si apre con una scena d’azione in cui la violenza non si risparmia e che ricorda chiaramente quella storica della prima stagione della serie Daredevil in cui l’eroe sgominava da solo un covo di criminali per salvare un ostaggio. Anche in questo caso la scelta dei due registi Aaron Moorhead e Justin Benson è quella di un lungo piano sequenza volto a sottolineare il realismo dello scontro e la fragilità del protagonista che, a differenza di altri eroi Marvel, si distingue proprio per il suo essere un vigilante di strada privo di superpoteri: è anzi solo un essere umano ben allenato, con una disabilità visiva e con gli altri sensi più sviluppati rispetto alla media. È interessante notare come questa scena sia l’unica in cui vediamo Matt indossare il suo iconico costume in questi due episodi e l’unica altra situazione in cui lo vediamo in azione è alla fine della seconda puntata “Optics”. Se pensiamo a questi due blocchi narrativi come un unicum allora le scene di combattimento sono in apertura e in chiusura: la prima è una sorta di epilogo della serie Netflix e si chiude con un bel colpo di scena, la seconda è un’anticipazione di quello che avverrà, il ritorno di Matt al suo lato oscuro anche propiziato dalla riapparizione della sua nemesi.
Si fa riferimento ovviamente all’ascesa di Wilson Fisk alias Kingpin – di cui riprende le fattezze il bravissimo Vincent D’Onofrio – alla posizione di sindaco di New York, già anticipata nel finale della serie Echo dello scorso anno. Nonostante questa svolta narrativa sia stata presa molto tempo fa, non si possono non notare alcuni riferimenti al panorama politico attuale degli Stati Uniti, ma più in generale alla ribalta dei populismi e delle ideologie della destra radicale nel mondo. Questi collegamenti sono sottolineati dalla scelta molto intelligente di mostrare scene di interviste ai cittadini di New York che spezzano la narrazione principale e che costruiscono il contesto nel quale Fisk acquisisce il consenso per poter essere eletto: le interviste dipingono il boss criminale come un uomo che sa quello che deve essere fatto per “ripulire” le strade, che non ha paura di sporcarsi le mani per arrivare ai propri obiettivi, uno che per quanto non sia un santo è “quello che serve alla città”. Insomma, si tratta della retorica dell’uomo forte al comando, che con il suo carisma riesce a ripulire la propria figura e a farsi seguire, nonostante la sua fedina penale e la sua completa estraneità ai meccanismi classici della politica. Una scena esemplare in questi due episodi di Born Again è quella in cui Fisk e la sua squadra si fermano in auto nel traffico a causa di un cantiere che procede a rilento: il personaggio di D’Onofrio sfrutta questa situazione a suo vantaggio con un intervento in prima persona arringando la folla e mostrandosi come un uomo d’azione.
Dal punto di vista di Matt Murdock, invece, gli episodi si concentrano sul suo lavoro come avvocato e, come si è già detto, solo nel finale il protagonista riprende la sua vita da vigilante. Lo show mostra i vecchi personaggi farsi da parte – almeno momentaneamente – e crea un nuovo team intorno al protagonista: Kirsten Mc Duffie (Nikki M. James), avvocata e sua nuova partner nello studio legale, Heather Glenn (Margarita Levieva), terapista e nuovo interesse amoroso di Matt, Cherry (Clark Johnson), poliziotto in pensione e anche lui collaboratore nello studio. Si è visto ancora troppo poco per giudicare quanto questi personaggi e le loro relazioni possano funzionare rispetto agli amatissimi vecchi personaggi ma, quello che si può dire, è che rappresentano una ventata d’aria fresca per lo show che aveva necessariamente bisogno di dare un nuovo taglio alle storie di Daredevil: in primis per la sua funzione, come si diceva anche prima, di nuovo punto di inizio per il personaggio, in secondo luogo anche per distinguersi dalla serie di Netflix ed evitare di risultare ripetitiva per i vecchi fan.
In definitiva non si può che essere soddisfatti da questi primi due episodi di Daredevil: Born Again; se si è stati fan della serie Netflix si ritroveranno tutti gli elementi che l’hanno caratterizzata, dalla crudezza delle scene di violenza alla rappresentazione di una New York sempre in bilico tra criminalità e giustizia; per chi invece è un neofita delle avventure dell’Uomo senza paura – questo l’appellativo storico del personaggio sulle pagine dei fumetti – in TV troverà un ottimo punto di partenza per godersi uno show supereroistico che si preannuncia ben realizzato, con personaggi carismatici e un ottimo cast. Insomma, un punto per il Marvel Cinematic Universe sul piccolo schermo: in questo caso ha fatto centro, sperando che mantenga questa qualità anche per il resto della stagione.
Voto 1×01: 9
Voto 1×02: 8½