Echo – Miniserie


Echo - MiniserieDire che il Marvel Cinematic Universe stia attraversando una fase complicata sarebbe usare un eufemismo: tra i risultati altalenanti delle serie televisive su Disney+ e il pessimo riscontro di pubblico e critica alle ultime pellicole – vedi il disastro al botteghino del recente The Marvels – è evidente che la grossa macchina narrativa e produttiva guidata da Kevin Feige sia in grosse difficoltà; se a questo si aggiunge, poi, un altro enorme problema come il licenziamento di uno degli attori principali su cui i Marvel Studios avevano fatto all-in per i prossimi dieci anni, ecco che il disastro è annunciato.

Nonostante tutta questa baraonda, impensabile dopo l’enorme successo di Avengers: Endgame e la grande fiducia che c’era intorno al progetto multi-piattaforma del MCU solo qualche anno fa, la Disney non molla del tutto i suoi piani produttivi per quanto riguarda le serie televisive e rilascia Echo, una miniserie che, a conti fatti, è uno spin-off di Hawkeye visto che la protagonista era uno dei personaggi secondari della serie con Jeremy Renner e Hailee Steinfeld del 2021. La sua presenza nel nuovo universo televisivo Marvel è però anomala, per due motivi: il primo è che si tratta di una miniserie composta da soli cinque episodi usciti tutti insieme e il secondo è che è il primo progetto a uscire sotto la nuova etichetta “Marvel Spotlight” che, a detta di Brad Winderbaum – capo della sezione streaming degli studios – raccoglierà tutte quelle storie più ristrette, con un rating TV-MA, ovvero pensate per un pubblico adulto, e che non prevedono necessariamente la conoscenza pregressa delle altre opere Marvel. Questa scelta è pensata sia per mettere in luce personaggi minori del grande ventaglio di eroi Marvel dei fumetti, sia per cercare di far avvicinare più persone possibili alle serie su Disney+, anche quelli che non hanno seguito tutta la continuity o che, banalmente, non ne sono interessati.

Echo - MiniserieIn tal senso Echo funziona abbastanza bene, bilanciando il suo essere uno standalone con l’appartenenza a una storia e a un universo più ampio. Ciò è evidente fin dal primo episodio, che è quello che racconta le origini del personaggio – la sua infanzia, i suoi traumi, l’introduzione alle sue caratteristiche e al suo carattere – e si propone come collegamento diretto con il MCU. In “Chafa”, infatti, le autrici e creatrici dello show Marion Dayre (Better Call Saul) e Amy Rardin (Charmed) operano nella parte iniziale un misto tra scene originali e scene con protagonista Maya che abbiamo già visto in Hawkeye; una sorta di collage intervallato da momenti che esplorano in modo più approfondito la storia e le motivazioni che guidano il percorso della protagonista, fino a portarla al colpo di scena che già conoscevamo della vendetta contro Kingpin, reo di essere dietro la morte del padre. L’introduzione è necessaria e, sebbene possa essere vagamente ripetitiva per i fan delle serie Marvel, è importante per fare da base alla storia successiva; è forse proprio per evitare di “stancare” gli appassionati che già conoscevano la storia che le autrici hanno pensato di inserire in mezzo ai flashback uno scontro molto ben coreografato con il Daredevil di Charlie Cox, qui in un cameo che sa tanto di teaser in vista di Daredevil: Born Again, la già annunciata nuova serie sul vigilante cieco prossimamente su Disney+.

Ma il pilot di Echo è un recap solo per metà: la seconda parte dell’episodio mira a porre invece le basi di quello che vedremo davvero nei capitoli successivi, ovvero il ritorno di Maya a casa, il rapporto con la propria famiglia – quello che ne rimane – e con la propria cultura. Una parte importante della serie è, infatti, legato ad esplorare i costumi e la mitologia dei nativi americani, in particolare della Nazione Chochtaw di cui fa parte Maya, la terza più grande degli Stati Uniti d’America – conta più di duecentomila persone. Da questo punto di vista gli autori hanno fatto un bel lavoro di raccordo nell’unire l’epica delle storie di supereroi con le storie appartenenti alla cultura di una minoranza, dal rapporto con i propri antenati a quello con la natura, fino al senso di isolamento rispetto al resto del mondo che la cittadina di Tamaha trasmette agli spettatori. Certo, non siamo di fronte a uno show che porta in primo piano le criticità e le contraddizioni della vita nella riserva come può essere Reservation Dogs, anche perché non è decisamente il suo obiettivo primario, ma è comunque un tema sentito e integrato nella storia: ha un suo senso nello sviluppo del personaggio – tra poco parliamo anche dei poteri di Maya – e contribuisce a rendere Echo una serie con una propria identità e personalità.

Echo - MiniserieSe la prima puntata svolge in modo ottimo il suo compito introduttivo, fanno ancora meglio i due episodi successivi, che ci introducono alle atmosfere pulp e mostrano il carico di azione che ci aspettiamo da un prodotto Marvel. La scena dell’assalto al treno di “Lowak” è ottima e allo stesso modo gli scontri nella sala giochi di “Tuklo” sono una chicca per i nostalgici delle serie Marvel per Netflix; in generale questi due episodi ben scritti contribuiscono a delineare il personaggio di Maya come un’antieroina che si discosta nettamente dalle solite figure del MCU e l’ottima interpretazione di Alaqua Cox è una parte importante di questo processo. A muovere Maya c’è sì un senso di vendetta mai sopito – nemmeno dopo la presunta morte di Fisk – ma anche una grande ambizione e la volontà di imporsi nel sottobosco criminale prima egemonizzato da Kingpin; non ci sono veri sentimenti positivi che guidano la protagonista, non è mossa da altruismo e non è guidata da valori “alti” di giustizia come possono essere quelli che guidano i vigilantes classici delle storie Marvel, come Daredevil o Spider-man.

Arriviamo quindi ai poteri di Maya Lopez, per scelta diversi da quelli che le appartengono nelle storie a fumetti – in cui il personaggio ha “solo” l’abilità di copiare in modo fotografico lo stile di combattimento di chiunque guardi – e qui legati al suo passato e ai suoi antenati. Grazie all’ottimo utilizzo dei flashback all’inizio di ogni episodio, ci viene mostrata di volta in volta una delle antenate della protagonista e le caratteristiche/abilità che, attraverso l’ereditarietà del sangue, le portano in dono, dai poteri ancestrali di Chafa alla mira di Tuklo passando per la resistenza fisica e atletica di Lowak. Questo cambiamento rispetto alla storia canonica dei fumetti rende ancora più solido il legame tra la storia del personaggio e le sue origini Chochtaw, qui espresse attraverso il tratto distintivo di ogni eroe Marvel, ovvero i superpoteri: è interessante inoltre il tema del passaggio di testimone tra una generazione e l’altra e, per quanto non proprio originale, quest’idea funziona nel rendere ancora più unica una protagonista, molto sfaccettata e ben caratterizzata.

Echo - MiniserieCon l’arrivo del redivivo Kingpin, la cui morte era stata smentita praticamente fin da subito visti i numerosi progetti annunciati che coinvolgono anche il personaggio di Vincent D’Onofrio, purtroppo però la qualità della serie cala sensibilmente e iniziano a notarsi alcuni difetti che, con ogni probabilità, sono dovuti ai problemi produttivi che ha attraversato lo show, dai continui rimandi alle riscritture e alla riduzione del numero di episodi. Sebbene, infatti, non si possa dire che il rapporto tra Fisk e Maya non sia stato approfondito almeno in parte – tra quello che già si sapeva da Hawkeye e i flashback che si sono visti in Echo –, la sensazione che si ha alla fine del quinto episodio, dopo che si è consumato l’incontro/scontro finale tra i due, è quella di un’occasione mancata. Sembra proprio che due episodi siano troppo poco per rendere giustizia e costruire una tensione drammatica su una relazione che, soprattutto per chi non ha familiarità con Daredevil e con un background del personaggio di Fisk, è più raccontata che mostrata. Tutto accade troppo rapidamente e il finale non riesce né a concludere in modo armonico il percorso di evoluzione caratteriale di Maya, né a creare aspettativa per un eventuale ritorno di questi personaggi.

Del Kingpin che abbiamo conosciuto nelle serie Netflix manca un po’ di spessore e la breve apparizione in Echo non riesce a renderlo né minaccioso né interessante la metà di quanto lo era negli altri show in cui è apparso. Colpa di questa involuzione del personaggio è di certo da imputare a una scrittura che scivola troppo velocemente verso un finale forzato e privo di mordente, che porta il personaggio al centro dell’azione in modo molto conveniente e lo traghetta semplicemente verso una delusione – quella del rifiuto di Maya a tornare a lavorare con lui – che vorrebbe essere la molla che lo spinge alle sue future scelte, come mostrato dalla scena mid-credits.

Echo - MiniserieUltima ma non meno importante è la questione delle disabilità di Maya che nello show sono gestite in modo eccellente. L’utilizzo di una protesi e il costante uso della lingua dei segni per comunicare tra i personaggi non sono utilizzati come un mero specchietto per dimostrare quanto Marvel e Disney siano inclusive, ma anzi sono elementi che fanno parte in modo naturale della narrazione e che non hanno alcun bisogno di essere sottolineati, anche perché Echo ha molto altro da offrire al suo pubblico.

Nonostante un’evidente altalena qualitativa, dunque, Echo è una miniserie interessante sotto molti punti di vista e sopra la media rispetto alle ultime avventure televisive dei Marvel Studios – che recentemente, tra l’altro, hanno avuto la stessa tendenza a sprecare dei buoni spunti iniziali, si pensi per esempio a Ms. Marvel e Moon Knight. Peccato per una narrazione che dà il suo meglio nella prima parte e cala vistosamente nella seconda, lasciando l’amaro in bocca per quello che avrebbero potuto costruire con un personaggio come Maya; la speranza è che possiamo rivedere quanto prima Echo in nuovi progetti Marvel, magari già in Daredevil: Born Again.

Voto: 7

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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