
La presenza di due interpreti così noti rappresenta senza dubbio il principale elemento di interesse per la serie, insieme alla promessa di un racconto che intreccia dinamiche familiari, ambizioni personali e criminalità, il tutto ambientato nella cornice del mondo della ristorazione newyorkese.
Il primo episodio si apre con una scelta narrativa ormai decisamente consolidata, quella del flashforward. Ci troviamo nel locale che dà il titolo alla serie, il Black Rabbit, e assistiamo a una scena concitata: nel giro di pochi istanti infatti una rapina interrompe la normalità apparente della serata. L’azione è ripresa con ritmo sostenuto e coinvolge direttamente il proprietario del locale Jake Friedkin – il protagonista interpretato da Law –, lasciando intendere che molto di ciò che accadrà nei successivi episodi troverà qui il suo punto di arrivo. Subito dopo, la narrazione torna indietro di un mese e comincia a raccontare gli eventi che condurranno a quel momento. Si tratta di un meccanismo che funziona nel catturare immediatamente l’attenzione dello spettatore, perché spinge a chiedersi come si sia arrivati a una situazione così estrema, ma che ormai è stato utilizzato talmente tante volte da risultare privo di originalità. Qui, in particolare, non sembra esserci un’idea visiva o di scrittura capace di dargli nuova linfa: l’efficacia è tutta nell’immediatezza dell’azione, ma manca quel guizzo creativo che avrebbe potuto rendere la sequenza iniziale memorabile.

Il tono dell’episodio alterna momenti più concitati, legati soprattutto alla sfera criminale che circonda Vince e ai rischi che porta con sé, a scene più intime, concentrate sul rapporto familiare e sulle dinamiche interne al locale. A volte i passaggi da un registro all’altro risultano però un po’ bruschi, e la narrazione sembra oscillare tra il voler costruire un thriller e il concentrarsi sul dramma privato dei protagonisti, senza trovare ancora una direzione precisa. Inoltre, l’ambientazione è resa con cura, soprattutto nelle scene notturne e negli interni del ristorante, ma la regia di Bateman non brilla particolarmente per originalità, fallendo nel costruire un linguaggio visivo riconoscibile.
Sul piano interpretativo, Law e Bateman sostengono gran parte dell’episodio con prove solide e misurate. È soprattutto grazie a loro se i due fratelli risultano credibili anche quando la scrittura si limita a porre le basi del conflitto senza ancora approfondirlo. I personaggi secondari, per ora, restano invece in secondo piano: la chef del locale, gli investitori, le presenze legate al passato di Vince sono accennati quanto basta per suggerire futuri sviluppi, ma non hanno ancora un ruolo significativo.
Guardando Black Rabbit è difficile non pensare The Bear, soprattutto per l’ambientazione dietro le quinte di un ristorante alla ricerca del successo e per la centralità del rapporto tra fratelli che reggono gran parte del racconto. Allo stesso tempo, però, la presenza del crimine e del rischio che la vita dei protagonisti venga travolta da eventi più grandi di loro richiama un intero filone di serie di stampo più thriller, incentrate su persone comuni costrette a confrontarsi con minacce via via più pericolose, che si tratti di criminalità organizzata, ricatti o scelte morali sempre più compromettenti – per fare solo un esempio, pensiamo a Ozark, con protagonista proprio Bateman. Black Rabbit sembra collocarsi a metà strada tra queste due atmosfere, senza però trovare ancora un’identità capace di distinguerla davvero.

Nel complesso, Black Rabbit potrebbe rivelarsi un intrattenimento gradevole ma, almeno da questo primo episodio, non sembra possedere quella personalità necessaria a distinguersi davvero nel panorama delle serie contemporanee. La speranza è che i capitoli successivi sappiano dare più spazio ai personaggi secondari, approfondire le dinamiche già introdotte e trovare un tono più coerente e incisivo. Per ora, la serie si affida soprattutto al carisma di Law e Bateman, ma dovrà fare molto di più per trasformare queste premesse in qualcosa di memorabile.
Voto: 6

6…? Ma stiamo parlando della stessa serie…? Con tutta la porcheria che c’è in giro mi sembra che questa meriti decisamente di più, se non altro per le prove attoriali, l’ambientazione e il ritmo…