The Americans – 5×12 The World Council of Churches


The Americans - 5x12 The World Council of ChurchesSe volessimo individuare un tema unificante in questa (altrimenti piuttosto sconnessa) stagione di The Americans, potremmo trovarlo nella complessità dei rapporti genitori-figli – siano essi effettivi legami di sangue o qualcosa che gli assomiglia soltanto –, al centro degli sviluppi principali dell’annata nonché degli avvenimenti di quest’ultimo episodio.

Con la partenza di Gabriel (a seguito dell’arrivo di Mischa), la gestione della “seconda famiglia” con l’adolescente Tuan, le vicissitudini scolastiche di Henry e i problemi di Paige, Philip ed Elizabeth hanno vissuto un periodo difficile da genitori come da “figli”, in cui tanto il senso di lealtà verso la “madre” patria quanto quello di responsabilità verso la propria “famiglia allargata” sono diventati oggetto di riflessioni sempre più dolorose e concrete. Da un lato i passi falsi e la brutalità del KGB – che hanno prima portato alla morte dell’ennesimo innocente in “The Midges“, poi all’uso spregiudicato del virus Lassa ed infine all’esecuzione della ex-collaboratrice nazista (sicuramente meno “grave” nel contesto generale ma di fortissimo impatto nelle vite dei coniugi Jennings) –, dall’altro il peso del dolore vissuto dai propri figli e da quelli degli altri a causa di manipolazioni e mezze verità: stimoli potentissimi che si intrecciano tra loro, ormai impossibili da scindere e soprattutto da ignorare. La pressione che esercitano sulle teste delle due spie è una forza letteralmente “centrifuga”, che li allontana sempre di più da una missione in cui è diventato impossibile continuare a riconoscersi.

The Americans - 5x12 The World Council of ChurchesLa cerimonia di matrimonio vista in “The Darkroom“, per quanto all’apparenza un po’ campata in aria, era in effetti un sintomo di questo stesso processo di “emancipazione”. Riconoscersi famiglia al di fuori del controllo del KGB è un atto d’amore ma anche e soprattutto di ribellione: certifica definitivamente che l’unione tra Philip ed Elizabeth è più importante di quella Sovietica, e che lo spazio per compromessi e sacrifici si è ormai esaurito. In questo scenario, il piano di Tuan rappresenta la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso e la conseguente reazione – inevitabilmente diversa ma complementare – dei due (adesso per davvero) coniugi Jennings è la soluzione più avventata ma anche la più naturale che ci potessimo aspettare. La scelta di fare del destino di Pascha il motore di una svolta potenzialmente fatale è significativa, perché, come suggerisce il montaggio, il dramma del ragazzo e l’ambiente in cui si è consumato fanno da specchio alla condizione di Paige. Se la bomba doveva scoppiare, dunque, non poteva che farlo così, nel contesto noioso di un quartiere residenziale, tra le mura domestiche dell’ennesima famiglia fittizia. È già dai tempi dell’operazione Topeka che Philip ed Elizabeth, invece di seguire ciecamente le direttive del Centro, hanno iniziato ad assecondare sempre di più non soltanto il loro istinto ma anche i propri desideri. L’impossibilità di farlo quando però conta davvero, e dunque durante la sequenza finale dello scorso episodio, ha fatto capire loro quanto non siano più disposti a rinunciare a questa autodeterminazione, ad agire e ragionare come persone (o come coppia, come genitori) prima ancora che soldati. In questo senso rischiare tutto – e farlo tenendosi per mano – non è nemmeno l’unico atto rivoluzionario a cui assistiamo nel corso della puntata.

The Americans - 5x12 The World Council of ChurchesLa visita a Pastor Tim è forse ancora più scioccante, considerato che comporta non soltanto un certo rischio ma anche una concessione al “nemico” che sarebbe stata impensabile un paio di stagioni fa. Chiedere consiglio al parroco implica infatti riconoscere, almeno in parte, che quanto scritto nel suo diario non era poi così lontano dalla realtà: d’altronde questa figura è stata per Paige tanto importante almeno quanto lo è Stan per il secondogenito di casa Jennings, due surrogati genitoriali da cui Philip ed Elizabeth possono sicuramente imparare qualcosa sui propri figli. Questa stagione, tra l’altro, li ha visti arrancare molto sotto questo aspetto – come dimostra la storyline di Henry genio incompreso – e, per quanto possa sembrare assurda, la scelta di rivolgersi a Pastor Tim diventa così perfettamente sensata ed in character. Si tratta semplicemente di ciò che farebbe un “genitore normale”, che mette al primo posto la serenità della propria famiglia e dopo tutto il resto, soltanto calato nel mondo tutt’altro che normale di The Americans. Un mondo che, nonostante gli enormi cambiamenti rispetto al passato, rimane quindi profondamente (ed inevitabilmente) distante da quello di un qualsiasi adolescente americano – e se per questo anche russo. Sebbene Philip ed Elizabeth si illudano di poter correggere il tiro tornando a casa, è quindi evidente che questa verità non potrà essere in alcun modo riscritta. Gettando la croce nella spazzatura, Paige sembra aver accettato il suo destino, ma è proprio quel gesto così teatrale a dimostrare quanto sia mossa piuttosto da un forte disagio. Che venga trascinata in Russia o rimanga negli Stati Uniti, i suoi genitori le hanno già in gran parte negato, o comunque procurato in maniera distorta, “the challenges that will shape her”. Certo, sembra ricordarci l’episodio, questo è vero un po’ per tutti i figli, compresa Claire Luise: Pastor Tim afferma di accettare il nuovo lavoro soprattutto per lei, per regalarle una vita interessante, ma è una posizione davvero così diversa dalla scelta di trascinare Paige nel mondo del KGB? Elizabeth probabilmente risponderebbe di no. Noi sappiamo soltanto che guardare la ragazza allenarsi in garage non è mai stato così spaventoso.

“The World Council of Churches” funziona bene come episodio tematico e anche come apripista per il season finale. Sviluppa in maniera coerente e brillante gli argomenti chiave dell’annata, approfondendone alcuni aspetti ma anche riprendendo il filo del discorso su Mischa in una cornice sensata, e calca finalmente l’acceleratore sulle storyline più lente e inconcludenti. L’operazione di Stan giunge a un punto di svolta, ma soprattutto veniamo al dunque sul fronte russo: l’arco narrativo di Oleg è stato e continua ad essere il più frustante da seguire, ma almeno adesso ne possiamo cogliere i frutti nella caratterizzazione del personaggio. Forse, però, l’aspetto più interessante dell’episodio è che i suoi ultimi, tesissimi, minuti ci fanno desiderare per la prima volta dopo tanto (troppo) tempo di avere subito a disposizione la puntata successiva.

Voto: 7 ½

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Informazioni su Francesca Anelli

Galeotto fu How I Met Your Mother (e il solito ritardo della distribuzione italiana): scoperto il mondo del fansubbing, il passo da fruitrice a traduttrice, e infine a malata seriale è stato fin troppo breve. Adesso guardo una quantità spropositata di serie tv, e nei momenti liberi studio comunicazione all'università. Ancora porto il lutto per la fine di Breaking Bad, ma nel mio cuore c'è sempre spazio per una serie nuova, specie se british. Non a caso sono una fan sfegatata del Dottore e considero i tempi di attesa tra una stagione di Sherlock e l'altra un grave crimine contro l'umanità. Ah, mettiamo subito le cose in chiaro: se non vi piace Community non abbiamo più niente da dirci.

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