Disenchantment – Stagione 3


Disenchantment - Stagione 3Tiabeanie è tornata. Dopo aver affrontato l’Inferno sulla terra e nel sottosuolo, questa caciarona, rissosa ed emblematica principessa è tornato per una terza stagione del suo Disenchantment, ode e parodia verso la fiaba e il fantasy. Uno show che sa osare, ma che non ha mai convinto appieno. Una serie di animazione che strizza l’occhio al panorama odierno seriale, ma è altrettanto erede dalla comicità di Futurama: alle volte sciocca, alle volte inaspettatamente arguta. L’ultima creazione di Matt Groening è una perla rara nell’animazione, proprio perché riflette la protagonista nell’imperfezione che la rende così cara a chiunque si lasci catturare dall’anima caotica e scanzonata delle sue peripezie. Le avventure a zonzo per Dreamland e oltre tracciano una loro particolare strada, in una narrazione che rende Disenchantment  speciale, oltre tutti i suoi palesi difetti.

La seconda stagione aveva convinto solo a metà, in virtù di un inizio e un finale densi in avvenimenti ed emozioni, ma incapaci di salvare gli episodi di mezzo che spesso perdevano la bussola e diventavano poco più che intermezzi riempitivi, pur capaci nell’imprimere una vaga direzione sull’incedere della storia. Al contrario, il pregio della nuova annata è la sua maggiore organicità. Gli episodi a sé stanti sono ancora un modo per esplorare varie sottotrame – come in “Hey, Pig Spender” – ma l’intreccio principale ha perso quell’andamento singhiozzo di cui aveva finora sofferto.

Un elemento rimasto piacevolmente costante, anche crescendo in spessore, è l’umorismo. Disenchantment è, come detto, erede di Futurama nel bene e nel male: questo lascito si traduce in una raffica di gag, che nel giusto contesto sanno colpire nel segno, ma che non riescono sempre a far ridere perché vittime della loro stessa rapidità. La nuova stagione si assesta su binari più stabili; l’avere una direzione più nitida riguardo il dove si vuole andare a parare – per quanto a breve termine – consente alle gag di essere più incisive e non lascia tutto sulle spalle dei protagonisti che, nonostante siano entrati nel cuore di molti, non avrebbero potuto sopperire costantemente a questa lacuna. Una maggiore armonia fra la storia e l’umorismo di Disenchantment è un passo in più verso la realizzazione delle sue potenzialità. Per esempio il laughing horse apparso in “Steamland Confidential” è un richiamo diretto alle prime stagioni e in “You’re the Bean” si gioca sulla somiglianza fra Tiabeanie e sua madre Dagmar, un parallelo che ha sovente tormentato la riottosa principessa.
Non per ultimo, alcuni fan hanno notato un possibile rapporto fra la ricorrenza con cui la protagonista perde i suoi stivali e la graduale scoperta dei suoi poteri magici, ora finalmente palesati in “Freak Out”: una sottotrama colpevolmente tralasciata, sebbene non sia raro per Disenchantment tessere un intreccio, poi metterlo da parte e passare ad un altro come fossero capricci del momento.

Disenchantment - Stagione 3Su questa scia, il worldbuilding sinora esibito convince in virtù della sua stessa bizzarria: ogni elemento è sfruttato a dovere e ogni nuovo personaggio o creatura fantastica spuntati apparentemente dal nulla sono naturali conseguenze dell’atmosfera di questo svitato carrozzone di eventi. Se si concede a Disenchantment la propria complicità, ogni cosa si incastra stranamente al suo posto – dal barocco regno di Bentwood al ritorno fra i grattacieli di Steamland, passando per l’apparizione allo strano popolo dei Trøgs agli ordini di Dagmar . Si può dire che lo show sa come tirare le fila del suo caos ordinato.
La storia ha debuttato nel castello di Dreamland, che possiamo vedere come uno spazio chiuso e circoscritto, simile al regno del più modesto Crossing Swords, ma ben presto il mondo della serie si è schiuso agli occhi dello spettatore al ritmo dei molteplici viaggi di Beanie. Ora Dreamland confina con altri regni molto diversi, il suo castello reale posa su di un sistema di cave sotterranee colme di segreti; inoltre, alla fine della stagione sono tornati il Paradiso e l’Inferno. Questi non sono semplici luoghi in cui ambientare sporadici episodi, ma parti integranti di una ambientazione che interagisce e si interseca profondamente oltre la superficie giustamente goliardica che dà tenore alla narrazione.

I protagonisti non giovano altrettanto dei molti passi in avanti fatti dal resto della serie; sebbene rimangano l’indiscusso punto centrale della serie, alcuni avrebbero certamente meritato più spazio. La trama incede meglio rispetto alla seconda stagione, ma Bean, Luci ed Elfo di tanto in tanto faticano a portare avanti una loro crescita caratteriale. Non mancano tuttavia dei momenti importanti: nell’evocativo episodio “Last Splash”, per esempio, Beanie ed Elfo possono riflettere – senza troppa serietà – sulle recenti avventure sentimentali e non; il sacrificio finale di Luci è una vera sorpresa, ma non è potente come avrebbe potuto essere. L’aver messo da parte il simpatico demone per gran parte della stagione si fa sentire, in particolare nella possibile catarsi della scena dove si sacrifica per Bean, depotenziandola.
Disenchantment - Stagione 3Al contrario, i comprimari vengono grandemente approfonditi durante questa stagione così votata alla trama, in virtù de loro intrighi inutilmente complicati. I comicamente machiavellici membri della corte reale catturano la scena e sono protagonisti di alcuni dei segmenti più divertenti:  da Odval alle prese con il ponte levatoio alla fuga in moto della Arci Druidessa.
Un discorso a parte merita il Re Zøg, uno dei personaggi migliori dell’intera serie e in questa stagione alle prese con una tematica alquanto delicata, come il trauma e il deterioramento mentale derivato da un evento terribile come l’essere sepolti vivi. Da un lato i suoi versi, i suoi tic, rischiano di scadere in un tentativo di strappare risate gratuite, ma nei suoi momenti di vicinanza con la figlia in episodi come “The Madness of King Zøg”, Disenchantment accenna ad un passo verso una maturazione che sembra sempre possibile, ma mai concretizzatasi fino in fondo sino ad ora.

I pareri su questa terza stagione sono molto polarizzati: c’è chi la accusa di perdersi nel dare spettacolo senza sostanza, chi trova dia poco spettacolo per mandare avanti una trama insipida. Chi scrive trova Disenchantment una storia avvincente proprio perché profondamente imperfetta: in questo caos immerso in tanti generi diversi – dalla fiaba allo steampunkquesto show riesce sempre a trovare sé stesso, nel bene e nel male.

Voto: 7 ½

 

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