Black Mirror – 3×06 Hated in the Nation 6


Black Mirror – 3x06 Hated in the NationA ogni azione corrisponde una reazione. L’immediatezza dei social network e la leggerezza con cui spesso se ne fa uso amplificano questa tendenza mettendo in moto un turbine di reazioni a catena, che arrivano a produrre effetti anche devastanti. “Hated in the Nation” parte riflettendo su questo processo, per poi ampliarsi nell’analisi dei molteplici elementi che da ciò derivano.

Dopo “Nosedive”, anche quest’ultimo episodio si concentra sugli effetti di quell’impopolarità mediatica che ha il potere di rovinare un’esistenza, ma qui il discorso si stratifica, toccando molti altri fattori scatenati dall’asservimento tecnologico di una società. Inoltre, a rendere il tutto ancora più incisivo e inquietante, la storia si colloca in un contesto sociale estremamente vicino al nostro: “Hated in the Nation” è ambientato in una Londra non dissimile da quella odierna, con innovazioni tecnologiche facilmente immaginabili da qui a qualche decennio (o addirittura qualche anno).

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationEd è proprio a causa di questo tipo di ambientazione che il racconto assume una veridicità tale da porci di fronte alle possibili derive del nostro presente con una potenza maggiore rispetto ad altri esperimenti del genere: quello che ci viene mostrato non è un futuro prossimo, ma le estreme conseguenze di un mood già radicato nel nostro oggi. Parte di quello che succede in “Hated in the Nation” è già successo, sicuramente in forma ridotta, ma con una frequenza che ci ha indotti spesso a chiederci: dove porterà tutto questo? Brooker ci dà una risposta, forse la più estrema, la più apocalittica, ma, purtroppo, ci propone uno scenario anche facilmente immaginabile. La forza di questo episodio sta proprio nel suo essere estremamente fantastico, ma allo stesso tempo aderente a un incubo che spesso abbiamo temuto (e temiamo) potesse diventare realtà.
Siamo ancora lontani dall’avere i nostri fiori impollinati da un Drone Insetto Autonomo, ma di certo viviamo in un’era in cui i tweet hanno il potere di ferire come spade e i governi nazionali utilizzano ogni mezzo a propria disposizione per controllare la popolazione a fini preventivi. Come fare a non chiedersi quando – e non se – questo meccanismo esploderà?

Jesus, I didn’t expect to find myself living in the future but here I fucking well am.

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationQuesto senso di aderenza al reale è amplificato anche dalla fedeltà allo schema classico della crime story: i colori cupi delle stazioni di polizia, la linearità della storia che prosegue per balzi ascendenti, i personaggi appiattiti sullo sfondo sono elementi che ci riconducono al racconto poliziesco, un genere che al di là delle epoche e dei mezzi a disposizione segue sempre le stesse regole. Tuttavia questi stilemi non vengono usati solo come contorno alla storia, bensì sfruttati per ampliare la potenza del messaggio: raccontare le vittime dell’odio mediatico attraverso la prospettiva neutra dei detective permette di concentrare lo spettro d’indagine sul fenomeno in sé anziché su un singolo caso, in modo da porre l’accento sulla portata apocalittica del susseguirsi di eventi, uno dietro l’altro, uno sull’altro. Non è l’analisi dei sentimenti di chi accusa e di chi punisce che interessa a Brooker; quello che ci vuol far notare è invece come l’odio abbia la capacità di moltiplicarsi in maniera inarrestabile, anche quando il sospetto che un semplice hashtag possa portare davvero alla morte diventa sempre più concreto.

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationAnche il classico stilema del confronto a due, tipico del racconto investigativo, viene qui utilizzato per mettere a paragone due diversi modi d’interagire con il sostrato ‘social’ che invade la società odierna. Tra Karin e Blue non c’è solo uno scontro generazionale, ma un vero e proprio divario nel modo di approcciarsi al mondo che le circonda. Se l’una si ritrova in un futuro che avrebbe volentieri evitato di vivere, l’altra scappa da uno schermo che ha più volte visto come fucina di nefandezze. Così distanti all’inizio, finiscono per incontrarsi nel dolore della sconfitta, della perdita, una sofferenza che Blue non può sopportare tacitamente. La giovane detective era passata dall’informatica forense al lavoro sul campo per provare a prevenire quegli orrendi delitti con cui si era confrontata, ma alla fine capisce che per dare un apporto davvero incisivo deve annullarsi nel flusso e andare completamente fuori dalle regole. Finto il suicidio, darà la caccia a Garrett e, molto probabilmente, a chi verrà dopo di lui, perché per annientare qualcuno che agisce nell’invisibilità occorre diventare altrettanto invisibili.

I was just using my freedom of speech.

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationQuanti danni ha fatto e continua a fare l’uso spropositato della frase “esercito solo la mia libertà di parola e d’espressione”? La prima parte dell’episodio è tutta concentrata nel mostrare quanta leggerezza si nasconda dietro la rivendicazione di un diritto che, per il semplice fatto di essere usato a sproposito, perde gradualmente la sua consistenza. La facilità con cui si emettono sentenze e giudizi, valutando situazioni ed espressioni con pressapochismo, assume dimensioni tali da sfiorare parallelismi con i periodi più bui della storia del mondo. Quando la gente comincia a percepire che l’hashtag potrebbe anche non essere un semplice gioco, il fiume di opinioni contrastanti si gonfia ancora più di odio: se c’è chi si lascia prendere dal terrore, ce ne sono molti altri che si ergono piacevolmente a giudici supremi, quasi contenti di essere investiti della facoltà di scegliere chi deve morire. Il cancelliere balza al primo posto, incarnando tragicamente una delle piaghe di tutte le ere di depressione economica, ovvero cercare il capro espiatorio dei propri mali unicamente nell’attività della classe politica al governo, di qualsiasi bandiera o colore. Nella foga con cui ‘i colpevoli’ vengono mandati al patibolo vediamo infrangersi il concetto di giustizia, creando una macabra coincidenza tra l’avanzare del progresso tecnologico e l’arretrarsi degli schemi mentali dell’individuo.

#DeathTo

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationMa anche quando tutto era semplicemente un gioco di hashtag, l’ansia di indignazione, il bisogno di prendere parte a un dibattito contro qualcuno che ha commesso un errore, condannandolo senza remore, mostravano uno scenario in cui la limpidezza o nefandezza di una persona erano solo ed esclusivamente legati a ciò che fa parte del dibattito pubblico. Sparisce la tendenza alla contestualizzazione e ogni cosa viene osservata solo attraverso la luce di uno schermo, senza mai volgere lo sguardo verso l’altro lato della medaglia. In questo, “Hated in the Nation” instaura un parallelismo con “Nosedive”, mostrandoci come per rovinare un’esistenza non sia necessario giungere alla distopica realtà in cui la vita dipende dalla valutazione tramite stelline di gradimento, ma basti una semplice valanga di tweet. L’errore diventa una colpa, un peccato mortale che distrugge completamente la dignità e la libertà di chi lo compie, evidenziando come la libertà di pensiero sia sempre e solo accettata in termini di conformismo e a volte anche di buonismo. Per chi sbaglia non c’è nessuna possibilità di redenzione, non esiste il concetto di ‘perdono’, non vi è possibilità di riconoscere i propri errori e di potersene scusare: l’errore resterà, come una lettera scarlatta sul petto. Anche perché chi giudica non pensa mai alle conseguenze del proprio giudizio. Ammonisce chi sbaglia invitandolo a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, ma non si ferma mai a pensare alle conseguenze del proprio giudizio; ed è per questo che Garrett crea The Game of the Consequences, non per punire i colpevoli, ma per costringere i ‘giudici’ a prendersi le proprie responsabilità.

The Game of Consequences

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationCiò che inizialmente era parso come l’atto di un giustiziere supremo, sul finire dell’episodio si muta in qualcosa di ancora più orribile, oltre che più complesso e stratificato: la vera apocalisse non è nel punire chi sbaglia, ma nell’estrema rivendicazione del diritto all’errore. A complicare il tutto è il mezzo utilizzato da Garrett per la sua opera di ammonimento generale: i DIA, ovvero un dispositivo creato dall’uomo per ‘duplicare’ la natura e controllato dal governo per spiare i cittadini a scopo preventivo.
L’azione di Garrett rappresenta inoltre l’estrema evoluzione di un’altra tragica pratica che fa parte del passato del mondo: la radicalizzazione dei buoni propositi. Dal più grande esperimento fallito della Storia, ovvero il comunismo, passando per le brigate rosse o per il movimento no-global, il nostro passato è zeppo di momenti tragici in cui le rivendicazioni di un diritto si sono frantumate nell’estremismo. L’odio di Garrett è lo stesso odio che percorre ogni era, ma la semplicità con cui riesce a portare a termine il suo obiettivo senza sporcarsi le mani induce l’inquietante dubbio che l’evoluzione del mondo non sia altro che un mezzo per perpetrare ancora più agilmente i più biechi comportamenti del passato dell’uomo.

Well, that’s great, save the planet, hallelujah!

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationIl gesto compiuto da Garrett è già di per sé spaventoso, ma lo è ancora di più la facilità con cui è riuscito a portarlo a termine. Al di là delle implicazioni morali che hanno generato la fiumana di sangue, al di là del discorso sulla libertà d’opinione, sulle sue conseguenze, sull’odio, ciò che rende il tutto ancora più disturbante è la riflessione sulla proliferazione di quei mezzi che hanno permesso la realizzazione del tutto in maniera così diretta e lineare.
Se le api si estinguessero davvero, fino a che punto l’uomo potrebbe intervenire sulla natura creando un drone autonomo capace di impollinare i fiori? E i governi sono davvero interessati all’impatto ambientale o finanzieranno esperimenti del genere solo se riescono a trovarvi un tornaconto? Spiare la popolazione è veramente l’unico modo per proteggerla? Ogni volta che il progresso si spinge oltre l’immaginabile si valutano a dovere gli effetti collaterali, oppure in nome dell’evoluzione occorre accettare anche le più atroci conseguenze?
Non è facile rispondere a queste domande, così come non è facile accostarsi a questo episodio non pensando agli ultimi eventi della nostra contemporaneità, in cui l’odio da tastiera ha fatto più e più vittime. La forza maggiore della puntata sta proprio in questa eco pesante che lancia sul nostro presente, ancora senza DIA ma pieno di odio e di giudici da touch screen.
“Hated in the Nation” chiude perfettamente questa terza stagione fungendo quasi da summa di tutti quegli elementi cardine dello show, sia nelle annate precedenti che, soprattutto, in quest’ultima.

Black Mirror – 3x06 Hated in the NationQuesta è stata una stagione un po’ anomala per Black Mirror: a parte “Nosedive” con le sue distopiche estremizzazione di like e selfie, e racconti vicini in modo inquietante al nostro presente, come questo “Hated in the Nation” e “Shut Up and Dance”, ci sono state sperimentazione di genere (come l’esplorazione dell’horror in “Playtest”), incursioni nel ribaltamento (pseudo) positivo del potere della tecnologia, come nella splendida “San Junipero” – forse miglior episodio della stagione –, ed esperimenti sull’annoso dilemma morale della guerra (“Men Against Fire”). Come al solito, i molteplici argomenti proposti presentano un alto grado di approfondimento, a cui si associa una sempre ottima scrittura e messa in scena; tuttavia qua e là si riscontrano alcune imperfezioni di base, che, pur non inficiandone la qualità, rendono alcuni episodi esperimenti meno riusciti di altri. Nonostante ciò, è proprio nelle puntate più anomale e in quelle ‘imperfette’ che si intravede un nuovo corso della serie, che ci appare ancora in gran forma e pronta a rinnovarsi e a esplorare nuovi meandri dell’evoluzione dell’uomo al cospetto di quell’inarrestabile sviluppo tecnologico che lo accompagna, lo sovrasta, lo annienta o lo accarezza.

Voto episodio: 8½
Voto Stagione: 8

 

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6 commenti su “Black Mirror – 3×06 Hated in the Nation

  • Genio in bottiglia

    Per me tra i migliori episodi di Black Mirror di sempre. C’è una tale quantità di livelli di analisi nella narrazione, senza neanche il bisogno di allontanarsi più di tanto dall’esistente, da lasciare senza parole. Una stagione probabilmente meno compatta nel livello delle prime due, il passaggio a 6 episodi si è fatto sentire, ma che comunque non ha mancato di colpire nel segno.

     
  • claudio1987

    assolutamente il migliore episodio della serie, senza se e senza ma, dalla sceneggiatura all’interpretazione e alle riflessioni a cui dà adito.
    E si insinua anche nella top 5 dei migliori episodi di black mirror in generale.
    Immensa.

     
  • adrianmeis

    Si conclude così nei peggiori dei modi, con un’ora e mezza di banalità e facilonerie, la terza stagione di una delle più grosse bufale seriali degli ultimi anni. Questo episodio fa acqua da tutte le parti: trama abbozzata, dialoghi al limite della demenza, approssimazione della sceneggiatura. Alla fine dell’episodio ridevo da solo per il livello di stupidità raggiunto sul finale. Troppe falle, a partire dall’inizio, zeppo di dettagli che fanno storcere il naso. Come quello della tipa, la prima vittima, attaccata duramente dai social, insultata per strada, oggetto di polemiche anche a livello di notiziari: riceve una torta da un mittente anonimo, e che fa? La mangia!! Poi viene trovato il cadavere sgozzato e all’improvviso sembra si sia tornati indietro a prima delle commercialissime serie tv come CSI (non dico Dexter per puro affetto a una serie comunque imperfetta): cosa è successo? Dopo anni e anni la scientifica non è più in grado di capire se una donna si è sgozzata da sola o se lo ha fatto qualcun’altro? E ci si gira intorno per 20 minuti tanto per alimentare una tensione fasulla? Una potenziale vittima viene prelevata dal suo appartamento per proteggerla da una morte di cui si conoscono le modalità e non le viene dato uno scafandro da indossare o quanto meno un casco integrale o almeno dei copriorecchie e una mascherina? Per non parlare dei dialoghi riempitivi e dell’assurdità di tutta la vicenda e di come si svolge. Siamo a un livello di poco superiore (perché si salvano almeno recitazione e regia) a un b movie.
    E sono questi i difetti di tutti gli altri episodi di una serie che ho trovato deludente sin dall’inizio. Pensare che visto il primo episodio della prima stagione avevo mollato per il fastidio di essere davanti a un prodotto che prometteva grandi cose e invece si era rivelato niente di più che un leggero passatempo per adolescenti. Poi ho ricominciato a seguirla perché continuavo a sentirne parlar bene ma delusione su delusione.
    Il problema che si ripete in ogni dannato episodio è sempre lo stesso: si parte da un’idea interessante, spesso da una riflessione di carattere sociologico, per poi mandare tutto a carciofi o funghi o cetrioli. Male l’episodio dei tipi che pedalano e raccolgono punti, male quello del pupazzetto Waldo, male quello dei voti sui social, male quello delle vecchie malate. Gli altri si salvano per qualche trovata originale ma sempre male in termini di scrittura.
    Salvabili forse Bianco Natale (anche se con finale telefonatissimo), l’episodio dei pedofili (anche se poco credibile in vari passaggi), White bear (bello per il senso di spaesamento).
    In ogni caso molto lontana dalla serie innovativa e sconvolgente di cui parlano tutti. Per quanto non la ritenessi perfetta, questa serie mi fa rimpiangere American Horror story! Mi stupisce tutto questo entusiasmo.

     
    • vicfontaine

      Caro Mattia Pascal (so che puoi capire se ti rinomino così),
      grande rispetto per il tuo cinismo-da-spettatore-un-tanto-al-chilo, ma imho il tuo #deathto Black Mirror non colpisce nel segno. La serie di Charlie Brooker, pur con qualche (inevitabile) imperfezione, è una mirabile rappresentazione del profondo condizionamento che la tecnologia esercita sui comportamenti umani, e questo condizionamento – per indurci a riflettere, anche forzatamente come solo un pugno nello stomaco può fare – richiede necessariamente qualche concessione al tipico fenomeno della “sospensione dell’incredulità”. E’ il messaggio che conta, più che la sua modalità di veicolazione.
      Jo Powers mangia la torta? E perché non avrebbe dovuto? Lo ha fatto per senso di sfida, lo stesso che la motivò a scrivere quel suo discutibile articolo. Niente di banalotto, anzi del tutto coerente a livello di plot.
      Clara Meades doveva essere salvata avvolgendola in uno scafandro? Ahahahahah! Allora di sicuro avresti scritto “ma questo è BM … oppure Alias?” A proposito: hai ragione, potevano mandare anche Sydney Bristow e Michael Vaughn con il salvifico device … e già ce lo vedo Arvin Sloane che gioca con le api truccate …
      Mi dispiace, ma imho – e come me tantissimi altri – BM non è affatto deludente. Anzi. E lo stesso, nello specifico, vale pure per Odio Universale: la fiera dell’odio, l’ergersi a giudici morali della qualunque senza però doverne affrontare le conseguenze, la negazione dell’errore in capo ai leoni da tastiera, lo schermo del pc/smartphone che disumanizza e dissolve l’empatia del face-to-face ecc. sono tutti temi magistralmente affrontati nella trama dell’episodio e nel messaggio che lo spettatore riceve attraverso il proprio spirito critico. E trovo anche pienamente giustificata la inusuale durata, tanti erano i livelli di stratificazione di analisi che i temi dell’episodio suggerivano, tutti adeguatamente trattati senza scivolare affatto nel didascalismo.
      Ecchissenefrega se i detective inizialmente appaiono più imbranati di Grissom & C., se la torta doveva invece essere buttata nella spazzatura, o se hanno dimenticato lo scafandro: purtroppo i tre personaggi dovevano morire, perché questo impongono le regole del giallo – lo stile con cui lo script è stato realizzato – anche per il lettore (“più il morto è morto, meglio è! 300 pagine sono troppe per un delitto che non sia un omicidio”, statuiva S.S. Van Dine nelle sue Venti Regole). Ripeto: è il messaggio che conta, più del modo più o meno verosimile con cui il plot lo trasmette.
      Saluti.

       
  • alessandro

    #deathto adrianmeis… A parte tutto, mi sa che abbiamo visto cose differenti… Ottimo episodio. Temi attuali come l’estinzione delle api, la violenza verbale che su internet sembra non avere freno e il colpo di scena finale. Intrattenimento intelligente, a fine episodio fa sempre riflettere. Ottima serie.

     
    • adrianmeis

      ahahah alessandro mi è piaciuto il tuo #deathto. Sì, credo di essere una voce fuori dal coro ma ritengo che, sebbene l’intento sia quello di un intrattenimento intelligente, il risultato tra il didascalico e il superficiale ne inficia l’efficacia. Però, ovvio, meglio questo che 7th Heaven XD