
Anne with an E è l’ennesimo adattamento di Anna dai Capelli Rossi, romanzo amatissimo di Lucy Maud Montgomery ma soprattutto riferimento culturale comune a tanti venti-trentenni italiani di oggi: nella versione del popolare anime anni ‘70, questa ragazzina petulante con la passione per le maniche a sbuffo ha accompagnato i pomeriggi di un’intera generazione ormai cresciuta (e con un abbonamento Netflix).
Nel lunghissimo pilot (circa 90 minuti!) ritroviamo i passaggi essenziali della storia che conosciamo un po’ tutti, ma con un approccio più moderno e qualche libertà. Anche stavolta i due fratelli Malissa e Matthew Cuthbert decidono di adottare un ragazzo per aiutarli nella gestione della loro fattoria sulla canadese Isola del Principe Edoardo, ma, a causa di un disguido, l’orfanotrofio gli affida una ragazza gracile e chiacchierona di nome Anne. Quest’ultima si porta dietro un bagaglio di maltrattamenti e solitudine che sta probabilmente alla base delle sue continue (e irritanti) fantasticherie, l’unico mezzo per sfuggire ad una realtà desolante che cerca in tutti i modi di romanticizzare. Spiazzati ma anche inteneriti dalla personalità e dal comportamento eccentrico della nuova arrivata, Malissa e Matthew devono quindi decidere se tenerla con loro o rispedirla all’orfanotrofio.

Questa scelta non va vista necessariamente come un tradimento del testo originale per adattarsi in maniera furbetta ai trend del momento. Dare una lettura più moderna (o comunque diversa) del classico da cui è tratto non è forse ciò che tutti ci aspettiamo da un adattamento – specie se l’ultimo di una lunga serie? Il problema di Anne with an E, come sottolinea anche il pezzo di Marissa Martinelli per Slate, è piuttosto che non riesce a dare profondità e sostanza a questo esperimento. La prima ora e mezza della serie, infatti, tenta disperatamente di avvicinarsi alla complessità di prodotti contemporanei più sofisticati ma rimane invece in una specie di limbo – sospesa tra il mood tipico da adattamento di romanzo ottocentesco e la voglia di sperimentare caratteristica di ben altri show – che alla lunga risulta anche abbastanza noioso. Osare con la crudezza di alcuni segmenti non basta a rendere un racconto più “vero”: le caratterizzazioni riuscite sono spesso costruite in maniera estremamente sottile, non certo sbattendo in faccia allo spettatore i traumi dei personaggi. Lo stesso si può dire per il tentativo di far passare Anne per una piccola icona femminista praticamente fin da subito, finendo per calcare un po’ la mano con dialoghi fin troppo didascalici.

Qual è il verdetto, dunque? In un mare di nuove serie, e soprattutto in un mese così ricco come questo maggio 2017, Anne with an E può anche essere un piacevole passatempo – se siete amanti del genere – ma di certo non una novità imperdibile. Un prodotto per certi versi molto ambizioso ma che riesce a rispondere alle aspettative soltanto fino a un certo punto e che nonostante la volontà di essere il più moderno possibile, a tratti si dimostra piuttosto antiquato.
Voto: 6
