A un anno esatto dall’uscita nelle sale italiane de L’Ascesa di Skywalker, si è conclusa su Disney+ la seconda stagione di The Mandalorian. Se Episodio IX aveva creato una vera e propria scissione nella comunità di Star Wars, “The Rescue” è riuscito nell’impresa di riunire il fandom in una dimostrazione di amore e apprezzamento quasi totale come non si vedeva da tantissimo tempo – su IMDb la puntata ha un impressionante 9.9.
Che Favreau e Filoni avessero i favori del pubblico era cosa ben nota, ma con l’incredibile lavoro di costruzione e preparazione fatto nell’arco della stagione e culminato in questa puntata hanno superato ogni più rosea aspettativa. In otto episodi, The Mandalorian ha aperto le porte a tre progetti Disney+ creando dei collegamenti con le serie animate e i libri, ma ha soprattutto approfondito e rafforzato il cuore del racconto, il rapporto tra Din e Grogu, la vera chiave del successo dello show. Per ogni apparizione di Ahsoka o Boba Fett, c’è sempre una scena che ci ricorda chi sono i protagonisti del racconto e qual è la posta in gioco.
Un’altra costante della stagione è stata l’incredibile qualità delle sequenze d’azione e da questo punto di vista “The Rescue” mette in scena alcuni dei momenti più epici della serie grazie alla regia di Peyton Reed, che torna dietro alla macchina da presa dopo “The Passenger”. Oltre alla splendida avanzata di Cara, Bo-Katan, Koska Reeves e Fennec e lo scontro tra Mando e il dark trooper, vediamo finalmente il tanto atteso duello a colpi di darksaber e lancia in beskar con protagonisti Din e Moff Gideon. Era dalla fine di “The Jedi” che questa possibilità era nell’aria, e la serie non ha deluso regalando un momento che riprende la classica iconografia della saga degli scontri con le spade laser, declinandola in una versione più umana e non tra force user, ma non per questo meno esaltante.
Il momento che però resterà più impresso nel cuore dei fan è senza ombra di dubbio l’ingresso in scena di Luke Skywalker. La sequenza è girata intelligentemente dal punto di vista dei nostri eroi che, a parte Bo-Katan, non hanno mai visto un Jedi in azione e vivono l’arrivo della figura incappucciata come se fossero di fronte a qualche divinità oscura, tant’è che Cara non è per niente convinta quando Mando dice di aprire la porta. Luke si fa strada tra i dark trooper in una scena che visivamente ricorda due momenti legati a Darth Vader: il finale di Rogue One e lo sterminio dei leader separatisti su Mustafar ne La Vendetta dei Sith. È un ottimo modo per rappresentare il Luke di questo periodo, una figura mitica ed estremamente sicura di sé che non ha problemi a usare tecniche del lato oscuro della Forza, come vediamo durante l’uccisione dell’ultimo dark trooper o, molto prima, ne Il Ritorno dello Jedi con il Force choke.
Non si può però negare un leggero effetto straniante nel momento in cui Luke si toglie il cappuccio: per quanto dettagliato sia il lavoro della ILM nel ricreare il volto del personaggio – Mark Hamill era presente sul set –, si rivive la stessa sensazione avuta con Tarkin e Leia in Rogue One. Questo però non sminuisce minimamente l’incredibile lavoro fatto dal dipartimento degli effetti visivi nell’arco di questa stagione, e nonostante l’effetto uncanny valley, è innegabile che l’arrivo di Luke sia un momento memorabile dall’enorme impatto emotivo.
Negli ultimi anni, soprattutto quando si parla di Star Wars, il termine fan service ha assunto un significato negativo, visto come un’operazione volta soltanto a stimolare l’effetto nostalgia senza però dare peso all’effettivo valore narrativo della scelta, ma l’apparizione di Luke ci mostra l’altro lato della medaglia. Sì, c’è sicuramente l’effetto nostalgia – dopotutto è uno dei personaggi più importanti della saga –, ma allo stesso tempo si tratta di un ingresso in scena che è il frutto di qualcosa che è stato intelligentemente piantato già alla fine della quinta puntata e centrale nella missione della stagione, dato che l’obiettivo di Din è sempre stato quello di portare Grogu da un Jedi.
La grandezza di The Mandalorian e la sua capacità di saper esistere anche senza il supporto di fattori esterni emerge durante il saluto tra Mando e Grogu, una scena straziante e ricca di emozione, risultato dello splendido lavoro fatto sui due protagonisti – sorvoliamo sul fatto che Baby Yoda sembri dimenticarsi immediatamente di Din non appena appare R2-D2. Abbiamo passato sedici puntate a vedere la crescita del loro rapporto e come questo abbia spinto Din verso un cammino evolutivo. Togliersi l’elmo era qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa, ma l’incredibile affetto per la piccola creatura verde – qualcosa che proviamo tutti – ha portato Mando a mettere in discussione le sue convinzioni nel Credo e, soprattutto, ad aprirsi emotivamente verso qualcun altro, dopo aver rivisto in Grogu molta della sofferenza che ha vissuto in prima persona da bambino. L’evoluzione di Mando è trasmessa anche attraverso la musica, che negli ultimi attimi passa dal sound più moderno a cui ci ha abituato Ludwig Göransson a una versione più orchestrata che ricorda i componimenti di John Williams, come a voler indicare che Mando è riuscito finalmente a trovare un po’ di pace e risoluzione.
Nonostante l’arco narrativo legato a Din e Grogu sia – momentaneamente – finito, ci sono ancora tantissimi filoni narrativi aperti che verranno esplorati anche all’esterno dei confini di The Mandalorian. L’esempio più lampante è ovviamente la scena post-credit in cui vediamo Boba e Fennec sedersi sul trono di Bib Fortuna nel palazzo di Jabba e che ci introduce a The Book of Boba Fett, una nuova serie (la terza) ambientata durante la timeline di The Mandalorian. Per ora è stato rivelato che lo show avrà come produttori esecutivi il duo magico composto da Dave Filoni e Jon Favreau più Robert Rodriguez, regista dell’episodio “The Tragedy” che ha di fatto riunito Boba Fett alla sua armatura, mentre della trama non si sa ancora nulla; è probabile che esplorerà le avventure del figlio di Jango insieme a Fennec nel mondo criminale di Star Wars.
Per quanto riguarda The Mandalorian, il futuro della serie mostrerà quasi sicuramente Din mentre cerca di riunire il suo popolo, una missione che assume un’importanza maggiore ora che impugna la darksaber. Lo farà probabilmente con Bo-Katan al suo fianco, e sarà interessante vedere come risolveranno il conflitto che si è creato ora che Mando è il legittimo erede al trono di Mandalore. Nella quarta stagione di Rebels, Bo-Katan è entrata in possesso della darksaber dopo che le è stata consegnata da Sabine Wren, una dinamica che ricorda quanto visto con Din che le offre l’arma e che spiega il rifiuto della donna. Sappiamo che Mandalore e il suo popolo sono stati quasi spazzati via dopo gli eventi della serie animata, ed è probabile che Bo-Katan si senta responsabile in quanto è entrata in possesso della darksaber non attraverso un combattimento; il che, almeno da lei, può essere visto come la causa del fallimento che ne è seguito. Qualunque sia la via che prenderanno, The Mandalorian ha ancora tantissimo da raccontare.
Rimane aperta anche la questione Moff Gideon, che difficilmente resterà prigioniero per molto; dopotutto lui stesso dice di sapere sempre quello che accade e, nonostante l’inaspettato arrivo di Luke abbia sicuramente scombussolato i suoi piani, troverà il modo di tornare in scena. Uno degli aspetti più interessanti legati all’imperiale è quello che riguarda il sangue di Grogu: grazie a tutti gli indizi disseminati nel corso degli episodi riguardo alla clonazione, è evidente che questi sforzi siano anche diretti verso Exegol e tutto quello che concerne Palpatine. Moff Gideon usa la parola “ordine” con una certa enfasi – così come aveva fatto Valin Hess nel precedente episodio –, un rimando non troppo velato a ciò che emergerà dalle ceneri dell’Impero. Quello che a molti potrebbe non piacere è l’idea che in Snoke e forse nello stesso clone di Palpatine ci sia un po’ di DNA di Grogu. Si tratta di una semplice supposizione, ma considerando quanto visto finora, sappiamo che Favreau e Filoni troveranno il modo migliore per spiegare il tutto.
È da La Minaccia Fantasma che la comunità di Star Wars è in guerra con sé stessa, più preoccupata a combattere quello che odia che, per citare Rose Tico, salvare quello che ama. The Mandalorian ci ricorda le infinite possibilità della “galassia lontana, lontana” e tutto l’amore che ne può derivare, una serie che offre esattamente tutto quello che un fan potrebbe desiderare e lo fa accogliendo tantissimi nuovi spettatori che non sono necessariamente legati al franchise. Nel 1977 difficilmente si poteva immaginare che il film di George Lucas avrebbe dato vita a un universo multimediale così ampio, e con una decina di progetti all’orizzonte destinati alla TV, si aprono ora le porte a un racconto interconnesso capace di eguagliare il tanto ambito lavoro fatto dai Marvel Studios. Fino ad allora, non ci resta che goderci e gioire per quanto visto in queste puntate perché, dank farrik, Favreau e Filoni hanno creato qualcosa di davvero memorabile.
Voto 2×08: 10
Voto Stagione: 9
Si respira una purezza primordiale pazzesca in questa serie! Dopo le ultime due trilogie a loro modo stonate, c’era davvero il bisogno di un ritorno alle origini, a quell’incredibile progetto portato avanti con tanta passione e pochi soldi da George Lucas nel 1977. C’è più amore e rispetto in un singolo episodio di The Mandalorian che in tutta la trilogia più recente e personalmente mi unisco al coro di chi vuole la testa della Kennedy e consegnare l’intera galassia di Star Wars a Favreau.
Ciao Boba. Sarei molto curioso di sapere quali sono state le varie vicissitudini produttive che hanno colpito soprattutto Solo e The Rise of Skywalker, magari in una versione di The Star Wars Archives dedicata ai sequel – anche se temo che difficilmente la Disney renderà pubbliche alcune cose. Detto questo, spezzo una lancia a favore di The Last Jedi che reputo un film fantastico che ha avuto il coraggio di provare a rinnovare la saga onorando allo stesso tempo quello che c’è stato prima. Poi so che per molti non è così, ma anche in un film come Episodio IX bisogna riconoscere che non è stata la mancanza di amore la causa dei problemi ma la paura di rendere scontento il fandom. Un universo narrativo come Star Wars ha sicuramente bisogno di una o più figure come Kevine Feige alla guida che non ha paura di sperimentare, e come dici tu, Favreau – con al suo fianco Dave Filoni – sarebbe la soluzione migliore. Personalmente sarei felicissimo se Rian Johnson avesse la possibilità di realizzare la sua trilogia, ma ormai credo che non accadrà più.
Molto più probabile che ce lo racconti un Chris Taylor piuttosto che la Disney! Come sarebbe interessante analizzare questo preferire tutto quel che ci riporta emotivamente e stilisticamente al primo film (poi diventato Episode IV) piuttosto che accogliere con la dovuta curiosità i tentativi evolutivi. Forse è una questione di imprinting: ricordo perfettamente tutto di quel 24 Ottobre del ’77, il cinema dove lo vidi, l’amico che mi accompagnò e visto che entrai a spettacolo iniziato (si poteva), quel primo fotogramma! Da allora tante aspettative e tante delusioni, con delle inaspettate eccezioni come Rogue One e appunto The Mandalorian che intendiamoci, non è priva di difetti (mi duole dirlo, non mi fa impazzire Esposito), ma che mi ha regalato davvero tanta gioia.
Intervengo per una domanda che mi preme, MA COME NON TI FA IMPAZZIRE ESPOSITO? Ma nel ruolo o come attore?
Dicci dicci di più! A me piace un sacco!
Federica Giancarlo Esposito è immenso, per me è e sempre sarà Gus, ma (sottolineavo con un “mi duole”) nei panni di Moff Gideon sembra impacciato…
Ah pensavo “mi duole” per gli altri a cui piace 😅 A me piace sempre molto, sicuramente il ruolo di Gus è inarrivabile ma qui non l’ho trovato impacciato, anzi! Però son gusti ☺️
aaaaah se ne è valsa la pena guardare The Mandalorian!!!