
La miniserie è liberamente ispirata al periodo Sengoku, la turbolenta ‘era degli stati belligeranti’ durata dal XV al XVII secolo e culminata nella battaglia di Sekigahara con la vittoria e l’ascesa al potere del clan Tokugawa, guidato dall’astuto Tokugawa Ieyasu. Proprio allo shogun Ieyasu è ispirato uno dei protagonisti del romanzo e dello show, l’ambizioso Yoshii Toranaga, mentre John Blackthorne è ispirato a William Addams, conosciuto in Giappone come Miura Anjin, giunto nell’arcipelago come uno dei pochi sopravvissuti di una missione protestante e rimasto come consigliere personale di Tokugawa durante il periodo più delicato del conflitto per lo shogunato. Questo sfondo storico è l’ossatura di una storia multiforme e sfaccettata, che da basi solide ci dona un racconto tragico, umano, dove il contatto fra due culture si lega e si lacera e si rinsalda di nuovo, oltre le barriere linguistiche. Il sottotitolare i dialoghi in giapponese, entrando a fondo anche negli archi narrativi dei personaggi nativi, si rivela una scelta vincente e non perde il valore di ‘shock’ culturale dell’adattamento originale, ma lo bilancia nel valorizzare lo sviluppo dei personaggi in entrambe le parti con picchi memorabili, come l’arco narrativo di lady Mariko.

La storia è all’apparenza molto semplice: la morte del taikō lascia il potere dell’Impero in mano a cinque potenti daimyō in qualità di reggenti in attesa che il figlio raggiunga la maggiore età. Toranaga Yoshii è il più potente fra loro e il più vicino al defunto reggente e questo lo rende un avversario pericoloso per gli altri quattro, che tentano di condannarlo a morte usando il potere di cui il concilio di reggenti è stato insignito. Sin dal primo episodio si nota l’asimmetria fra la ferrea marzialità giapponese e le feroci ambizioni di un samurai diviso fra l’onore e l’orgoglio, la sua gente e il suo disegno. Toranaga si muove in bilico in quell’incapacità di conciliare la sua apparenza da grande guerriero onorevole con le sue trame più oscure, che hanno come obiettivo molto più della semplice sopravvivenza. Al suo seguito troviamo l’eterno doppiogiochista Kashigi Yabushige, la figura tragica del figlio Nagakado che non riuscirà mai a capire come essere all’altezza del padre e altre ancora; le loro storie sono così ben scritte che lo show sembra realmente solo una frazione di vite ben più lunghe; Blackthorne può solo indovinare il passato di tutti gli uomini e le donne che incontra. Il marinaio inglese attraversa una completa metamorfosi; da cercare di salvarsi la vita dalle lame dei ‘barbari’ che lui considera nemici a dividere cibo, battaglie, speranze e fedeltà con loro, al tentativo di seppuku in “Chapter Ten: A Dream of a Dream” per proteggere quella gente che tanto odiava, chiamando sé stesso ‘nemico’ più volte in una lingua che prima non conosceva.

Lady Ochiba è una sopravvissuta di una realtà spietata in qualità di consorte del taikō e nella sua lunga esperienza a corte ha imparato come tessere i suoi intrighi sia per assicurare la salvezza del regno e della sua discendenza, sia per cercare di convincere un’amica a non prendere la strada più dura per onorare la fedeltà al proprio signore.
Infine, Lady Mariko è già fra le candidate a personaggio migliore di questo anno seriale ed è forse la vera protagonista di questa miniserie. Questa donna misteriosa è la traduttrice di Blackthorne, del volere di Toranaga, capace di estrarre e filtrare i sentimenti che le persone attorno a lei stringono al petto, con la stessa abilità con cui custodisce con fermezza il suo passato, i suoi desideri, i suoi struggimenti.

E questi sono solo alcuni dei memorabili personaggi che si possono menzionare, oltre le cortigiane di “The Willow World”, il prete portoghese Padre Martin Alvito e persino l’antagonista, Lord Ishido.
Infine, è il caso di menzionare le atmosfere di Shogun. Avendo conquistato il pubblico con i suoi personaggi, la seconda metà della stagione infittisce gli intrighi in un conto alla rovescia per la realizzazione o meno della delicata operazione “Crimson Sky”, che verrà messa in atto nella maniera più crudele e ingegnosa possibile. Un senso costante di destino ineluttabile avvolge i protagonisti e gli antagonisti in egual misura, in una marcia verso il proprio fato che ognuno combatte, abbraccia, affronta in tanti modi diversi, ma sempre con toccante umanità. E la corona spetta indubbiamente all’episodio “Chapter Nine: Crimson Sky” dove converge ognuno dei numerosi pregi dello show per un episodio davvero indimenticabile.
In definitiva, Shogun è una sorpresa nel panorama seriale; una bellissima miniserie con una propria identità, personaggi memorabili e una storia capace di lasciare il segno. Se si è appassionati di storia giapponese o anche completamente neofiti del genere, questo show è ugualmente consigliatissimo.
Voto: 9

Merita una seconda e immediata visione per due ragioni: per la bellezza (oserei dire magnificenza) del racconto dalle molte sfaccettature e per fissare meglio i dialoghi sottotitolati, soprattutto quelli sulle strategie di guerra, di pace, di vita, di morte, che sono il fulcro della storia. Ho trovato molto interessante anche il rapporto fra gli uomini e la loro terra irrequieta, con il rispetto e l’umile consapevolezza da parte dei primi di essere precari, costantemente in balìa degli eventi naturali.