
Le prime due puntate ci introducono al personaggio di Kaʻiana (Momoa), un alto capo e guerriero hawaiano che, deluso dalla violenza del potere, decide di abbandonare il proprio ruolo di Chief of War. Tornato nella sua terra dopo anni di assenza, spera in una riconciliazione ma si ritrova invischiato in dinamiche politiche ancora più violente di prima. Tradito, assiste impotente al massacro di innocenti, e da lì prende avvio un percorso che lo porterà a essere nuovamente coinvolto in una guerra che non desidera, ma dalla quale non può fuggire. Le puntate mescolano storia e mito, spiritualità e azione, con una particolare enfasi sulle profezie che guidano i personaggi: Kaʻiana stesso è infatti visto come la figura chiave per la futura unificazione delle isole.
Accanto a lui si muovono altri personaggi centrali, tra cui Kaʻahumanu, interpretata da Luciane Buchanan, figura femminile dal buon potenziale, destinata anch’essa a cambiare il destino del suo popolo. Temuera Morrison (The Book of Boba Fett) dà corpo e voce a Kahekili, re potente e spietato, che incarna il volto della guerra senza scrupoli. I rapporti tra questi personaggi, tutti ispirati a figure realmente esistite, sono fin da subito animati da tradimenti, alleanze e scelte morali difficili, che promettono interessanti sviluppi nel corso della stagione. Il cast, inoltre, è in gran parte composto da interpreti polinesiani, e questo rafforza ulteriormente l’autenticità del racconto.

Anche la ricostruzione storica è di alto livello. Abiti, armi, cerimonie e oggetti quotidiani sono stati ricreati con cura filologica, grazie alla collaborazione di artigiani, storici, linguisti e custodi culturali hawaiani. Il lavoro di ricerca ha infine coinvolto anche la colonna sonora dello show, firmata da Hans Zimmer insieme a musicisti hawaiani, che vede l’utilizzo di strumenti musicali tradizionali. Le riprese si sono svolte tra Hawaii e Nuova Zelanda, sfruttando paesaggi naturali mozzafiato che danno respiro cinematografico alla serie. Le scene d’azione, numerose già nei primi episodi ma mai gratuite, sono girate con una regia solida ed efficace, che valorizza la fisicità degli attori, in particolare quella del protagonista, senza tirarsi indietro quando si tratta di mostrare gli aspetti più cruenti della guerra.
Dal punto di vista tematico, Chief of War mette infatti in scena la guerra e la sopraffazione non solo come eventi storici, ma come questioni morali e spirituali. Kaʻiana è un protagonista lacerato: è stato Chief of War, ha visto la violenza da vicino e ora vorrebbe allontanarsene, ma la profezia, le alleanze politiche e il destino della sua gente lo costringono a confrontarsi ancora una volta con la guerra. Questo conflitto interiore è forse il vero cuore della serie: non c’è glorificazione della battaglia, ma una riflessione profonda sul potere, sull’identità, sulla possibilità o meno di cambiare il proprio ruolo.

Naturalmente, non tutto è perfetto. Il primo episodio è piuttosto denso e fatica a ingranare: tra introduzione di personaggi, contesto politico e riferimenti culturali poco noti al pubblico occidentale, lo spettatore può sentirsi spaesato. Ma è uno spaesamento produttivo perchè, una volta messe in posizione tutte le pedine sulla scacchiera, la narrazione prende ritmo e coinvolge sempre di più. Il secondo episodio, più fluido, si chiude con un cliffhanger efficace che lascia il desiderio di proseguire.
Chief of War, almeno nei primi due episodi, si dimostra un progetto solido e curato, che sceglie consapevolmente di affrontare temi complessi e poco esplorati. L’approccio è rigoroso sia sul piano estetico che culturale, e il risultato è una serie perfetta per tutti gli appassionati di racconti storici dal taglio epico e, aggiungiamo, dal punto di vista inedito.
Voto 1×01: 7
Voto 1×02: 7 ½
