Boardwalk Empire – 3×08 The Pony 7


Boardwalk Empire - 3x08 The PonyCi sono degli episodi di Boardwalk Emipire in cui gli autori si mettono in testa di realizzare quell’ora di televisione che nel bilancio stagionale non si dimentica, che lascia stupiti. Quest’anno sta capitando spesso e se poi ci sono Terrence Winter alla sceneggiatura e Tim Van Patten alla regia è difficile che si giri in tondo.

Questa volta il botto lo hanno fatto realmente, nel vero senso della parola, ma ci arriveremo dopo.

C’è un fantasma che aleggia su tutta la stagione ed è quello di Jimmy Darmody, che in questo episodio conosce momenti di deflagrazione di altissima intensità. Già nella precedente puntata, Gillian, in una scena di invidiabile fascino e crudeltà, aveva riportato in vita (narrativamente e metaforicamente) il proprio figlio, per poi ucciderlo annegandolo in una vasca da bagno dopo averlo sedato con dell’eroina. Questa volta, dopo l’agghiacciante scena d’apertura del funerale, è il momento di gettare le maschere, di farla finita con le recite e di assistere al faccia a faccia tra la old lady e Nucky, impreziosito da dialoghi eccellenti, fatti di battute difficili da dimenticare come “You exist in this town because I allowed you to” pronunciata da Nucky. Gillian non è una di quelle che possono essere rigirate così facilmente, è stata la moglie e l’amante del Commodoro, e infatti la sua vendetta non tarderà ad arrivare e sarà di quelle esplosive.

Boardwalk Empire - 3x08 The PonyMargaret, dal canto suo, sta cercando a tentoni di costruirsi un’identità che prescinda sempre più dalla figura di Nucky. Ha smesso i panni della moglie, così come quelli della casalinga, per indossare quelli della donna di potere, a cui è più difficile dir di no, una figura che neanche lei è esattamente certa di poter ricoprire, ma che ad oggi le sembra l’unica via per una seppur limitata rinascita. Ciò che fa per le donne di Atlantic City, la sua battaglia verso l’emancipazione femminile e per l’educazione sessuale, non è altro che un esorcismo del proprio percorso, il tentativo di “istituzionalizzare” una lotta che è prima di tutto individuale, intima, ma che trova in questa sua esteriorizzazione, celata sotto i panni della donna matura e sicura di sé, le basi solide per non crollare. A conferma di ciò, vi è la relazione altalenante ma di discreta intensità che ha con Owen, attraverso la quale scopriamo che, ancora prima delle sue inesperte e timide colleghe di club, è proprio lei quella a cui serve un diaframma.

Boardwalk Empire - 3x08 The PonyAltro segmento di grande interesse è quello che ruota attorno alla figura del fu Van Alden, ormai sotto falsa identità, in fuga dalle autorità e in compagnia di una donna che sembra essere sempre più la sua perfetta metà. Rifugiatisi a Cicero, quartiere di Chicago, i due vivono del nuovo lavoro di lui (fa il venditore porta a porta), al quale si aggiunge la produzione artigianale di whisky per la criminalità organizzata. La personalità di Van Alden è nota agli spettatori di Boardwalk Empire sin dall’inizio della serie e anche in questo frangente non si smentisce: da sempre, egli è costretto alla repressione di ogni emozione da un ego che interpreta ogni cosa come una missione castrante, che sia la religione o il lavoro, ed è spesso incline all’esplosione umorale istintiva, inarrestabile, irrazionale. In questo episodio si assiste proprio ad una di queste esplosioni, tra le più belle a dire il vero, dove il Nostro, dopo essere stato preso in giro in tutti i modi dai suoi colleghi, pianta un ferro da stiro bollente sulla faccia di uno di questi e distrugge l’intero ufficio, detonando quella violenza feroce che da sempre lo contraddistingue.

La sua compagna è altrettanto squilibrata e sogna una sorta di romantica storia tra amore e banditismo – tra l’altro sono anche gli anni in cui iniziano a ricoprire le prime pagine dei giornali Bonnie e Clyde.

Boardwalk Empire - 3x08 The PonyTra i tanti personaggi della serie, quello che vive la condizione più precaria è proprio Nucky, in bilico tra una famiglia ormai in frantumi, un “lavoro” che non riesce più a dominare come una volta e un cuore che non sa che pesci prendere. La donna che gliel’ha rapito, Billie Kent, ha capito benissimo come trattarlo, ha chiaro in testa che la strategia migliore è farsi desiderare e prenderlo per il suo enorme ego, come dimostra la battuta “I just want you to be my gangster” che fa cadere Nucky in un brodo di giuggiole.

Più in generale, questo episodio ha la sua forza nel lavoro che fa sul doppio, vera grande figura ricorrente. Si comincia infatti all’inizio con il primo piano di Arrow, caratterizzato dalla sua “doppia” faccia. Del resto, doppia è anche la morte di Jimmy, quella reale prima e quella simulata dalla madre dopo, così come altrettanto duplice è l’attenzione alla genitorialità, quella della bellissima Gretchen Mol e quella di Nucky, padre putativo di Jimmy. Sono doppi i bambini di Margaret, a cui la donna regala il pony che dà il titolo all’episodio; due sono i diaframmi che lei cerca di ottenere, uno per la signora Shearer e uno per se stessa; due sono i lavori di Van Alden, quello ufficiale e quello segreto. Infine, doppia è anche l’identità di Nucky, quella pubblica e quella che riserva a Billie, dalla quale, per l’appunto, si fa chiamare Gus.

In conclusione, possiamo dire che gli autori confezionano un’altra perla, chiusa ancora una volta dall’esplosione (in tutti i sensi) generata da Rosetti, il quale, guidato da Gillian, attenta alla vita di Nucky, facendo fuori, però, soltanto Billie.

Voto: 9

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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7 commenti su “Boardwalk Empire – 3×08 The Pony

  • Namaste

    “Se tu esisti in questa citta è grazie a me!” è Scorsese al 100%, lo dice testuale testuale Joe Pesci/Nicky Santoro a Robert De Niro/Sam Rothstein in quel capolavoro sulla doppiezza sacro/profano che è “Casinò”.

    Mio primo messaggio su questo sito che lurko da un po’ e quindi devo scusarmi con tutti voi, splendidi recensori, per la mia pigrizia. Per abitudine o per indolenza siamo abituati a commentare di là… dove si raggiungono i 100 e passa commenti ma… non sempre i numeri o la popolarità ci dicono tutto sul vero stato della critica televisiva in Italia. Ci sono i contenuti e il pensiero di scrive le recensioni, e poi, molto più importante di questi, c’è anche il tipo di confronto che il recensore riesce ad instaurare con i suoi lettori sulla base dei commenti che riceve. E’ questo che io chiamo “recensire” davvero una serie e nell’esercizio di questa sua doppia funzione, Seriangolo, dimostra davvero di non avere rivali.

    Grazie per il tempo che dedicate a questa nostra passione in comune, grazie per la squisitezza che ogni volta dimostrate nel confronto col lettore. Grazie per tutte quelle volte che non ho detto grazie. Grazie di cuore.

    Ah, la recensione era ovviamente ineccepibile, lo dico di qua perchè di là… pare che BE sia diventata “robetta” su cui non è il caso di scrivere.

    Pochi ma buoni.

    Continuate così.

     
  • Attilio Palmieri L'autore dell'articolo

    Non sempre i numeri e la popolarità dicono tutto. Si cerca di parlare ci ciò che interessa, di ciò che ci piace, di ciò che offre un’asimmetria, uno scarto alla norma.
    A volte si centra il bersaglio, altre volte no, ma senza pregiudizi, senza arroganza di sorta.
    Grazie per gli apprezzamenti, ma soprattutto grazie per lo spunto scorsesiano. Nulla di più vero, non solo perché il buon Martin è produttore esecutivo e regista di quello splendido pilot che ha aperto la serie, ma perché l’imprinting su cui poggiano le fondamenta è di chiaro stampo scorsesiano e la figura di Nucky, con la sua ritrattistica pubblica e privata pesca tantissimo dalla filmografia dell’autore di Good Fellas.
    Quanto a BE, io personalmente ne sono un sostenitore sin dall’origine, quasi un militante, ma in maniera più razionale sono convinto che la prima stagione sia stata quella in cui si tracciava il cammino sull’onda della poetica socorsesiana da un lato e la quality à la Mad Men dall’altro; nella seconda si sia tentato di proseguire questa strategia facendo parlare per primi i personaggi, con tanto di finale coraggioso e ad effetto; ma è in questa terza, e l’ho scritto più volte, che BE riesce a liberarsi dalle costrizioni del passato e poter rilasciare tutta la sua forza, poter dar spazio all’emersione dell’universo narrativo che in questi anno ha costruito. Sono convinto che, in parole povere, questa stagione sia la migliore, che il tessuto narrativo che la sorregge sia quello più solido, scevro dagli obblighi o dalle predeterminazione che le precedenti stagioni portavano in seno.
    Lunga vita a Terrence Winter (e a Gretchen Mol)

     
  • Namaste

    Non solo la “poetica scorsesiana” – DUE delle mie parole preferite in assoluto (vedi mio indirizzo di posta elettronica…) – e la poetica weineriana (e sappiamo tutti che, prima di “Mad Men”, Matthew Weiner si stava “facendo le ossa” come produttore esecutivo e sceneggiatore delle ultime DUE stagioni de “I Soprano”, vincendo anche DUE Emmy, 2004 e 2007, per la sceneggiatura di due dei migliori episodi della serie), ma anche poetica winteriana (altri DUE Emmy personali) e soprattutto poetica decesariana – là dove per Davide De Cesare intendiano naturalmente David Chase (sempre DUE Emmy!), la vera mente creativa della serie da cui BE attinge a piene mani.

    Molto Scorsese e molto Sergio Leone (gli anni del proibizionismo di “C’era una volta in America”) per quanto riguarda l’immaginario cinematografico, ma anche Mad Men e soprattutto molto Sopranos per quanto riguarda i riferimenti televisivi. Se guardiamo alle dinamiche tra i protagonisti di BE ci accorgiamo infatti che I Soprano sono praticamente dovunque, anche in questa stagione (il rapporto malato, senza virgolette, tra Gillian e suo figlio, fa al pari in TV solo con quello altrettanto conflittuale tra Tony e donna Livia ne “I Soprano”, e sappiamo che David Chase non ha continuato a spingere su questo punto solo perchè l’attrice che interpretava la madre di Tony era morta nella stagione numero DUE); e che cos’è il rapporto tra Nucky e Jimmy (che sappiamo Winter non ha potuto approfondire, solo perchè Michael Pitt lascia alla fine della stagione numero DUE), se non una riproposizione di quello già esistente ne “I Soprano” tra Tony e suo cugino/nipote Christopher? Margaret/Carmela, il fiscio scemo di Tony e quello scemo (per quanto acquisito) di Nucky, Furio e Owen, Billie e Irina, Rosetti e Richie Aprile, il fratello di Nucky e la sorella di Tony, potrei continuare all’infinito con i parallelismi ma ovviamente mi fermo qui. Questo solo per dire che BE non è altro che un Soprano più raffinato, del resto è pur sempre ambientato negli anni ’20, non c’è ancora la psicoanalisi e il Bada Bing è solo un bordello un po’ più per bene.

    Quello che mi sembra manchi a questo punto a BE, perchè possa diventare davvero grande, al pari del suo predecessore televisivo, è solo quel concetto di redenzione, dell’espiazione della propria colpa, che rimane il principale marchio di fabbrica della poetica scorsesiana. Ecco, quando anche Nucky sarà disposto a fare un po’ di autoanalisi e di autocritica su se stesso, potremo guardare alla sua storia come ad un valido esempio di alto gangsterismo televisivo.

     
  • Attilio Palmieri L'autore dell'articolo

    Leone e Scorsese, soprattutto Scorsese, con papà Cassavetes a guardare, a fare da riferimento principale.
    Winter e Weiner, anche loro con un padre artistico importante, e un apprendistato che pochi altri hanno avuto la fortuna di fare. Se ti fai le ossa in una delle serie più importanti della storia della tv qualcosa alla fine la impari. Poi i due hanno dimostrato che scarsi non erano e le due emittenti hanno fatto il resto.
    Centri perfettamente il punto quando individui I Soprano e Mad Men come riferimenti principali. Dal punto di vista narrativo non sto a ripetere quello che hai detto tu, tutto ciò che c’è in Boardwalk Empire c’era nei Soprano e i parallelismi che hai fatto sono perfetti. Non credo che questo sminuisca la serie di Winter, ma piuttosto dia l’idea del valore di quella di Chase. I Soprano, con tutte le stagioni che lo compongono, è riuscita, un po’ come The Wire su un altro versante, a creare un vero e proprio paradigma di riferimento, da cui è inevitabile pescare e lo sarà sempre.
    Quanto a Mad Men, io sono convinto che si possa fare un discorso simile sul piano estetico. La AMC con questa serie ha spostato l’asticella della Quality Tv. Spesso si è scritto che l’emittente si comporta da canale premium pur non essendolo. Questo è vero, ma a differenza di altri credo sia il suo più grande pregio. Il tipo di messa in scena che Mad Men ha introdotto, il lavoro sul profilmico, sulla scenografia, sui costumi, ma anche dal punto più strettamente filmico l’uso del dettaglio l’attenzione alle superfici, ha stabilito un paradigma estetico di qualità estremamente riconoscibile, che Boardwalk Empire dimostra di tenere in considerazione.

    Sul futuro e gli sviluppi non saprei. L’esempio di Sons of Anarchy per me è indicativo: dopo la seconda stagione avevo un’idea completamente diversa rispetto ad oggi che siamo alla quinta. Se il progetto BE ha un respiro in grado di coprire 5-6 stagioni di alto livello, allora c’è tutto lo spazio per la “caduta” di Nucky e per una fase maggiormente crepuscolare.
    Ma ad oggi, queste solo solo supposizioni.

     
  • Namaste

    Recensire ma anche ri-recensire, questo è proprio quello che intendevo prima, parlando di quella che dovrebbe essere (ma che spesso non è) la doppia funzione della critica televisiva: puntuale analisi della puntata a cui segue un confronto civile tra il critico e il lettore, scaturibile in nuovi spunti di riflessione che danno anche agli altri la possibilità d’intervenire nella discussione della quale si avvantaggiano tutti.

    Parlando, per esempio, della poetica weineriana e non avendo in mente altri possibili parallelelismi, sì, mi riferivo ovviamente soprattutto all’estetica weineriana, riassumibile in quella ricercata raffinatezza di ogni singolo aspetto creativo (dalla sceneggiatura alla scenografia a tutto il resto), che rendono l’esperienza televisiva di BE, come del resto di MM e in misura minore anche de I Soprano, del tutto simile a quella cinematografica. Ecco perché quando guardiamo un episodio delle serie sopra citate, è in fondo come se vedessimo ogni volta un piccolo film: un piacere per il cuore, per la mente, per la pancia e perchè no, anche per gli occhi.

    Bello anche il riferimento a Cassavettes, mi era del tutto sfuggito!

     
  • Francesco

    Salve a tutti! Sono un fan di Boardwalk Empire, vi leggo in pratica da quando è iniziata la serie ma non ho mai scritto su Seriangolo. Prima di tutto devo farvi i miei complimenti, guardare questo capolavoro e poi leggerne i vostri interessantissimi articoli è un double pleasure!
    Per entrare nella questione, avete già detto tutto voi, e sono d’accordo con Namaste sul tema della redenzione “assente” in Boardwalk Empire. Ho letto qualche articolo/commento proprio su questo “di là” (che tristezza…): non ci sarebbe più gusto a guardare BE se questo è popolato soltanto da carogne.
    Non è proprio così, ovviamente, eppure qualche perplessità c’è. Anche le visioni di Nucky di Jimmy bambino in Bone For Tuna non sembrano avere un carattere espiatorio, e appaiono quasi staccate da tutto il resto. Influenzano il modus operandi di Nucky, e alla fine dell’episodio in questione lo facevano crollare nella frase “I thought I was alone”, eppure non mi pare che lui abbia dei veri e propri rimorsi. Così, l’omicidio a sangue freddo (gelido) del ragazzo in Blue Bell Boy sembra quasi una conferma dell’attraversamento del punto di non ritorno.
    Eppure…
    Ecco che se ci si sofferma un po’ sui dettagli, vengono fuori quelle reazioni emotive, quelle esplosioni di normalità, (per non dire umanità) che i personaggi continuano a tenere nascoste dentro sè stessi: Nucky che spara a Jimmy più per zittirlo che per ucciderlo (cercando di salvarsi in calcio d’angolo con la frase “I am not seeking forgiveness” – davvero sincera?), Van Alden che finalmente reagisce, Margaret che cede alla pulsione sessuale.
    Una bella donna per intrigarci deve sembrare perfetta e covare sotto la cenere imperfezioni (se fosse imperfetta alla luce del sole non ci attirerebbe). Con BE è la stessa cosa.
    Oltre alle ingombranti figure di Winter, Buscemi, Scorsese e i loro padri ispiratori, a mio avviso un altro membro chiave dello straordinario staff di questa splendida opera è Tim Van Patten. I suoi episodi dal punto di vista registico si distinguono sugli altri (la differenza tra un episodio diretto da Van Patten e uno diretto da un Brian Kirk è palese).
    Last but not least: a molti sembra non piacere il fatto che BE cerchi continuamente di riallacciarsi alla Storia vera e vissuta di parte dei suoi personaggi e degli USA. A me invece pare un pregio, a patto che non ci siano compromessi ed argomenti trattati con superficialità dagli autori solo per rispettare la timeline (ma non mi sembra questo il caso). Perchè diciamocelo: documentarsi sui veri Johnson, Luciano, Rothstein, Capone, Bugsy Siegel, Harry Daugherty, cercare di immaginare le loro motivazioni così come vengono dipinte in BE, scoprire che alcuni personaggi sono stati dipinti su figure realmente esistite, provoca un piacere tutto particolare. Mi piace pensare che Johnson ad esempio avesse lo stesso tipo di rapporto conflittuale con suo fratello (sempre che lo avesse).