La semplice presenza di Bryan Cranston nella doppia veste di produttore ed attore è talmente foriera di hype da rendere assolutamente giustificabile la visione di Sneaky Pete, prodotto targato Amazon, che, dal canto suo, dimostra di essere ben più dell’ottima interpretazione dell’ex cuoco di metanfetamine.
La produzione di Sneaky Pete ha dovuto scontare una serie di vicissitudini che hanno ritardato la messa in onda effettiva. Tale differimento, l’ampio lasso di tempo intercorso tra il pilot e i restanti nove episodi e il cambio di rete (da CBS ad Amazon) hanno, verosimilmente, comportato un cambio di target rendendo macroscopiche le differenze tra la prima puntata e le successive.
A partire da “Safe”, infatti, quello che si era configurato come un classico procedurale con un occhio di riguardo alla trama orizzontale muta definitivamente la propria pelle trasformandosi in un unico e coerente racconto di quasi otto ore.
Nonostante il subitaneo cambio di rotta, il materiale di partenza (quello fornito dal pilot) ha reso la transizione traumatica con l’effetto di dividere in due l’intera narrazione: una prima parte che paga i difetti iniziali nel tentativo di disancorarsi dalle proprie premesse ed una seconda più organica e libera di raccontare la propria storia senza i vincoli temporali imposti dalla trama verticale. Il passaggio dalla classica narrativa procedurale – in cui Marius/Pete avrebbe sfruttato le proprie esperienze pregresse per risolvere il “caso” settimanale (The Mentalist, Castle) – ad un racconto più moderno ha permesso ai personaggi di assumere una posizione più rilevante.
Il protagonista interpretato da Ribisi ha fondato la propria interpretazione su una recitazione istintiva, molto legata all’espressività facciale e alla capacità di improvvisazione, caratteristica che rende efficacemente l’ambiguità di Marius Josipovic.
Martindale e Gerety, ben coadiuvati da Ireland, McRae e Barer, si producono, a loro volta, in prestazioni di rilievo, riuscendo nell’arduo compito di donare umanità ed imprevedibilità ai personaggi affrancandoli dalla schiavitù dello stereotipo. A far da motore e da collante è Vince, interpretato da Bryan Cranston, un villain da antologia con una caratterizzazione quasi cartoonesca nella sua sfacciataggine. È nell’abilità dell’attore nel passeggiare sul sottile ciglio che separa un’ottima prova dall’overinterpretation che si cela lo spirito dell’intera serie, più volte in procinto di esagerare ed uscire dal seminato ma sempre in grado di inserire questi inciampi nel contesto generale.
Sneaky Pete è tutto fuorché una novità dal momento che si iscrive in un registro fittissimo, soprattutto a livello cinematografico (solo negli ultimi anni si possono enumerare Catch Me If You Can, 21, Blackjack e American Hustle).
Da questi precedenti trae ispirazione riuscendo a costruire un mondo piacevolmente peculiare e studiato a misura dei protagonisti. L’ambientazione, un misto di location cittadine e ruralità, permette di separare i due contesti e le tematiche ad essi legate anche a livello geografico. Da una parte abbiamo i due coniugi Bernhardt, portatori dei tradizionali valori della famiglia e della loro degenerazione: Otto è disposto al sacrificio definitivo e Audrey non si fa scrupoli ad oltrepassare il confine dell’illegalità se ci sono a repentaglio i legami di sangue e le persone amate. Dall’altra parte troviamo l’hybris, la tracotanza incarnata da Vince, ex poliziotto e paradigma della corruzione cittadina. Nel mezzo, intento nell’ardua lotta per la sopravvivenza e per salvaguardare i propri interessi, c’è Marius/Pete in cui le caratteristiche del dualismo città-campagna di gusto catoniano si compenetrano creando un uomo ambiguo, ambivalente e pericoloso.
A partire da “Sam”, probabilmente l’episodio più debole del lotto, eccezion fatta per il pilot, le vicende che soverchiano Pete e la “sua famiglia” si fanno sempre più frenetiche e vorticose, raggiungendo il climax con la coppia “The Roll Over”, il migliore della serie, e “The Turn”. Se la risoluzione della parte di intreccio ambientata in Connecticut è drammaticamente efficace nel giocare con la tensione (da sottolineare l’intrusione del detective Winslow con tanto di citazione a The Night of The Hunter) richiamando, per ambientazioni ed ineluttabilità degli eventi, la poetica di Fargo (l’origine teutonica della famiglia Bernhardt sembra sottolineare questo accostamento), lo stesso non si può dire per la parte di vicenda riguardante Vince. Il peccato di hybris dell’ex poliziotto che sottovaluta i propri nemici è talmente evidente da rendere prevedibile, ma non per questo meno godibile, la truffa ai suoi danni.
Nel corso degli episodi il dualismo fra New York e Bridgeport si attenua, venendo lentamente ma costantemente eroso. Le differenze tra Pete e la famiglia Bernhardt si assottigliano, spariscono e la sequenza finale, inserita forse a sproposito, interferisce con un percorso che sembrava aver raggiunto il proprio compimento. Audrey ha infatti perso ogni diffidenza nei confronti di Pete, percependone la metamorfosi e ne ha legittimato la posizione accettandolo ufficialmente all’interno della famiglia. Una seconda stagione con personaggi che hanno esaurito il proprio potenziale sembra un triste tentativo di continuare un progetto che ha già avuto una degna conclusione.
Il difetto principale di Sneaky Pete è quello costituito dall’episodio pilota e dalle difficoltà che ne sono scaturite. Lo show non è un capolavoro e la marcatissima differenza tra le due metà rende l’approccio alla serie piuttosto complicato. Proseguendo la visione il livello si innalza notevolmente senza però riuscire a liberarsi in modo definitivo da quel sentore di già visto e da un’endemica mancanza di incisività. Si tratta, in ogni caso, di difetti che non pregiudicano più di tanto la riuscita di un prodotto che può vantare la presenza di temi classici (la dimensione tragica della famiglia, la vendetta, i confini etici) affrontati in un contesto narrativo efficace e piacevole.
Le riserve sulla già annunciata seconda annata non possono inficiare il giudizio su una serie che ha sconvolto le aspettative superando di molto quelle che parevano essere le proprie potenzialità.
Voto: 7+
Bene!Mi ero fermato al pilot con qualche riserva sul proseguire la visione o meno. Direi che hai fugato i miei dubbi, vedrò di recuperarla al più presto!