The Handmaid’s Tale – Stagione 4 1


The Handmaid's Tale - Stagione 4Uno e trino è il Signore, direbbero a Gilead. Una e trina è questa quarta stagione di The Handmaid’s Tale, diremmo noi. Già, perché la narrazione mai come quest’anno è stata suddivisa in maniera così decisa, con tre parti ben distinguibili tra loro che hanno un po’ mescolato le “solite” carte di questa serie, con un filo che più rosso di così non si può: quello della vendetta.

La prima ipotetica parte in cui sono suddivise queste nuove dieci puntate – e diciamo fin da subito che il ritorno alle origini di lunghezza stagionale non può che avere giovato al prodotto – possiamo definirla quella della quiete prima della tempesta, ovvero un nascondiglio sicuro dove leccarsi le ferite prima e decidere come contrattaccare poi.
La scelta di inserire nel racconto una giovanissima moglie di un decrepito Comandante è già una delle decisioni azzeccate di questa nuova stagione: non solo ovviamente per il contrasto che ancora una volta sottolinea quanta ipocrisia stia dietro al credo di Gilead, ma soprattutto perché comincia la trasformazione in dea assetata di sangue di June Osborne. Avere come specchio una così giovane donna che fiammeggia dagli occhi la sua voglia di vendetta fa scattare dentro qualcosa dentro June, che forse si era sopito sotto una coltre di stanchezza e di senso di sconfitta che si stavano depositando sull’animo di una delle Ancelle più combattive di tutte. Il vedere questo sacro fuoco, la rabbia con cui la ragazzina deve convivere e la sete di vendetta che la animano rimette in moto June e fa da miccia al tema principale di questa annata: fin dove è giusto spingersi nel cercare conforto in una vendetta violenta e dove diventa violenza fine a se stessa?

The Handmaid's Tale - Stagione 4La seconda parte del racconto è sicuramente quella più action, più avvincente, ed è quella che potremmo definire della Resistenza: Chicago come orizzonte da raggiungere, un confine verso la libertà, in uno scenario post-apocalittico che ha sicuramente intrigato gli spettatori.
In questa parte viene cementato il rapporto che c’è tra June e Janine, un rapporto quasi tra sorelle dove la prima tenta in tutti i modi di proteggere l’altra ma nello stesso tempo non riesce a farne a meno, perché Janine rappresenta ancora quel lato quasi bambinesco e spensierato che inevitabilmente si perde nell’età adulta, figurarsi in un contesto del genere. Janine è l’altro modo di affrontare una tragedia: può sembrare un po’ stupida, ma la ragazza non lo è affatto; quello che le riesce è estraniarsi il più possibile dal contesto, vedere in ogni cosa che le succede un lato che quasi tutti gli altri non vedono. È per questo che Janine completa in modo evidente June, ed è per questo che la sequenza del bombardamento su Chicago e la successiva divisione delle due spalanca la porta dell’essere vendicatore che è dentro June, tenuto sopito fin troppo, quasi come se la sola presenza di Janine – e l’importanza di preservarle la vita – tenesse a guinzaglio questo mostro che ora, dopo il salvataggio e la traversata salvifica del Lago Michigan, è libero di fare ciò che ritiene più opportuno. E che soprattutto sente benissimo l’odore del sangue.

The Handmaid's Tale - Stagione 4La terza e ultima parte ha il vero e proprio sapore dell’epilogo di queste prime quattro stagioni, perché chiude un capitolo gigante della storia e lo fa in modo coerente con quanto è stato fatto vedere in questa annata.
Tutta la parte che si svolge in Canada è infatti la chiusura del cerchio aperta con il pilot, un destino per le parti in causa che fino a qualche puntata fa sembrava non potesse mai verificarsi: i Waterford sul banco degli imputati e June come testimone d’accusa. Gli autori sono stati bravi a rendere la protagonista via via sempre più arrabbiata, sempre più vendicativa – importante in questo senso la sequenza nella fattoria ad inizio stagione, quando viene giustiziato uno dei soldati di Gilead dalla furia cieca di un gruppo di donne – per farla arrivare qui al punto di rottura, ad un punto di non ritorno che lei sembra bramare e che quelli che stanno attorno a lei non capiscono, perché non hanno vissuto in prima persona tutto quello che abbiamo visto.
Il gruppo delle sopravvissute e l’inserimento del pentimento di una Zia sono il prologo di quanto vedremo nel finale, soprattutto la reazione di Emily alla notizia del suicidio della pentita: quel suo “sto benissimo” accompagnato da un sorriso soddisfatto è il perfetto ribaltamento dei personaggi – soprattutto quelli femminili – a cui ci siamo affezionati.
È questo forse il vero lascito della stagione, una questione morale già ampiamente dibattuta in altri show ma che qui rende ancora meglio per la crudezza con cui molte sequenze sono state messe in scena, specie quelle delle violenze sia fisiche che psicologiche sulle donne: fino a dove ci si può spingere nella vendetta? È sempre giustificata la violenza in risposta alla violenza?
L’immagine fugace di Waterford impiccato nel bosco è sicuramente lo screen più bello e pregno di significato dell’intera stagione, insieme alla sequenza in cui June abbraccia sua figlia ancora sporca di sangue: è questa la vera essenza di The Handmaid’s Tale; la crudezza con cui affronta determinate scene è la cifra stilistica perfetta di questa serie, che ogni tanto si era persa, mentre è tornata prepotente in questa quarta stagione che, come detto, chiude un capitolo gigantesco della storia per aprirne uno totalmente nuovo e imprevedibile.

The Handmaid's Tale - Stagione 4La stagione è anche da segnalare per le doti da regista di Elizabeth Moss, che specie negli episodi con più violenza fisica e psicologica si dimostra assolutamente in grado di tenere testa a registi più esperti; una bella sorpresa che potrebbe portarla a un nuovo capitolo della sua già brillante carriera.
Tutto sommato sono state poche anche le sequenze in cui June e le sue compagne di viaggio andavano incontro a una fortuna sfacciata: la serie è stata spesso criticata in passato per questi particolari che inficiavano un po’ la bontà del racconto. Per fortuna in questa annata di situazioni del genere se ne possono contare poche, rendendo il tutto più fluido e soprattutto credibile.
The Handmaid’s Tale è quindi tornata sugli ottimi livelli della prima stagione, giocando ancora di più sulla tensione e sul dispiegamento in alcuni casi sorprendente degli eventi: per questo la quinta stagione, vista fino a qualche mese fa come di troppo, potrebbe essere l’inizio di un nuovo modo di raccontare questa storia.

Voto: 7+

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Informazioni su Ste Porta

Guardo tutto quello che c'è di guardabile e spesso anche quello che non lo è. Sogno di trovare un orso polare su un'isola tropicale.


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Un commento su “The Handmaid’s Tale – Stagione 4

  • Marcornc

    THT è diventata la mia serie trash. Sono spariti quasi del tutto i momenti in cui mi sento estasiato per quello che vedo mentre ad ogni puntata capita qualche bestemmia per quello che vedo o per come si sviluppa la trama.
    Eppure vado avanti a vederla, perchè vabbè la curiosità di vedere dove si va a parare e tanta (spero vivamente che il tutto si chiuda con la quinta stagione)…
    Sia ben chiaro, mi è piaciutissima fino agli ultimi 15 minuti dell’ultimo episodio della seconda stagione… La decisione di June di non andarsene da Gilead per me è stato il “salto dello squalo” di THT. Una cosa senza senso alla quale ha portato una terza ed una quarta stagione piena di situazioni inspiegabili e che non c’entrano niente rispetto alle prime due stagioni (ivi compresa la scena finale di questa quarta stagione).
    E’ un peccato, perchè a mio avviso si è buttato al vento un grande soggetto, una grande fotografia, una selezione musicale sempre vibrante, che alla fine è ciò che mi spinge ad andare avanti a guardare la serie perchè è indubbio che molte cose sono fatte davvero bene… Ma oramai THT è un’accozzaglia di cose costruite intorno al personaggio di Elizabeth Moss per farla passare per l’eroina che può tutto e che può farsi gioco di tre nazioni e diversi uomini (a tratti sembra quasi una nuova eroina Marvel)