StartUp – Luci e ombre di hi-tech e criptovalute


In un contesStartUp - Luci e ombre di hi-tech e criptovaluteto affollato di nuove produzioni seriali, StartUp spicca tra le tante per il tema e l’argomento trattati. La serie, ideata da Ben Ketai per Crackle (un servizio on demand offerto dalla Sony Pictures Entertainment) nel 2016 e da quest’anno disponibile su Netflix, parla infatti di blockchain e criptovalute o più semplicemente di Bitcoin. Ketai ha affermato di aver ideato la serie con la volontà di indagare la parte meno nota della comunità hi-tech e delle start-up, due realtà di cui in Italia si parla pochissimo ma che stanno acquisendo sempre più potere e importanza nel resto del mondo. 

La storia è ambientata a Miami e cerca di mostrare le diverse sfaccettature, ambienti e classi sociali di una città che ha un rapporto complesso con la corruzione finanziaria, come viene affermato anche da uno dei personaggi principali Phil Rask (Martin Freeman, Sherlock) in una delle prime puntate. Freeman interpreta per l’appunto un’agente dell’FBI corrotto che fin da subito porta alla narrazione una sfumatura inquietante e ansiogena, dando l’impressione di essere sempre sull’orlo di un precipizio o di una crisi psicotica. Phil Rask, seguendo la scia del denaro sporco, incrocia il suo percorso con altri tre protagonisti e si dimostra fin da subito una controversa personalità e uno scaltro antagonista. Nell’altra faccia della medaglia si presentano gli altri tre protagonisti che, apparentemente, sembrano non avere nulla a che fare l’uno con l’altro: un banchiere con alle spalle un padre corrotto (Adam Brody, The OC), una giovane e talentuosa informatica in cerca di finanziatori (Otmara Marrero) e un gangster di Little Haiti (Edi Gathegi).

StartUp - Luci e ombre di hi-tech e criptovaluteNick, Izzy e Ronald – questi rispettivamente i nomi dei loro personaggi – si riuniranno a seguito di una serie di circostanze e inizieranno a lavorare insieme alla realizzazione di un progetto ambizioso, un tentativo di allontanarsi dalla loro vita per costruirne una migliore. Nasce così la start-up che porterà questa serie ad avere tre stagioni ricche di colpi di scena, luci ma soprattutto ombre del capitalismo americano e una spiegazione, approssimativa ma comprensibile, del funzionamento e dell’utilità della moneta virtuale. Un punto che è necessario mettere in risalto di questo progetto seriale è sicuramente la bravura indiscussa di tutti i quattro attori protagonisti, sottolineando una nota d’eccellenza, che a lungo andare supera le altre, per Martin Freeman. La sua capacità interpretativa, caratterizzata soprattutto da gesti e espressioni facciali, riesce a rendere dinamiche anche scene più distese e piani sequenza.  

Per quanto sia infatti una serie incentrata sulla frenetica criminalità finanziaria di Miami, StartUp ha un’occhio introspettivo, che si concentra molto sulle sensazioni e i percorsi dei singoli rallentando la trama generale. Questo è a volte un aspetto positivo, grazie soprattutto alla già citata bravura del suo cast, ma in altri casi un difetto perché, soprattutto all’inizio, si ha l’impressione che gli avvenimenti importanti che permettono alla storia di ingranare si facciano un po’ attendere e la situazione inizi a muoversi solo alla fine del terzo episodio. 

L’aspetto più criticato della serie, e che effettivamente rende le tre stagioni meno realistiche e più difficili da digerire, è invece l’eccessiva ostentazione della violenza, la rappresentazione di una Miami che non è prettamente criminale ma è solo criminale; via via che scorrono le puntate, infatti, viene naturale chiedersi se ci sia davvero la necessità di mettere in scena inquadrature colme di sangue, con vittime uccise un po’ troppo a cuor leggero. Non è assolutamente una delle serie più crude presenti sul mercato ultimamente, ma, mentre in altri casi si ha la sensazione che sia un procedimento imprescindibile per il tema che si sta trattando, in questo caso sarebbe forse stata preferibile una violenza sottile, più mentale ed elaborata, legata alla corsa al denaro, rispetto a uno scontro fra gang.

Superata questaStartUp - Luci e ombre di hi-tech e criptovalute doverosa critica, l’idea che questa serie sia complessivamente valida e degna di più di uno sguardo distratto rimane, perché ci porta all’interno di un mondo narrativo che, a prescindere dai risvolti di trama, riesce a non rendere mai i suoi protagonisti banali e prevedibili. Al contrario i tre startupper e l’agente dell’FBI danno l’impressione che in qualsiasi mondo narrativo fossero stati posizionati, anche separati l’uno dall’altro, avrebbero intrapreso un’evoluzione che li avrebbe portati ad affrontare i loro lati oscuri più profondi. 

Per concludere, all’interno di questo progetto troviamo anche un nome italiano, per la precisione romano, famoso però a Hollywood per aver prodotto film come 300, Dal tramonto all’alba e Silence di Martin Scorsese. Gianni Nunnari, classe ’59, vive da anni negli USA e si è cimentato per la prima volta con la produzione di una serie tv con StartUp. La produzione ha avuto un budget consistente, riuscendo a ricostruire slum e ad affittare alcune delle più belle costruzioni e ville della città; la fotografia e la regia ne hanno beneficiato, con una messa a fuoco attenta soprattutto ai primi piani che si lasciano alle spalle le luci e la vita di questa Miami che vive ininterrottamente di giorno e di notte. 

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