
In realtà a voler essere onesti già lo scorso anno siamo stati graziati da un adattamento televisivo tratto da un’opera videoludica di ottima fattura, capace di unire pubblico e critica in un’acclamazione condivisa. Si fa riferimento alla sorprendente Arcane, serie animata di Netflix tratta dalla serie di videogiochi League of Legends, a sua volta derivata dall’universo narrativo di Warcraft; è necessario però fare delle precisazioni e delle distinzioni rispetto al discorso che si faceva poc’anzi.
Intanto Arcane è un adattamento molto libero rispetto al materiale di partenza: è stato ampiamente sottolineato come la grandissima libertà di trasposizione che si sono presi gli autori nel trasformare l’universo videoludico in un’ambientazione che funzionasse in una serie televisiva sia stata una scommessa vinta, ma pur sempre una deviazione significativa che fa sì che Arcane si discosti moltissimo da League of Legends, narrativamente parlando. In secondo luogo parliamo di una serie animata, il che rappresenta uno stile completamente diverso – e sotto alcuni aspetti più comodo, sebbene tecnicamente molto complesso – rispetto a uno show live action come invece è Halo. Per questi motivi possiamo notare sì una successione di intenti – entrambi gli show vogliono cavalcare il successo del videogioco da cui sono tratti e utilizzarlo come trampolino per allargare il proprio pubblico – ma non una vera derivazione dell’uno dall’altro. Inoltre questo è ancora più vero se andiamo a scoprire il travaglio produttivo che ha attraversato la nuova serie di Paramount+.

Il risultato, fortunatamente, è molto meno tragico di quanto si potesse pensare. Halo, la serie, è ambientata nel XXVI secolo, esattamente nel 2552, un futuro in cui la razza umana ha colonizzato l’universo; l’UNSC (United Nations Space Command) ha tuttavia diramato un allarme per le colonie sui primi avvistamenti di una razza aliena ostile, i Covenant. Queste creature attaccano e uccidono senza pietà: per combatterle il governo ha creato dei soldati potenziati, il programma Spartan, ovvero persone private dei propri ricordi e dotate di tute futuristiche in grado di affrontare ad armi pari i temibili alieni. Il protagonista della storia è uno dei migliori Spartan a disposizione dell’UNSC, John-117 detto Master Chief interpretato da Pablo Schreiber, che tuttavia, dopo essere entrato in contatto durante una missione con un artefatto alieno, comincerà ad avere ricordi del suo passato e riacquisirà una moralità sopita, che inizierà a fargli mettere in discussione gli ordini più controversi dei suoi generali.

La prima battaglia omaggia chiaramente diverse situazioni tipiche del videogioco grazie ad alcune intuizioni registiche interessanti di Bathurst, anche se queste vengono purtroppo appiattite da una computer grafica decisamente insufficiente per una produzione di questo tipo. Queste intuizioni si concretizzano per esempio nelle visuali dei caschi degli Spartan appena entrano in battaglia, viste in prima persona come la prospettiva di chi gioca ad Halo, oppure con le scene di sparatorie tra i personaggi che si riparano dietro le protezioni offerte dalla “mappa”, in questo caso le macerie del villaggio di coloni sul pianeta Madrigal.
Al fianco della parte puramente action, però, Halo necessita di costruire una trama e lo fa in modo un po’ rocambolesco e confuso, dimostrando alcuni strascichi di quel disordine produttivo di cui si parlava. I personaggi, infatti, sono calati dall’alto in una storia che li vede sin da subito compiere scelte e azioni di cui lo spettatore non può capire il senso, poiché non li conosce; quello che manca è un canale introduttivo adeguato alle dinamiche che regolano il mondo di Halo. Master Chief, per esempio, a livello caratteriale subisce sin da subito una trasformazione, senza che ci sia un preambolo al suo personaggio: chi era prima di toccare l’artefatto? Perché gli Spartan non hanno ricordi delle loro famiglie? Quella che sembra mancare è un’introduzione al worldbuilding e alla mitologia che presuppone la serie; questa mancanza è evidente anche per quanto riguarda il conflitto nascente con i Covenant, o rispetto alla composizione e alle ambizioni politiche dell’UNSC – che in “Contact” vediamo rappresentato in pochissimi personaggi, come l’Ammiraglio Parangosky o la dottoressa Halsey, anche questi tratteggiati molto superficialmente.

L’adattamento televisivo di Halo si presenta come una serie action con ben poche pretese per il grande pubblico ma che spera di catturare lo spirito del videogioco e di accontentare i suoi fan nonostante le scelte artistiche che deviano dal materiale originale. La fantascienza è solo un pretesto per mettere in scena spettacolari quanto cruente scene d’azione e combattimenti tra superuomini e alieni, mentre la trama deve raddrizzare il tiro ed espandere il proprio orizzonte per poter reggere per tutta la stagione: il risultato al momento è uno show mediocre ma capace di intrattenere.
Voto: 6½
