
Ispirata all’omonimo libro di Gregory David Roberts, Shantaram racconta le vicende di Lindsay (Charlie Hunnam, di ritorno sul piccolo schermo dopo Sons of Anarchy), ex-eroinomane che scappa di prigione e, armato di passaporto falso, si dirige nella Bombay degli anni ’80: lì incontrerà Prabaker (un ottimo Shubham Saraf), che diventerà il suo primo amico sul posto. La narrazione si apre in medias res, con la fuga dalla prigione che viene presentata quasi come un dato di fatto, ma le motivazioni sulla scelta dell’India come luogo di rifugio arrivano solo in un secondo momento.
I due elementi che fin da subito hanno delineato il progetto – un libro di successo che fornisce una solida base per la trama, un attore conosciuto che faccia da traino per gli spettatori – sembravano essere indicatori di un’ottima riuscita della stagione. Nonostante le premesse, i primi quattro episodi ci dimostrano in egual misura quante occasioni perse ci siano state, e quante potenzialità una storia dal respiro così ampio potesse avere.
Nel caso specifico della serie, è evidente fin dal pilot che qualcosa non ha funzionato nell’ equilibrio tra vicende narrate, personaggi da presentare e sceneggiatura (nella maggior parte dei casi fiacca e poco ispirata). Nel tentativo di presentare al meglio una storia così sfaccettata, e volendo creare un pilot che riuscisse a convincere lo spettatore a guardare subito l’episodio successivo, si è perso di vista un elemento fondamentale: definire lo stile della serie, andando a creare un equilibrio nelle vicende tale da rendere ogni episodio più scorrevole. Venendo a mancare questo elemento, anche la lunghezza degli episodi risulta eccessiva e paga il prezzo di alcune scelte sbagliate.
Il pilot della serie risulta caratterizzato da un elevato grado di disorganizzazione: situazioni ed elementi, tra passato e presente, si mescolano a una velocità più che sostenuta, lasciando lo spettatore in balia di quanto viene mostrato, senza alcuna possibilità di riuscire a contestualizzare l’agire dei protagonisti. Nonostante ciò, la trama presentata è efficace e le performance del primo episodio – non solo di Charlie Hunnam ma anche dei comprimari – riescono a rendere interessante quanto mostrato. Tuttavia, gli errori del primo episodio si perpetuano anche nei successivi, in particolare nel secondo: “Down and Out”, che pure è caratterizzato da un’elevata mole di eventi, non riesce tuttavia ad essere incisivo, arrivando a sembrare un contenitore dalla patina perfetta, ricco di storyline intricate, ma vuoto nella sostanza.

Shantaram è un prodotto che dà l’idea di non aver trovato la sua strada né un’identità precisa: gli elementi che cerca di perseguire sono più che evidenti – quali il tema della ricerca di sé, dell’esplorazione del protagonista in primis, e di quanto avviene attorno a lui -, ma non sempre ottengono l’attenzione che meriterebbero.
Come serie, Shantaram non riesce a rispondere a una domanda fondamentale, la cui risposta potrebbe definirla tanto come dimenticabile, quanto come vero e proprio capolavoro: si tratta del viaggio dell’eroe (e della sua redenzione), di una serie action con qualche punta introspettiva, oppure di un prodotto da seguire per gli intrighi, e per la rappresentazione di una realtà diversa da quella a cui il pubblico occidentale è abituato?
Senza riuscire a decidere la strategia da adottare, e con una scrittura e un ritmo fin troppo ondivaghi in questi primi quattro episodi, Shantaram non riesce a lasciare il segno – nonostante ne abbia tutte le potenzialità. I prossimi episodi serviranno proprio a capire se i semi lasciati riusciranno a fiorire debitamente, o se la serie è destinata a mantenersi nella sufficienza a cui i primi episodi l’hanno relegata; una bella produzione sorretta da un ottimo cast e da un ricco materiale di partenza – non basta solo questo, però, a fare la differenza.
Per capire un po’ più nel dettaglio come questi episodi non riescano a rispondere a tale domanda, segue da qui una parte della recensione dedicata a chi ha visto le puntate. Non leggete se non le avete viste e non volete rovinarvi la visione.
Alla fine dell’articolo potrete trovare le conclusioni spoiler free e i voti agli episodi.
ATTENZIONE! INIZIO SPOILER

In controtendenza con l’andamento generale, un elemento particolarmente riuscito e in perenne evoluzione è quello della scrittura del protagonista: Shantaram qui non sbaglia e presenta un personaggio tridimensionale, che si abbandona agli eccessi e agli errori, che riflette sugli stessi, e che, pur presentandosi come white savior di una comunità che non vede motivo di cambiamento – come riflettuto dallo stesso, a posteriori -, riesce a risultare accattivante e convincente. Il lento cambiamento del personaggio risulta quindi uno degli aspetti più riusciti e meglio scritti della serie; sarà interessante, dunque, cercare di capire come il lavoro svolto sul protagonista influenzerà il resto della stagione, e il ruolo dei comprimari con esso.
FINE SPOILER
Shantaram, nel complesso, presenta dei punti positivi, primo tra tutti il lavoro svolto nella creazione del personaggio principale; è sorretta da ottime performance e da una trama che fin da subito si presenta come ricca e piena di sorprese. Tuttavia, non basta solo questo a farne una serie da ricordare, e saranno solo i prossimi episodi a determinare se le fila del racconto troveranno una giusta collocazione, o se la prima impressione di caos disorganizzato sarà quella che accompagnerà l’intero progetto.
Voti:
1×01: 6½
1×02: 6
1×03: 7
1×04: 6½
