The Gold – Stagione 1


The Gold - Stagione 1Quando si parla di serialità britannica, in particolare legata all’ambito crime e investigativo, chiunque abbia sulle spalle un discreto bagaglio di serie TV pensa a una sola cosa: qualunque storia verrà trattata, in questo genere “british do it better” e negarlo sarebbe un’eresia. Le esperienze in merito sono tantissime, alcune addirittura con la prova del nove: ricordiamo tutti l’incredibile successo di Broadchurch e il fallimento del suo remake americano, Gracepoint, che tra l’altro poteva vantare David Tennant nello stesso ruolo dello show originale. Ovviamente ci sono prodotti di maggiore o minore riuscita, ma ciò che non manca mai nelle serie oltremanica è l’ottima caratterizzazione dei personaggi, da entrambe le parti della legge. La vera storia da cui è tratta The Gold aveva tutte le carte in regola per portare alta la bandiera inglese della serialità, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. 

Lo show, ideato da Neil Forsyth e diretto da Aneil Karia e Lawrence Gough, si articola in sei episodi da circa un’ora, dando l’idea sin dall’inizio di una miniserie – impressione che verrà incrinata da un finale aperto e dalle notizie di una molto probabile seconda stagione. The Gold, andata in onda a febbraio 2023 sulla BBC e disponibile da settembre su Paramount+, racconta la leggendaria storia della rapina al deposito Brink’s Mat del 1983, un evento dalle ramificazioni internazionali che cambiò la storia del crimine britannico e che ebbe conseguenze di lunghissima durata, come ci raccontano i titoli di testa del pilot. Per questo motivo non è “il colpo” a essere al centro della narrazione: al di là del legittimo stupore di chi pensava di rubare circa un milione di pound e si è ritrovato ad avere disponibili tre tonnellate di lingotti d’oro del valore di 26 milioni di pound, la rapina in sé e per sé viene risolta abbastanza facilmente, nel senso che i “six men in a van” e il loro complice all’interno del deposito vengono individuati in fretta. Ma non è quello il problema di Scotland Yard, e di conseguenza, giustamente, neanche quello della serie: l’obiettivo all’epoca fu quello di individuare l’oro e i soldi conseguenti prima che sparissero dalla circolazione, e dunque il racconto si concentra su quanto accadde dopo la rapina. Ovviamente una così alta e imprevista quantità di oro ha messo in moto un giro di persone non premeditato, arrivando a coinvolgere individui di qualunque estrazione sociale, finanche a uomini legati alla massoneria e appartenenti a qualunque ambito (polizia e giustizia tra i più presenti).

The Gold - Stagione 1Date le premesse, decidere quindi di raccontare questa vicenda sotto un profilo sociale e di lotta di classe non è stata di per sé una scelta sbagliata, anzi: siamo nel pieno del thatcherismo, un periodo in cui le disuguaglianze sociali aumentarono vistosamente e in cui più che in altre epoche crebbe l’idea di individualismo, di essere gli unici responsabili del proprio successo o del proprio fallimento. Fu proprio Margaret Thatcher a dire, quattro anni più tardi, che di fatto la società non esisteva (“There is no such thing as society”, disse riferendosi a chi lamentava un’assenza di welfare), dunque è più che logico scegliere di narrare questa incredibile storia attraverso l’analisi di tante individualità che insieme compongono un gruppo quantomai eterogeneo, con motivazioni personali differenti ma tutte convergenti verso la sola e assoluta realizzazione personale – chi per confermare la propria posizione, chi per muoversi idealmente da una classe all’altra e lasciarsi alle spalle un’origine o uno status di povertà e di mancanza di qualunque privilegio.

Il primo problema che The Gold deve affrontare deriva proprio dalla quantità sterminata di persone coinvolte in questa vicenda, da una parte e dall’altra della barricata: la scelta di introdurli quasi tutti nella prima puntata ha portato a un pilot per certi versi confuso, per altri fin troppo didascalico nel mettere in bocca ai personaggi frasi poco realistiche con la funzione di caratterizzare con rapidità ogni singola persona sullo schermo. È un dilemma non da poco quello che riguarda la gestione di cast così impegnativi, soprattutto dato che non si poteva creativamente decidere di tagliare qua e là senza influenzare di conseguenza la caratteristica più importante di questo caso: il rapidissimo aumento dei soggetti coinvolti. Ogni scelta ha un’altra faccia della medaglia di cui tenere conto, ma a questo punto risulta evidente come raccontare una vicenda così intricata (in cui le stesse persone coinvolte si ritrovano a improvvisare e a costruire alleanze a mano a mano che realizzano la difficoltà della gestione di tre tonnellate d’oro) mettendo in scena diversi anni e facendolo in soli sei episodi sia stata una decisione quantomeno discutibile.

The Gold - Stagione 1Troppo materiale e troppi personaggi in troppo poco tempo avrebbero potuto generare una serie affrettata, difficile da seguire, con buchi nella narrazione: la situazione non è così grave, stiamo pur sempre parlando di una produzione inglese. Ciò che ne emerge è un andamento piuttosto tipico rispetto al genere british, ma senza quel mordente che ha caratterizzato tante altre storie che abbiamo visto; ne risentono i personaggi, caratterizzati rapidamente da qualche backstory disseminata in giro al solo scopo di dare una costruzione che faciliti la comprensione del pubblico, ma che dà come risultato proprio la sensazione di essere lì a svolgere quella funzione e nulla più. Non si sviluppa un vero interesse per i personaggi mostrati perché non ci viene detto abbastanza su di loro o ci viene detto male; si impiega molto tempo a raccontare le famiglie di questi personaggi con il solo scopo di sottolineare ogni volta che quella a cui stiamo assistendo è una lotta di classe prima ancora che una rapina; arrivati alla terza storyline secondaria di questo tipo – contando che nel frattempo c’è un’indagine di una task force messa in piedi apposta, seguita da una vicenda giudiziaria, e tutte le singole storie che collegano le persone legate alla gestione dell’oro – si fatica davvero a tenere vivo l’interesse per quanto sta accadendo.
In questo senso, le donne che sono compagne, mogli e a volte anche alleate (mai del tutto informate) di questi criminali sono tutte in scena solo in funzione dei personaggi maschili: al di là della bravura delle attrici e di alcune davvero ottime performance, appare chiaro come il loro ruolo sia solo quello di rappresentare un ostacolo che fa vacillare temporaneamente il criminale di turno, in un modo che è con ogni evidenza scritto per ridare ancora più linfa alla convinzione del suddetto marito o compagno.
The Gold - Stagione 1Alcune di loro vendicheranno una propria indipendenza nelle ultime puntate, ma solo per lasciare il partner, offrendo così di nuovo un elemento in più per caratterizzare l’uomo (la solitudine, che poi non è che un’altra faccia dell’individualismo sopra citato) prima di scomparire senza lasciare altra traccia. Si distingue in parte da questo gruppo Jeannie Savage (Dorothy Atkinson), unica donna a essere condannata per il coinvolgimento nella gestione dei soldi derivati dai lingotti: ma non a caso è una donna di mezza età, sola e usata senza alcuno scrupolo da Kenneth Noye, che ne dirige i movimenti senza alcun interesse nei suoi confronti.

La task force guidata da Brian Boyle (Hugh Bonneville), proveniente dalle file dell’antiterrorismo di Scotland Yard, e che coinvolgerà i due detective della squadra mobile arrivata sul posto della rapina (Nicky Jennings, interpretata da Charlotte Spencer, e Tony Brightwell, interpretato da Emun Elliott) rappresenta di sicuro la sezione più riuscita. Non mancano i cali di ritmo, ma i momenti in cui si arriva a delle svolte, o quelli in cui inevitabilmente la squadra arriverà a perdere qualcuno tra i loro, sono tra le parti migliori della serie, anche per i personaggi stessi. Il rapporto tra Boyle e i due detective non sarà tra i più affascinanti della serialità, ma fa il suo lavoro discretamente, sia nella costruzione della fiducia e del rispetto reciproco, sia lavorando su una sottilissima linea ironica che si insinua di tanto in tanto, rendendo credibili le evoluzioni delle loro interazioni.
Il gruppo di delinquenti che nasce dai sei uomini iniziali, guidati da Micky McAvoy (Adam Nagaitis), si allarga a macchia d’olio, e riesce a trarre vantaggi effettivi principalmente per il cast coinvolto: attori come Jack Lowden nei panni dell’arrogante ricettatore Kenneth Noye, Dominic Cooper in quelli dell’avvocato massone Edwyn Cooper, ma anche Tom Cullen (l’esperto d’oro John Palmer) e Sean Harris (Gordon Parry) sono i veri responsabili delle parti più convincenti della serie, grazie alla loro capacità di incarnare anche fisicamente i tratti caratteriali più evidenti di questi personaggi. I dialoghi, come si diceva, spesso ricorrono a degli scambi surreali, quasi teatrali nella loro necessità di comunicare tratti chiari ed evidenti delle varie personalità, col risultato di restituire una sensazione straniante e poco convincente. A rimetterci ancora di più è la parte già di per sé meno accattivante rispetto alle indagini, ossia la sezione giudiziaria, che risulta irritante nella maggior parte dei casi, scontata negli altri.

The Gold - Stagione 1Per una serie qualunque che si basi su una storia così incredibile (“the largest robbery in world history”) dalle conseguenze così a lungo termine (i titoli di testa allertano subito la popolazione inglese, e il sospetto è che il messaggio non sia solo per loro: “Se avete comprato gioielli d’oro dal 1984 in poi, con ogni probabilità dentro si trovano tracce dei lingotti della Brink Mat”), le aspettative non potevano che essere molto alte; sapendo che si trovava tra le produzioni BBC, la qualità sembrava come sempre non un obiettivo ma un punto di partenza. Spiace constatare che queste sei puntate, a parte alcuni momenti d’eccezione, non siano riuscite nell’intento di fare tutto quello che volevano, e forse il problema è stato proprio questo: il troppo stroppia ovunque, e se sei inglese ne esce comunque un prodotto con una sua dignità, ma questa storia si meritava molto di più. La seconda stagione non è ancora stata confermata, ma, qualora dovesse esserci, c’è da sperare che il tempo venga gestito meglio, che si faccia tesoro delle costruzioni dei personaggi nel bene e nel male già avviate nella prima annata, e che l’asticella della scrittura e della regia riemergano dal livello spesso appena sufficiente di questo esordio.

Voto: 6-

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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