True Blood – 5×01 Turn! Turn! Turn! 5

Dopo una quarta stagione per certi versi deludente, True Blood torna con la sua moltitudine di pseudoumane stranezze. Tra chi pulisce, chi seppellisce e chi nasconde, è chiaro l’intento di dimenticare il passato e di offrire aria di cambiamento, che puntuale arriva per (quasi) tutti e spesso in forme decisamente inaspettate.

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Una premessa va immediatamente fatta: questa premiere è di gran lunga migliore di quella della quarta stagione, sebbene non all’altezza delle precedenti prime tre. Forse, però, sarebbe impossibile chiedere a True Blood di tornare a quei livelli, visto che ormai la serie ha sviscerato in lungo e in largo i suoi protagonisti e che ha ormai perso quel fascino misterioso offerto dalle spiritiche paludi della Louisiana, dato che Bon Temps si è trasformata in una sorta di circo di freak soprannaturali. Ciò che invece è lecito chiedere è di rinvigorire ogni anno la storia con trame interessanti e di “giocare” con i personaggi portandoli verso orizzonti inesplorati. L’anonima quarta stagione non l’aveva fatto (se non in rare occasioni), ma bisogna ammettere che questa quinta, al suo debutto, mostra potenzialità che fanno invece davvero ben sperare.

Partiamo dalla prima nota positiva di questo episodio: lo scambio delle coppie. Le dinamiche Sookie/Eric/Bill avevano ormai stancato già da un po’ di tempo, per cui dividerli collocandoli su due trame completamente differenti (con tanto di un “Fuck Sookie” a rimarcare le distanze) è già di per sé cosa buona e giusta. La coppia inedita Bill/Eric funziona poi a meraviglia, anche perché condita da un sottotesto (nemmeno troppo velato) a tinte omosessuali che ogni tanto ad Alan Ball piace infilare più o meno ovunque: le inquadrature nel portabagagli, le pulizie di casa, l’espressione quasi un po’ gelosa e infastidita di Bill all’arrivo di Nora, danno quel pizzico di malizia in più alla coppia che rende sicuramente più interessanti i due personaggi (senza poi contare che la loro storyline, quella legata all’Autorità, costituirà senza dubbio l’arco narrativo centrale dell’intera stagione).

Chi però offre i maggiori spunti e potenzialità è il quartetto Sookie/Lafayette/Tara/Pam, personaggi che abbiamo visto spesso interagire, ma che raramente si sono trovati protagonisti assieme di una stessa storyline. Innanzitutto, troviamo uno accanto all’altro due personaggi, Sookie e Lafayette, che si trovano di fronte all’incapacità di affrontare la morte: cosa si è disposti a fare pur di non far morire chi si ama? Se si ha anche una sola possibilità di tenere in vita qualcuno, è giusto coglierla al volo sebbene questo implichi trasformarla in una “vampira ritardata” e quindi non riaverla più come era prima (ogni riferimento all’eutanasia non dovrebbe essere casuale)? Quanto c’è di altruismo e quanto di egoismo nel voler salvare Tara ad ogni costo anche contro la sua volontà?

Al di là di implicazioni morali ed etiche che sicuramente non mancheranno di creare dilemmi, questa trovata di Ball indubbiamente dà nuova linfa al personaggio di Tara e le offre una nuova spalla, Pam, che con la sua ironia e il suo sarcasmo potrà tranquillamente fare da ottimo contrappunto all’eccessiva lagnosità della sua “primogenita“. A fare da ponte alle trame di Eric/Bill e Sookie/Lafayette ci sarà poi ovviamente il ritorno di Russell Edgington, qui introdotto da Alcide, ma ancora non rientrato in scena (nonostante ciò l’episodio non ne risente, e questo la dice lunga sul potenziale di questa stagione).

Inutile dire (lo si capisce fin dal titolo) che la stagione avrà come filo conduttore la trasformazione, il cambiamento radicale. Narutalmente, ciò non potrà che passare prima attraverso una discesa agli “inferi” e una lotta contro i propri demoni e i propri impulsi: così, c’è già chi si impone di porre un freno ai propri istinti (Jason con le sue “ossessioni”, Sookie con i suoi propositi omicidi), chi è costretto ad affrontare i suoi lati oscuri per altrui volontà (Tara, trasformata in ciò che più detesta, Newlin, obbligato ad accettare la sua omosessualità) e chi si rifiuta di cambiare, cedendo ai propri istinti (Jessica) o respingendo i propri demoni (Terry, con il suo passato in Iraq). Non è un caso se i due villain di stagione saranno da una parte Russell, personificazione del Male e dell’Oscuro, di ciò che è stato sepolto ma che inevitabilmente finisce prima o poi per tornare in superficie, e dall’altra l’Autorità, sorta di freudiano Super-Io, che, quasi come un regime totalitario, comanda, schiavizza, impone ordine e punisce ogni trasgressione.

Ovviamente non tutto è rosa e fiori all’interno di questa puntata, in cui c’è comunque da sottolineare la solita nota dolente dell’eccessiva frammentarietà, (perdonata qui solo in parte perché una premiere deve del resto offrire una panoramica su tutti quanti i personaggi): le storyline dello Sceriffo Bellefleur e di Sam, ad esempio, potrebbero esistere o non esistere e sarebbe più o meno la stessa cosa, dato che nessuno di questi personaggi ha più un granché da dire.

A lasciare sempre più perplessi è inoltre la presenza nella serie dei licantropi che, dopo essere serviti agli scopi di Russell nella terza stagione, non hanno più avuto molta utilità. Sebbene la loro introduzione nella serie fosse necessaria non solo per l’ispirazione letteraria, ma anche perché ormai sembra impossibile raccontare una storia di vampiri senza che siano presenti pure i lupi mannari, le storie che li riguardano sono quanto di più superfluo possa esistere in un telefilm. Personaggi come Andy, Sam e lo stesso Alcide hanno davvero poco da dire e, se non eliminati, andrebbero perlomeno rinnovati come si sta tentando di fare con gli altri. Il mancato senso di coesione proviene proprio dall’assenza di utili finalità in questi archi narrativi ed è questo ad oggi il difetto più grave della serie, che tra l’altro Ball non sembra intenzionato a correggere (anzi, continua persino a dare maggior risalto sempre a più personaggi, vedasi la seppur interessante creepy Martha).

A conti fatti, comunque, True Blood tornerà ai suoi fasti se rispolvererà quello che sa fare meglio: sviluppare tematiche precise e scandagliare le loro tante possibilità nelle singole storyline. Lì dove, ad esempio nella seconda stagione, le degenerazioni razziste e individualiste della società, incarnate dalla Compagnia del Sole, andavano a incontrarsi con le degenerazioni, al contrario, dello stile di vita selvaggio e primitivo di Maryann, anche qui la rigidità del totalitarismo vampiresco dell’Autorità potrebbe offrire un contraltare perfetto alla trasgressione anarchica garantita da Russell. Per questo, pur con i soliti difetti, promuoviamo questa premiere per la sua capacità di fornire qualche sorpresa e ottime premesse per la stagione, soprattutto da un punto di vista tematico. E questo, vale la pena ripeterlo, senza ancora aver mostrato né Russell, né l’Autorità, quindi senza aver sparato ancora le migliori cartucce.

Voto: 7 ½