Il macrogenere drama è da sempre il canale privilegiato di ogni emittente che ambisce a partorire un programma di qualità; missione ben più difficile è aggirarsi nel territorio delle narrazioni di genere, che per loro natura propongono insidie peculiari. Netflix si sente ormai matura per affrontare la sfida a piene mani, questa volta con la fantascienza.
Il primo prodotto originale firmato Netflix, la prima stagione di House of Cards, dista ormai tre anni, un periodo nel quale la piattaforma è cresciuta in maniera esponenziale, sia come introiti sia per la varietà della sua library. Questo terzo anno si pone in maniera sempre più chiara come un punto di svolta e un anno di grazia per via di almeno tre fattori: l’inizio della produzione delle serie create con la Marvel; l’arrivo della prima vera opera completamente originale (Bloodline); l’espansione della piattaforma su altri mercati nazionali. A quest’ultima tendenza va ricollegata una serie come Between, frutto maturo della collaborazione tra Netflix e un’emittente di un altro paese, che in questo caso è la canadese City.
La struttura narrativa si presenta sin da subito molto complessa, lasciando emergere, minuto dopo minuto, una matassa i cui fili appaiono sempre più intrecciati, dove a dare una parvenza di ordine sono i personaggi principali. A proposito di questi ultimi, non è facile ad oggi dire quali dei caratteri presentati si riveleranno quelli maggiormente determinanti ai fini del main plot; ci è tuttavia abbastanza semplice individuare alcuni dei ruoli dominanti e intercettarne le relative sottotrame, spesso legate a problematiche di ordine familiare, le quali già da subito si pongono in un sistema di relazioni con la storyline centrale. A questo proposito abbiamo perso sin troppe righe senza parlare del cuore narrativo della vicenda: in una piccola città (Pretty Lake) a un certo punto iniziano ad accadere delle cose strane; più precisamente alcune persone iniziano a morire in modi inspiegabili, come vittime di una oscura epidemia. La città viene messa immediatamente in quarantena e all’interno di questo recinto sociale è possibile individuare un microcosmo che, proprio in situazioni di panico, lascia emergere le sue più recondite contraddizioni. L’espediente della piccola città è perfetto per tirare dentro ogni tipo di umanità, dal giovane ribelle all’uomo in carriera, sino agli anziani, creando in questo modo un tessuto narrativo dalle grandi potenzialità evolutive.
Dove sta la novità di un prodotto come Between? Come spesso accade nella serialità televisiva, a determinate caratteristiche produttive ne conseguono altre di tipo estetico-narrativo. La serie è anche il primo prodotto di finzione originale dell’emittente City, rete canadese generalista che tra gli show importati può vantare serie come Scandal e Revenge. È il pubblico di queste serie dunque il target di riferimento, è questo tipo di audience che una serie come Between deve intercettare: è per loro che è costruita, ovvero per un tipo di spettatore che non è certo quello di Showtime, bensì generalista. In questo contesto si incardina il più importante cambiamento che questa serie si porta dietro: si tratta del primo show che Netflix distribuisce con frequenza settimanale, comportandosi come se avesse un palinsesto, sincronizzandosi cioè con City e rilasciando un episodio a settimana. È fin troppo evidente che, se per serie come Bloodline, in cui la continuity è esasperata, la visione consecutiva degli episodi è consigliata, per prodotti come Between ‒ dove le retoriche stilistiche sono quelle della TV generalista, impostate sugli stravolgimenti narrativi e sui cliffhanger ‒ la fruizione “settimanale” può senza dubbio costituire un vantaggio. Between rappresenta lo straripamento estetico di Netflix, il tentativo di fuoriuscire dalle tipologie di prodotti consuete, di non sfidare più soltanto la TV via cavo ma entrare nel mercato della televisione generalista e combattere sul loro terreno con le loro stesse armi.
Naturalmente di tutto questo discorso per ora la parte più solida è quella prettamente teorica. Alla prova dei fatti non è così scontato riuscire a imporsi in un mercato come quello generalista solo perché si ha avuto successo in un altro, anche se, come in questo caso, si passa da prodotti qualitativamente più raffinati ad altri dedicati a un pubblico di massa. D’altronde l’anno scorso ci ha provato la HBO con The Leftovers mettendo insieme personalità creative che avevano avuto una grande sia successo nel mercato letterario (Tom Perrotta) sia risonanza nella TV broadcast, in particolare con serie di culto come Lost (Lindelof). Questo però ha voluto dire snaturarsi, offrendo un prodotto che al contempo ambisse a non scontentare il proprio pubblico affezionato, abituato a lavori quality come Boardwalk Empire, e riuscisse a catturare anche gli orfani di prodotti come Lost, Fringe, Heroes, Flashforward. Between è la prova lampante di quanto sia difficile miscelare le due cose, che spesso sono compatibili come l’acqua e l’olio. Tuttavia, a differenza della citata serie HBO, questo show ha il coraggio di non prendersi davvero sul serio, di non metterci per forza dei contenuti pseudo-filosofici appiccicati con la colla e abbracciare a piene mani una narrazione rivolta al grande pubblico. A farne le spese sono ovviamente la complessità e l’ambiguità, che lasciano spesso il posto alla ridondanza e alle strizzatine d’occhio.
Fermo restando un giudizio non privo di luci e ombre, la serie merita per ora una buona dose di fiducia, sia per l’imprevedibilità della trama, sia per un potenziale che già da questo episodio pilota non può essere negato.
Voto: 6,5
La trama non è originalissima, la situazione di quarantena e abbandono è molto simile a quella Under The Dome, per fortuna è l’unica cosa in comune, il fatto di lasciare solo ragazzi invece è un po’ la prima stagione di The 100. I personaggi sembrano avere spessore, ma sembrano abbastanza prevedibili, il figlio del riccone avrà seri problemi, la secondina vuole tenere la situazione sotto controllo (under the dome), il tipo in prigione sarà molto utile e la sua relazione con la poliziotta è quotata a 1.01, lo spacciatore è il tipo che vorranno farci odiare per tutta una stagione (The 100), il nero fa il suo ruolo di unico black guy nella serie, la tipa in cinta farà la neo mamma in una situazione di pericolo e il genio cercherà una soluzione per i fatti suoi, e fa le classiche magie da hacker che ribadiscono ancora una volta che gli sceneggiatori e gli scrittori non capiscono niente di informatica.
Dal mio punto di vista la serie riuscirà a tenersi in piedi solo se sarà fatto un lavoro magistrale di regia, sceneggiatura, musica e dialoghi, non potendo contare troppo sull’originalità della trama e dei personaggi
Analisi puntuale e ineccepibile. Fin qui si può guardare …