Rick and Morty – Stagione 3


Rick and Morty - Stagione 3Welcome to the darkest year of our adventures” diceva Rick in uno degli episodi migliori della serie, nonché la premiere più riuscita e sorprendente (in tutti i sensi) finora. E nonostante la consolidata inaffidabilità di chi pronunciava la frase, nonostante il già persistente nichilismo che mai per un secondo ha abbandonato le avventure dei protagonisti, era in qualche modo difficile non aspettarsi qualcosa di ancora più cupo del solito; le premesse non potevano che puntare in questa direzione, dopo aver cambiato le sorti della serie costringendola a ripiegare su se stessa.

Con “ripiegare su se stessa”, si precisa, non si intende nulla di negativo: semplicemente, la decisione di affrontare la situazione Jerry (e, di conseguenza, del dominio di Rick sulla famiglia) ha cambiato la rotta dello show indirizzandolo verso i propri personaggi, portando ad un’attenzione maniacale verso la vera natura e le motivazioni di ognuno. Con ciò è nata un’annata sorprendentemente introspettiva, che, per quanto si prenda le giuste pause per divertirsi (e tanto), mantiene un cuore scuro e più adulto che mai, sia dal già citato lato della caratterizzazione che da quello di una consapevolezza metanarrativa più sviluppata e diretta del solito. È un po’ un marchio à la Dan Harmon se vogliamo, una ricorrenza che si fa sempre più forte man mano che le sue opere guadagnano sicurezza e seguito nel tempo; ma è anche vero che, rispetto a Community, in questo caso si parla di una crescita più misurata dal punto di vista del rapporto con se stessa (e forse gran parte del merito va al controllo di Justin Roiland su tale aspetto) e invece più pessimista per quanto riguarda i personaggi, il vero e proprio motivo per cui i toni si sono nettamente rabbuiati.

Rick and Morty - Stagione 3È davvero difficile non accorgersi di una virata così radicale, soprattutto se si pensa che si è imposta in particolar modo nei primissimi episodi: la questione del divorzio, oltre a spezzare una routine che occasionalmente sfociava in storyline secondarie piuttosto ripetitive, è stata la “scusa” perfetta per riplasmare l’angolatura da cui vengono presentate le storie, analizzando gli effetti sui personaggi e i cambiamenti a cui sono stati sottoposti. Si tratta, in effetti, di una scelta del tutto sensata, che arriva dopo una prima annata di presentazione delle tematiche e dello stile della serie e una seconda impegnata a sviluppare sì tinte più drammatiche ed approfondite, ma anche statiche; in questo senso, la terza stagione ha il compito di scuotere lo status quo (Rick che si rivela per quello che è davvero e prende il controllo della casa) e seguire lo sviluppo che ne consegue, uno sviluppo che si realizza in un percorso di crescita (positiva o negativa che sia) per ogni membro della famiglia Smith.
Ovviamente, il perno centrale di questo discorso non può che essere Rick Sanchez, il vero e proprio cuore pulsante dello show, in termini di visione del mondo ma anche – anzi, soprattutto – dei comportamenti che ne derivano. Uno dei più grandi dilemmi associati alla serie è sempre stato connesso alla vera natura di Rick, altalenante tra l’egocentrismo e l’attaccamento verso la propria famiglia, come mostrato soprattutto nello splendido finale della seconda annata; quest’anno tale bipolarismo è stato affrontato di petto, inizialmente con la già citata premiere e poi con una serie di episodi diretti espressamente all’analisi delle vere motivazioni che guidano il personaggio, a partire da “Vindicators 3: the Return of Worldender” (in cui una missione con gli “Avengers” si trasforma in un horror alla Saw, dove il nemico è proprio Rick stesso) per arrivare al genio di “Pickle Rick”, un episodio in cui una trovata di per sé puramente demenziale (e che ha generato un seguito tra i fan quasi fastidioso) diventa veicolo per un’analisi profondissima. Ed è particolarmente toccante, a pensarci, il modo in cui Dan Harmon, lui stesso andato in terapia per una serie di trascorsi personali, sceglie di mettere in scena i problemi e le implicazioni che nascono dal fuggire dalla propria famiglia trasformando il protagonista in un cetriolo, tra una sanguinosa citazione ad Old Boy e l’altra. È emblematico come il discorso pronunciato da Susan Sarandon centri il punto, sottolineando come l’uomo più intelligente dell’universo decida di sfuggire ai propri problemi semplicemente perché si parla di hard work, perché non esistono soluzioni facili, dirette o che gli risultino a portata di mano quanto far crollare un governo o creare un mondo intero per ricaricare la batteria della propria astronave.

Rick and Morty - Stagione 3Ma uno dei grandi pregi di questa stagione sta anche nella sua abilità di ampliare il proprio sguardo, mantenendo l’impianto character-driven ma estendendolo sull’intero apparato di personaggi. E se era forse semplice prevedere il percorso di Morty e la sua emancipazione dall’influenza del nonno (in diretto collegamento col passato), l’evoluzione degli altri comprimari è stata vertiginosa e praticamente perfetta, che si tratti di approfondire la natura passivo-aggressiva di Jerry o, ancor meglio, di scavare nelle perversioni e nella pericolosità congenita di Beth, al centro del terrificante racconto della sua infanzia in “The ABC’s of Beth”. Ecco che, infatti, per la prima volta si stacca il personaggio della madre dai suoi rapporti con gli altri (col marito o coi figli, a cui era spesso funzionale) per analizzarlo nella maniera più personale possibile, ovvero mettendolo individualmente a contatto con chi i suoi problemi è in grado di comprenderli fino in fondo; intelligentissimo ed inaspettato il fatto che Rick non monopolizzi l’attenzione ma anzi funga quasi da meccanismo informativo (ricordare a Beth le sue manie da bambina) e narrativo (proporle l’opzione del clone), lasciando che sia Beth a plasmare il suo percorso senza che neanche il pubblico sia a conoscenza della sua scelta finale.
Ma è anche con Summer che lo show trova un’alchimia assolutamente in accordo con il nichilismo che lo contraddistingue, dipingendo la teenager in  maniera efficacissima e solida: e come esplicitare la gestione del divorzio da parte della ragazza se non con un tuffo nel post-apocalittico, in cui la necessità di sfuggire ai propri problemi (e qui l’eredità di Rick influenza appunto la nipote) si traduce nella ricerca della violenza e dell’eccesso a tutti i costi?

Rick and Morty - Stagione 3Quello che però sorprende di più di questa stagione non è la scelta in sé di un’impostazione più intimista, e neanche quella (strettamente collegata) di assumere un tono più cupo e quasi privo di speranze; piuttosto, a convincere più di tutto è l’integrarsi di queste novità con la struttura già presente della serie, la capacità di diventare uno show nuovo rimanendo, allo stesso tempo, lo stesso divertentissimo racconto esistenzialista di prima. E ciò è chiarissimo sia guardando all’infinita inventiva (per non parlare della carica di comicità) di un episodio come “Morty’s Mind Blowers”, una sorta di “Paradigms of Human Memory” adattato al nuovo stile di Harmon, sia assistendo ad un mini-trattato sulla vera natura dei personaggi in “Rest and Ricklaxation”, che in 20 minuti sviscera il dualismo insito nei due protagonisti senza rinunciare al citazionismo e alla leggerezza che hanno sempre fatto la forza della serie.
Perché Rick and Morty è una serie densa e stratificata, capace di affrontare una serie di temi potenzialmente immensi evitando costantemente il rischio di sfociare nel banale e nell’esagerazione; ma soprattutto è una serie in grado di farlo senza dimenticarsi di far ridere, di costruire un mondo gigantesco e giocare con il proprio pubblico (ad esempio, rivelando di aver cambiato di nuovo universo dopo aver infastidito degli scoiattoli) per il puro gusto di farlo. È difficile trovare prodotti che riescano a raccontare la ricerca di un senso nell’insignificante e riescano, nel mentre, a non perdere la propria passione nel farlo, il tutto senza perdere un rigore nella costruzione dell’episodio che fa tutt’ora scuola (e si pensa al famoso “story circle” di Harmon).

Rick and Morty - Stagione 3Se si pensa a questo grande successo raggiunto dalla serie, forse non esiste esempio più lampante di “The Ricklantis Mixup”, un piccolo capolavoro che condensa in sé, in un modo che su carta appare infattibile e totalmente folle, tutti quegli aspetti che fondano e identificano Rick and Morty. E si parla della riflessione sul rapporto tra i due protagonisti, che viene declinato diverse volte confluendo in dinamiche decisamente disturbanti; del citazionismo che ha sempre caratterizzato la serie, mai così presente e ricco di rimandi, da 24 a Stand By Me; dello sviluppo dietro le quinte di una solidissima trama orizzontale, che compare sempre senza preavviso e sempre rielaborando la propria mitologia con un’abilità che ha pochissimi pari.
Ma “Tales from the Citadel” non è solo un riassunto di quello che Rick and Morty è sempre stata; è anche un pezzo nuovo ed inedito del mosaico, con un sapore drammatico ed adulto che non si era mai visto prima, toccato addirittura da tinte di riferimenti politici appena accennati. È, in sostanza, il motivo per cui sarebbe del tutto insensato non aspettarsi grandi cose dal futuro della serie, ancora in grado di ampliare il proprio raggio d’azione senza preoccuparsi di mancare il bersaglio.

La terza stagione di Rick and Morty è un rarissimo gioiello, un esempio di come sviluppare una serie che ha ormai guadagnato un enorme seguito fuggendo costantemente i possibili passi falsi che ne derivano. È un’annata che corre tantissimi rischi, che stravolge la struttura narrativa schiacciando episodi densissimi ed introspettivi ad inizio stagione e sviluppando la trama orizzontale nella settima puntata, lasciando al finale di stagione (in maniera forse meno riuscita di quanto si vorrebbe) il compito di chiudere qualche discorso e deludere le aspettative dei fan più incalliti. È anche, per questi e tanti altri motivi, la stagione più bella e completa dello show, quella che ne scopre l’anima più scura e la sfrutta per far ridere nella maniera più fragorosa possibile.

Voto: 9+

 

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