Babylon Berlin – Dalla Germania il miglior prestige drama in circolazione 1


Babylon Berlin – Dalla Germania il miglior prestige drama in circolazioneBabylon Berlin è la versione eccentrica di un gangster movie, dilatata e modellata a forma di romanzo storico, impreziosita da un lavoro di ricostruzione e messa in scena che fa sentire ad ogni sequenza il peso di investimenti cospicui e ben capitalizzati. Tornare nella Germania di fine anni Venti significa tuffarsi in un mondo con poche regole e tante trasgressioni, in un contesto sull’orlo del precipizio ma inconsapevole dell’apocalisse in arrivo.

Babylon Berlin è un’operazione monumentale, che ad oggi occupa il gradino più alto del podio tra le produzioni televisive non americane più costose di sempre: entrambe le stagioni della serie, ciascuna da otto episodi, sono andate in onda su Sky in Europa alla fine del 2017 e nell’anno successivo sono state distribuite negli Stati Uniti da Netflix (per questa ragione la serie è presente in molte classifiche del 2018).
Lo show è tratto dalla serie di romanzi di Volker Kutcher ed è ambientato nel 1929 a Berlino, città in cui il commissario della Buoncostume di Colonia Gereon Rath viene trasferito per indagare su un misterioso caso di estorsioni e ricatti che coinvolge l’alta politica, il crimine organizzato e il mondo della pornografia. Rath conduce le indagini insieme a Bruno Wolter, collega più anziano con il quale svilupperà un rapporto complesso, fatto di ammirazione reciproca ma anche di piccoli e grandi tradimenti figli di interessi personali. Nel corso delle operazioni Rath conosce anche Charlotte, giovane dattilografa presso il dipartimento di polizia con il sogno di diventare detective, con la quale sviluppa un rapporto che si distanzia in maniera decisa dai cliché tradizionali con cui siamo abituati a vedere raccontati i rapporti uomo/donna in televisione.

Babylon Berlin – Dalla Germania il miglior prestige drama in circolazioneIl protagonista è naturalmente il personaggio più approfondito di tutti, colui che, nonostante si tratti di un racconto corale, riceve l’attenzione maggiore da parte degli autori che non di rado scelgono di piazzarsi dal suo punto di vista, rimandando al noir hard boiled di chandleriana memoria. Gereon è un detective dall’animo inizialmente indecifrabile, le cui emozioni sono spesso trattenute a causa di una personalità fortemente traumatizzata. Il cuore nero delle sue memorie è concentrato nel disturbo da stress post-traumatico dovuto all’orrore vissuto e subito durante la Prima Guerra Mondiale, nella quale ha dovuto superare la perdita del fratello. Le sue precarie condizioni di salute psico-fisica gli consentono di stare in piedi solo grazie a un costante e massiccio uso di eroina (all’epoca legale), sostanza che ferma i suoi frequenti e invalidanti attacchi.
La storia di Gereon si incrocia sempre più frequentemente con quella di Charlotte Ritter, donna che rappresenta la quintessenza dello spirito della Repubblica di Weimar: estrazione sociale poverissima, una famiglia disastrata da mantenere con sforzi di ogni genere, sogni di emancipazione sociale e professionale, amore per il divertimento sfrenato e un secondo inaspettato lavoro notturno nei sotterranei del Moka Efti, frequentatissimo locale della città.
L’altra grande figura dello show, che non meno di Charlotte è sintomatica dell’epoca rappresentata, è quella di Bruno Wolter. Agente di polizia dalla personalità carismatica, Bruno stringe un rapporto con Gereon quasi da fratello maggiore, salvandogli la vita diverse volte, ma nasconde un lato oscuro che fa di lui un personaggio profondamente ambiguo, spesso amorale e, proprio come la Germania di quegli anni, sempre a rischio di essere sedotto dal Male.

Babylon Berlin – Dalla Germania il miglior prestige drama in circolazioneNonostante non manchino personaggi estremamente interessanti, una trama spy-thriller avvincente e temi in alcuni casi dalla portata universale, gran parte del fascino di Babylon Berlin risiede nella collocazione di queste caratteristiche all’interno di un periodo storico affascinante quanto complesso. Gli anni che vanno dalla fine della Prima Guerra Mondiale all’avvento del Nazismo sono stati un tentativo democratico post-monarchico contraddittorio e molto dinamico, caratterizzato da grandissimi cambiamenti sociali e diseguaglianze: nel Novecento probabilmente non c’è mai stata una società più vitale e fertile di quella della Repubblica di Weimar, soprattutto considerata la precarietà politica dell’epoca, che in altri contesti avrebbe rappresentato un enorme freno e non il tessuto in cui far crescere idee rivoluzionarie ed enormemente ambiziose sul fronte politico, artistico e culturale.
Come messo in scena con dovizia di particolari da Babylon Berlin, si è trattato di un’epoca piena di estremismi politici, in cui convivevano a colpi di piani segreti e spari per le strade radicalismi di destra e di sinistra che alimentavano spinte antitetiche e destinate all’autodistruzione, ma anche capaci di generare forze creatrici e dinamiche; anni contraddistinti da spinte contrapposte destinate all’autodistruzione ma anche capaci di lasciare il segno nella Storia.
Proto-nazisti, trozkisti, monarchici, imprenditori senza scrupoli e mafiosi di giorno combattono per le vie di Berlino e mettono in piedi tradimenti e strategie di sopraffazione, mentre di notte ballano insieme nel lussureggiante Moka Efti, regno del piacere (ma non del peccato, concetto splendidamente sconosciuto) avvolti da jazz, musica dal vivo e performance art, uno spazio in cui coltivare seconde identità e dare libero sfogo ai propri lati più vitali e nascosti.

Babylon Berlin mostra un mondo in continuo movimento, una società magmatica e per questo affascinante, in cui da una parte la situazione politica incandescente creava forti contrapposizioni, dall’altra vi era un contesto caratterizzato dalla passione per il piacere e dalla libertà d’espressione, da un elevato consumo di alcol e di droghe, da una concezione della sessualità molto più fluida di quella che ci sarebbe stata negli anni successivi e da una tolleranza della diversità.
La trama è ricca di twist repentini e personaggi molto diversi per carattere, professione, cultura ed estrazione sociale, componendo un ritratto d’epoca minuzioso che si articola in una ricchissima varietà di ambienti che si prestano perfettamente alla restituzione di un clima culturale e artistico fatto di sperimentazioni e innovazioni in tante forme espressive. Quattordici anni dal sapore rivoluzionario, che spinsero il filosofo Ernst Bloch a parlare di “Nuova Età di Pericle”, che videro il sovrapporsi delle Avanguardie Storiche tedesche, del Dadaismo, del Bauhaus, delle sinfonie metropolitane (Berlino – Sinfonia di una grande città di Walter Ruttmann è uno dei capolavori del genere), del’espressionismo tedesco (da cui lo stile della serie è fortemente influenzato), del cinema di Fritz Lang e del teatro di Bertolt Brecht.

Babylon Berlin – Dalla Germania il miglior prestige drama in circolazionePer quanto Babylon Berlin sia stata molto apprezzata in Europa, diventando come prevedibile un fenomeno di costume in Germania, la vera rilevanza della serie è emersa nel momento in cui è approdata negli Stati Uniti grazie a Netflix. La critica americana ha immediatamente adorato la serie perché in essa ha visto, a ragione, una strada alternativa e virtuosa per il prestige drama, un prodotto da prendere a modello e in cui tanti show d’Oltreoceano dovrebbero specchiarsi per riconoscere i propri limiti.
Il paragone americano più immediato di Babylon Berlin pare essere infatti Boardwalk Empire, serie che mette in scena lo stesso periodo storico ma con uno stile un po’ più monocorde, per quanto attraverso un’ottima costruzione dei personaggi. La serie tedesca invece spinge sia sul lato dei valori produttivi (e quindi del prestigio) investendo tanto sulla magniloquenza della ricostruzione storica, sia sulla varietà stilistica, sfruttando gli importanti capitali a disposizione per utilizzare generi e ambientazioni molto differenti.
Infine, se in questi ultimi anni i problemi del prestige drama sono rappresentati da un’eccessiva seriosità, una narrazione spesso lenta e pretenziosa e una tendenza esasperata al realismo che spesso azzoppa la narrazione, Babylon Berlin risponde con un prodotto che, pur mantenendo i nobili intenti legati al racconto di un’epoca e all’adattamento letterario, non ha paura di osare sul piano del plot, dando vita a uno show multiforme e pieno di ironia e glamour, carico di cliffhanger, MacGuffin (tutta la storyline legata al treno) e giochi di prestigio narrativi.

La tensione costante creata da Babylon Berlin non è solo figlia di un plot ottimamente congegnato e di personaggi sfaccettati e iconici, ma anche della perfetta resa di un mondo sull’orlo del precipizio alle prese con una Storia (rigorosamente con la S maiuscola) che incombe nella sua forma più terrificante. Sia i caratteri principali sia quelli più marginali della serie sono infatti avvolti da un’aura mortifera che dona loro un fascino estremamente peculiare, perché, un po’ come accade in Rogue One: A Star Wars Story (film che in maniera analoga presenta una catastrofica conclusione già nota agli spettatori che conoscono i precedenti episodi della saga), la tragedia è alle porte e la situazione sembra poter precipitare da un momento all’altro per via dell’imminente avvento del Nazismo.
Si tratta di una delle serie più interessanti degli ultimi tempi, perché capace di unire un’elevatissima qualità della messa in scena a una narrazione che viaggia alla velocità della luce, da cui non ci si vorrebbe mai staccare.

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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