Kingdom – Stagione 1


Kingdom - Stagione 1Dopo i tanti film prodotti in Corea Netflix ha annunciato anche un paio di serie televisive di genere, e la prima tra queste a debuttare sul mercato globale è stata proprio Kingdom, show che unisce la passione per l’estremo oriente e uno storytelling internazionale targato Netflix.
Kingdom è stato largamente promosso dal colosso dell’on demand come il prodotto di due tra le migliori penne del panorama seriale e cinematografico coreano, oltre che l’adattamento di The Kingdom of the Gods, un manhwa pubblicato sul web e mai tradotto fuori dalle due Coree, disegnato dall’artista Yang Kyung-il e sceneggiato da una delle menti dietro lo show, Kim Eun-Hee. Kim Eun-Hee è una veterana del k-drama, nome di un particolare format seriale in voga nella penisola, e si imbarca nella sua prima prova fuori dalla Corea; al suo fianco c’è Kim Seong-Hun, ben più noto al pubblico occidentale per film come The Tunnel (2016) e A Hard Day (2014), presentato anche a Cannes un lustro fa.
Il cast è per lo più sconosciuto nel panorama europeo e americano, vantando attori rinomati perlopiù nei confini nazionali, eccetto Bae Doona, conosciuta nel panorama seriale per il ruolo di Sun Bak in un’altra rinomata serie Netflix, Sense8.

Kingdom trasporta lo spettatore molto lontano non solo nello spazio, ma anche nel tempo: le sei puntate di cui è composto lo show sono infatti ambientate nel mezzo del periodo della secolare dinastia Joseon, regnante in Corea fino alla fine del XIX secolo. I primi episodi in particolare sono disseminati di opportuni e apprezzabili riferimenti storici, come i rimandi all’invasione giapponese della Corea; comprendiamo quindi di essere circa nel ‘600, in un paese dove è palpabile allo spettatore la devastazione della guerra e la forte instabilità politica causata dalle rivalità e gli intrighi tra i clan della corte reale.
Proprio su questo sfondo si innesta la vicenda di Kingdom: il re è malato, non si mostra da tempo al popolo e le sue veci sono fatte dai Kingdom - Stagione 1ministri del clan Haewon Cho, il cui capo, Hak-jo è il padre della regina, che aspetta un bambino da porre come legittimo erede. L’unico ostacolo alla trama di Hak-jo è il figlio del precedente matrimonio del re, il principe ereditario, che decide di scoprire di più sulla malattia del padre; si imbarca clandestinamente in una missione suicida, quando viene a sapere del focolare di una pestilenza nel sud del paese, braccato tanto dall’esercito regio quanto dalle vittime del contagio, tramutate in mostruosi morti-viventi affamati di carne umana.

Kingdom tenta la reinterpretazione di un genere già sdoganato da prodotti come The Walking Dead e vanta il grande merito di averlo trattato come colossi fantasy come Game of Thrones non sono riusciti a fare, per il momento.
Metà del cuore dello show nasce dal drama coreano, in particolare dal genere sageuk. Il sageuk affronta argomenti storici romanzandoli, fino ad includere il Fantastico come, ed è il caso di Kingdom, i morti viventi.
L’altra metà ha radici nel genere horror più classico. Lo show coreano possiede tutti gli elementi che hanno segnato gli zombie movie, dalle pellicole di Romero ai Resident Evil e The Walking Dead: il contagio nato dagli esperimenti di un luminare della medicina, la sua erronea diffusione, la reazione dei governi a tale piaga, la disperata resistenza di chi è rimasto indietro e il solitario viaggio alla ricerca di una cura.
Questi stilemi narrativi si fondono e rinnovano in maniera eccellente nel nuovo show targato Netflix. L’estetica curata e l’esotismo di Kingdom sanno catturare e rendersi originali nella loro reinterpretazione, concedendoci di osservare attraverso gli occhi di un’altra cultura situazioni e personaggi archetipici. Complici della riuscita della serie ci sono anche i paesaggi mozzafiato, le scenografie suggestive e i costumi maniacalmente curati. I due generi si sposano perfettamente tra di loro, nello svolgersi di un racconto dal sapore antico attraverso una trama moderna e avvincente, che alle volte strizza l’occhio al sageuk, altre all’horror, in un encomiabile equilibrio.

Kingdom - Stagione 1L’impalcatura tematica di Kingdom si basa fortemente su come la corte reale gestisce il problema che essa stessa ha creato, covando in seno terribili segreti sfuggiti alle mura dei luoghi di potere. Gli zombie sono resi in maniera ottimale, ma non spaventano tanto quanto dovrebbero, anche grazie ad una desensibilizzazione nei loro confronti: il pubblico è oramai abituato e non può più essere terrorizzato come un tempo. Gli showrunner ne sono consapevoli e la brutalità dei redivivi è perlopiù relegata a riuscite scene splatter, come quelle del villaggio Jiyulheon nei primi episodi. I momenti in cui la narrazione si fa più densa e tesa si svolgono nel palazzo, dove gli intrighi politici si intrecciano e confondono sapientemente con i disumani metodi di far fronte all’epidemia da parte dei clan al potere.
C’è un senso di ineluttabile fatalità nell’atmosfera di Kingdom, che ha il suo culmine quando l’esercito chiude le province meridionali in quarantena, uccidendo chi cerca di protestare, senza distinzione di classi sociali, che tanto segnano la società ritratta dallo show, portato ad un nuovo livello di riflessione da questo brusco ribaltamento sociale di fronte alla crisi.
Sono tutte qualità che ammantano questo racconto di un alone di mistero peculiare, introducendo innesti narrativi tradizionali e interessanti nel contesto, come il topos del principe esiliato e la presenza del fiore della resurrezione. Si crea dunque una parvenza quasi mitica attorno la vicenda: un regno ordinato, retto da una rigida struttura piramidale, si scontra con una forza caotica e violenta; la minaccia di gettare il paese nel caos è il prodotto malato dei segreti sino a quel momento tenuti nascosti dalle classi sociali di sangue nobile. I protagonisti sono schiacciati tra l’orrore sovrannaturale e l’orrore di cui è capace l’essere umano.

Kingdom - Stagione 1Proprio i protagonisti, però, sono una nota dolente dello show, che si riflette alle volte su altre qualità del prodotto, appena smorzate dal manierismo di alcuni personaggi. Uno su tutti, è difficile da digerire la figura di Jo Hak Jo, il tenebroso e sarcastico viandante dal passato misterioso, colpevole d’aver dato il via al contagio nella peggiore delle maniere e mai incolpato per questo. Questo personaggio rappresenta vari tropes incisi nella narrativa pop orientale, ma in un contesto così particolare sfigura, forse nel maldestro tentativo di strizzare l’occhio ad un pubblico un po’ più ampio con un personaggio tutto azione, che però stona in confronto al quadro generale dell’opera. Il principe esiliato stesso fatica a trovare un’identità oltre al proprio archetipo, senza apparire troppo toccato dallo struggimento che il potere e la mancanza di esso dovrebbero portargli. Brilla invece il suo rapporto con la guardia del corpo, Moo-Young. Il fedele guerriero si presenta come spalla comica, ma si dimostra uno dei personaggi migliori dello show, ritraendo la figura di un uomo ligio al dovere, ma profondamente umano nella fedeltà al suo signore.
Il governatore, altra spalla comica per la dottoressa, finisce invece per essere quasi macchiettistico alle volte, costretto in scene al limite dell’accettabile e non perché di cattivo gusto, ma perché male inserite nell’atmosfera dello show.
Discorso diverso per la suddetta dottoressa, Seo-bi: il personaggio ha grandi possibilità per essere sviluppato nelle prossime stagioni, approfondendo il suo rapporto con il medico di corte e la sua ricerca della cura alla malattia che infesta il regno.
Vi è da dire che in esame sono le vicende di una stagione di pochi episodi, di natura introduttiva ed è auspicabile un’evoluzione dei personaggi e delle loro trame, con l’andare avanti di una seconda stagione – le cui riprese inizieranno già a febbraio.

Kingdom - Stagione 1In definitiva, la commistione tra drama storico e horror in salsa zombie può dirsi riuscita, perché si muove bene tra le sue due nature, raccontando abilmente un’esotica storia dell’orrore. Ci sarà ancora qualcosa da smussare o aggiustare, ma è d’uopo tener conto che questo è solo un inizio e dei più promettenti. Questo sposalizio tra studi di produzione coreani e Netflix si dimostra sempre più fruttuoso e questo dark fantasy storico, nelle sue prime sei puntate, ha convinto. Ora è il momento di stupire.

Voto:  7½

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