Gentleman Jack – Stagione 1 1


Gentleman Jack  - Stagione 1Non c’è modo migliore di descrivere Gentleman Jack se non come qualcosa che in televisione non avete mai visto, e stavolta sul serio. Non soltanto perché il materiale su cui si basa la serie, ovvero i diari dell’imprenditrice lesbica ottocentesca Anne Lister, è emerso dall’oblio soltanto dopo gli anni Novanta, ma perché questo è il genere di storia che pochissimi prima d’ora avevano interesse a raccontare.

Nel mondo della critica televisiva si parla sempre più spesso di minoranze oppresse e di quanto la mancanza di rappresentazione ne influenzi l’autostima e la coscienza di sé. Marian Wright Edelman diceva «Non puoi essere quello che non vedi» intendendo che chiunque non veda rappresentato se stesso nella narrazione condivisa sul mondo (che siano libri di storia, film o pubblicità) in una varietà di ruoli positivi, non sarà in grado di sviluppare la capacità di PENSARSI in quei ruoli. Whoopi Goldberg ha raccontato spesso che quando era una bambina e vide per la prima volta sullo schermo il tenente Uhura in Star Trek urlò a sua madre “I just saw a black woman on television, and she ain’t no maid!” e questo fu il momento in cui capì che poteva essere qualcos’altro, qualcun’altra, e il futuro per lei non era necessariamente scritto nel patrimonio genetico. Non potrebbe esserci esempio più emblematico della potenza della rappresentazione e al tempo stesso della tragica mancanza di essa nel cinema e nella televisione per chiunque non sia bianco, maschio, eterosessuale e cisgender, la categoria che dominando il lato creativo e produttivo dei media (nel 2018 a Hollywood si contava una regista donna su 10 registi uomini e l’82% dei senior executive delle sette top media company era maschio, bianco e cisgender) è riuscita a dominarne anche i contenuti, raccontando storie fatte da maschi, per i maschi.

Gentleman Jack  - Stagione 1Questo ha spesso significato la cancellazione di fatto delle storie che non si conformavano alla visione del mondo rassicurante per lo spettatore maschio che i dirigenti o i registi maschi avevano in mente. Una cancellazione non censoria ovviamente, e probabilmente nella maggior parte dei casi senza un preciso piano ideologico (sessista, razzista, omofobico) in mente, ma storie che semplicemente non arrivavano mai ad essere raccontate perché nessuna persona che facesse parte di una minoranza aveva il potere di portarle sullo schermo e farsi ascoltare dal grande pubblico. E così Anne Lister, straordinaria lesbica che viveva liberamente la propria identità genderqueer superando con la forza della propria personalità i limiti di un’epoca che puniva ancora l’omosessualità con la prigione o la morte e che cercava di mascherare il meno possibile persino la propria preferenza romantica per le donne, arrivando a sposarsi con la propria compagna, è scomparsa dai radar della storia ufficiale. I suoi diari, estremamente dettagliati e ritrovati dopo la sua morte, sono stati decifrati fin dagli anni ’30 (erano quattro milioni di parole, scritte in un codice frutto della combinazione dell’algebra con il greco antico), ma solo alcune studiose manifestarono tanto interesse da pubblicarli e soltanto più di cinquant’anni dopo e nonostante l’indubbia eccezionalità della vita di Lister, nonché la sua prodigiosa intelligenza, per un secolo nessuno al di fuori del West Yorkshire ha saputo della sua esistenza.

Gentleman Jack  - Stagione 1È stata proprio una donna dello Yorkshire, la talentuosa Sally Wainwright di Happy Valley, a portare in televisione Anne Lister e renderla protagonista di una serie pressoché perfetta, una coproduzione HBO e BBC che riesce a coniugare l’anima migliore dei due canali: da una parte la cura dei dettagli, la leggerezza e la qualità attoriale di marca britannica, dall’altra il gusto per il racconto sopra le righe e la ricerca visiva che sono il marchio di fabbrica dei period drama del network americano dai tempi di Boardwalk Empire.
A ben pensarci, Lister è la versione al femminile di tutta la sequela pressoché infinita di antieroi che HBO ci ha proposto negli anni ed è quindi il soggetto perfetto per raccontare un’epoca da un punto di vista eccezionale, ma non è l’eccezionalità lo scopo principale dell’esistenza di Gentleman Jack. Certo, l’interpretazione di Suranne Jones e la musica trascinante (immancabile tocco personale in ogni serie di Sally Wainwright) esaltano qualsiasi spettatrice, specie se non eterosessuale, consapevole dal primo minuto di trovarsi di fronte all’equivalente femminile di Indiana Jones e a uno dei primi esempi in assoluto di eroina d’avventura protagonista della propria storia, non sessualizzata, che possiede una propria agenda e, soprattutto, lesbica e gender non conforming.

Gentleman Jack  - Stagione 1Ma c’è molto di più nel racconto della serie del pur chiaro desiderio di suscitare identificazione con la sua protagonista, perché Gentleman Jack si inserisce in maniera coerentissima nella produzione di Wainwright, che attraverso storie e generi molto diversi tra loro (Last Tango in Halifax era una comedy brillante british style, Happy Valley un crime piuttosto crudo) da parecchi anni racconta il declino del “suo” Yorkshire da centro della produzione mineraria a zona impoverita e incattivita della Gran Bretagna, fornendoci una prospettiva diversa dalla rappresentazione televisiva della realtà inglese che spesso si limita alternativamente o a una Londra futuristica o a piccoli paradisi bucolici e villaggetti affascinanti.
Il filo conduttore anche in Gentleman Jack, per nulla addolcito dalla volontà di raccontare con coerenza una storia di cui c’era bisogno, è la spietatezza del capitalismo e i modi in cui l’avidità, la stupidità e l’ignoranza delle persone siano in grado di devastare intere comunità. Anne Lister gioca quindi nella serie un doppio ruolo di oppressa e oppressora (parola così desueta nella sua variante femminile che suona male persino scriverla, e questo semplice fatto dice molto più di tanti testi accademici), facendo dell’attività imprenditoriale la propria fonte di indipendenza ma cadendo, inevitabilmente, nella stessa noncuranza per la vita umana e per le classi inferiori dei suoi concorrenti maschi.

Lo show scorre parallelo sulle linee del biopic da una parte e della critica sociale dall’altra, mostrandoci come indipendenza economica ed emancipazione siano strettamente collegate ma anche osteggiate dal mondo esterno, quando riguardano le donne, e al tempo stesso come l’individualistica ricerca della felicità e dell’autoaffermazione abbiano risvolti tutt’altro che limpidi quando risultano nell’oppressione di altri, non in nome del loro orientamento o del loro genere ma della loro provenienza sociale.
È l’argomento migliore da opporre a chi tenta di liquidare Gentleman Jack come una favoletta politicamente corretta, perché la serie vive di questo contrasto e di questa tensione prima ancora che del racconto “esemplare”, riuscendo a mettere insieme un discorso molto complesso sull’essere donne nel mondo e una lucida analisi della sovrapposizione tra capitalismo e sessismo, che mettendo in mano agli uomini e ai ricchi i mezzi di produzione ha prodotto danni che si riflettono sulla crisi globale contemporanea di un intero sistema, di cui lo Yorkshire rappresenta un’efficace esemplificazione.

Voto: 10

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Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.


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Un commento su “Gentleman Jack – Stagione 1

  • Matt Morgan

    Vorrei conoscere l’opinione di coloro che hanno votato 4 questa serie…
    Complimenti per la recensione! Questa serie mi ha toccato il cuore come poche altre, meravigliosa!