The Affair – Stagione 5 2


The Affair – Stagione 5È indubbio che il panorama televisivo negli ultimi anni si evolva molto più velocemente di quanto facesse in passato, e infatti dal 2014 ad oggi sembra passata un’eternità. Un tempo nel quale serie come The Affair, che ha continuato la sua programmazione sottotraccia fino ad oggi, sono progressivamente andate ad estinguersi, cannibalizzate dai colossi dello streaming e dai grandi investimenti che questi possono mettere in campo.

La serie di Sarah Treem e Hagai Levi, anche se il ricordo è ormai sbiadito, è stata addirittura una serie capace di vincere – meritatamente – un Golden Globe come miglior serie drammatica grazie alla sua prima stagione, che sfoggiava vistosamente il meccanismo narrativo dei diversi punti di vista che l’ha resa celebre; le stesse situazioni, la stessa relazione extra-coniugale, vista attraverso gli occhi di Noah e di Alison, con le differenze che rendevano particolarmente innovativo e profondo il discorso sullo sguardo e sulla diversa percezione della realtà. Un giocattolone che gli autori non hanno saputo sfruttare a pieno nelle stagioni successive, attraversando una seconda annata problematica, una terza mediocre – che si riprende solo quando sceglie di cambiare totalmente stile e direzione – e una quarta che, nonostante renda ben chiaro il non essere più la serie brillante di una volta, riesce a puntare su alcune tematiche forti in grado di risollevare l’interesse sopito per lo show. Intendiamoci, lungo tutta la sua storia seriale, The Affair è stata anche capace di offrire momenti totalmente sopra le righe e ingiustificati, passaggi in cui la scrittura si rivela tanto superficiale quanto inconsapevolmente divertente, figlia non si sa bene se di mancanza di idee o di una precisa scelta stilistica che porta inevitabilmente gli spettatori a chiedersi come possa essere venuta in mente agli autori una cosa del genere.

The Affair – Stagione 5La quinta – e ultima – stagione continua su quest’onda lunga, con la necessità di dover sopperire all’eliminazione – forzata, Ruth Wilson voleva lasciare la serie – di due dei suoi quattro protagonisti: Alison, brutalmente uccisa nel finale della scorsa annata, e Cole. La storia si sposta quindi, inevitabilmente, su Noah e Helen, sul loro rapporto e sulla loro famiglia, tra cui i figli che non avevano mai avuto un ruolo così importante nella trama, se non come soggetti passivi che subivano le scelte dei personaggi adulti.

I don’t think I’m who you’re looking for.

A livello di trama è il tema della morte a farvi da innesco: le dipartite di Alison e Vic sono, difatti, propulsori della prima parte di stagione, da un lato un Noah sempre meno in controllo della sua vita e delle sue relazioni e dall’altro Helen, che deve riprendersi dopo aver perso il marito – il migliore tra i due, verrebbe da dire – ma del quale si ritrova a gestire il figlio illegittimo e la sua amante. Una situazione totalmente fuori dagli schemi, come solo The Affair è capace di imbastire senza cadere del tutto nella grande voragine del trash, mantenendosi su un precario equilibrio che sconfina solo talvolta nell’incredulità più totale. A questo proposito, bisogna anche citare il tentativo di provare a rispondere alle accuse di essere una serie che si concentra su personaggi appartenenti ad una certa estrazione sociale, nei quali è difficile immedesimarsi, un problema non da poco in una serie che parla, appunto, di diversi tipi di sguardi e modi di percepire e vivere le relazioni – amorose e sociali. Sempre nella prima parte di stagione, infatti, uno dei POV è dedicato al personaggio di Janelle, l’ultima compagna di Noah, e attraverso di lei vorrebbe mettere in luce tutte le contraddizioni e le ipocrisie del mondo rappresentato dai protagonisti dello show: la donna si identifica, per la prima volta, come un occhio esterno in grado di smascherare l’elitismo di una parte di privilegiati che sembra vivere in una bolla, incapace di riconoscere il razzismo e il settorialismo che li caratterizza. Purtroppo questa sezione del racconto rimane fine a se stessa e confinata in meno di mezz’ora di screentime, perdendo la sua efficacia e facendo capire come gli autori non siano davvero interessati a portare a galla totalmente il problema.

Ask yourself, do you really want to fuck them, or do you want to be them?

The Affair – Stagione 5Sì, perché The Affair deve tornare ad essere la storia di un tradimento e delle sue conseguenze, anche se aspira costantemente a voler essere qualcosa di più. Lo dimostrano i due episodi dedicati alle accuse di molestie sessuali nei confronti di Noah, probabilmente il punto più alto di questa annata, perché, oltre a rappresentare la caduta – descent – finale del personaggio interpretato da Dominic West, riesce a raccogliere tutte le diverse prospettive del caso e a costruire una rappresentazione esplicativa e, si direbbe, anche un po’ didattica – senza che questo sia un difetto – su un tema delicato e su cui poteva essere facile inciampare. Gli autori scelgono una cesura netta tra la percezione di Noah, l’uomo bianco di successo che ribadisce continuamente la sua innocenza nei confronti delle accuse, e quella di Whitney, che è simbolica perché rappresenta lo sguardo delle donne coinvolte – ed effettivamente la fine del nono episodio ci ricorda come anche lei stava per diventare una “vittima” del padre. L’episodio diviene, così, una sorta di manifesto che, al di là dell’avanzamento della trama orizzontale della serie, sceglie di parlare in modo universale, portando il discorso su un livello extra-diegetico, efficace sebbene un po’ artificioso.

Why don’t you tell me, Noah? You seem to know a lot.

The Affair – Stagione 5Ma una delle scelte di questa quinta stagione che più ha fatto discutere è quella relativa ai flashforward di Joanie, la figlia di Alison e Cole che si muove su un piano temporale che si situa circa a trent’anni dalle vicende dei personaggi principali. Bisogna aspettare il finale per capire fino in fondo quali fossero le intenzioni degli autori quando hanno preso una scelta così radicale, non tanto lontana dal voler inserire forzatamente un riferimento ai due protagonisti mancanti che così, in qualche modo, sarebbero stati partecipi del finale della serie. Il mondo di Joanie è un futuro prossimo nel quale il climate change sta distruggendo i panorami naturali del pianeta e Montauk è diventato lo scenario apocalittico perfetto per fare da sfondo al dolore esistenziale della ragazza che vuole far luce sulla morte della madre. Se l’idea che il personaggio di Anna Paquin possa risolvere un omicidio avvenuto più di trent’anni prima sembra già di per sé assurda e fuori contesto, l’episodio finale della serie fuga ogni dubbio sulla superfluità di questa parte della trama. Il discorso del vecchio Noah che suggerisce a Joanie di non fare lo stesso errore che ha fatto lui e che dispensa la sua visione dell’amore coniugale ha un carattere paternalistico decisamente fastidioso e posticcio, per non parlare del ballo sulla scogliera: nelle intenzioni, entrambe le scelte appaiono come una sorta di espiazione finale che dovrebbe portare ad una piena redenzione di un personaggio che è stato oggetto di una pessima scrittura, capace sempre di prendere la situazione peggiore e per il quale è davvero difficile provare altro sentimento se non pena.

– Well, I think certain couples have hurt each other less than we have.
– I think certain couples have loved each other less than we have, too

Per questo sarebbe stato meglio concludere la serie in un altro modo, e la scrittura offre numerose altre vie: c’è da dire infatti che The Affair presenta tanti, troppi finali. Dalla fine del decimo episodio in avanti ogni sequenza potrebbe essere la naturale conclusione dello show, ma gli autori continuano a procrastinare con l’intenzione di aumentare il carico di pathos ma finendo per annacquare oltremisura un bicchiere già colmo. È un finale pieno di sentimentalismo, con la riconciliazione definitiva tra Noah e Helen, la riunificazione felice della disfunzionale famiglia Solloway e l’idea che Joanie prenda in carico l’eredità della madre e riesca a superare i suoi traumi per vivere una vita felice con suo marito e i suoi figli. Di fronte a questo lieto fine per tutti forse si storcerà il naso ma, in fondo, se si è arrivati fin qui, alla serie e ai suoi personaggi un po’ si è voluto bene e sicuramente si sarà in grado di perdonare loro anche questo.

Voto stagione: 6 ½
Voto serie: 6/7

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.


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