Kevin Can F**k Himself – Stagione 2 6


Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Kevin Can F**k Himself, serie AMC creata da Valerie Armstrong, è giunta a conclusione dopo appena due stagioni, per un totale di 16 episodi, portando a termine uno degli esperimenti seriali più interessanti degli ultimi anni. Si è trattato infatti di uno show che non solo si è inserito nella conversazione attuale, raccontando cosa succede all’interno di dinamiche casalinghe violente nascoste sotto la patina di “famiglia perbene”, ma l’ha fatto andando a recuperare tutta quella narrazione che tra gli anni ’90 e i 2000 attraverso la sit-com ha messo in scena proprio quei rapporti disfunzionali ma sminuendone la portata emotiva, sociale e culturale. Così facendo, Armstrong ha creato un ibrido narrativo straniante e al contempo perfetto per l’obiettivo preposto. 

Come abbiamo già raccontato, a fronte di numerosi show del passato che hanno messo in scena una coppia sbilanciata, in cui la moglie aveva sempre un ruolo di appendice rispetto al marito, Valerie Armstrong si è rifatta a una sit-com in particolare, Kevin Can Wait, a causa della sua problematica storia. Nel 2016, infatti, il personaggio di Donna Gable (Erinn Hayes), moglie di Kevin, viene ucciso dopo una sola stagione senza una ragione narrativa, ma solo – come dichiarato da Kevin James, autore della serie – per risollevare gli ascolti dello show, riportando in scena un precedente interesse amoroso del protagonista.
Questa scelta ha dimostrato, una volta per tutte e in modo innegabile, quanto il ruolo della moglie in certe narrazioni sia da sempre subordinato a quello del marito: privo di autonomia e quindi dotato di vita solo in quanto funzione del maschio, il personaggio di Donna è stato eliminato senza troppi problemi, come un sacrificio necessario alla costruzione del protagonista.
Il riferimento di Armstrong nella serie AMC (disponibile in Italia su Amazon Prime Video, al momento solo la prima stagione) è stato evidente a partire dal titolo, che manda a quel paese il marito della serie, omonimo dello show di Kevin James, in una volontà di riscatto del ruolo della moglie – qui di nome Allison, interpretata dall’eccezionale Annie Murphy (Schitt’s Creek).
Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Nella prima annata la volontà di quest’ultima, aiutata dall’amica Patty, era stata quella di uccidere il marito, vista come unica soluzione per uscire da un matrimonio impossibile; questa seconda e ultima stagione lavora invece su un concetto quasi opposto. Se ammazzare Kevin non è più possibile perché anche solo l’averci provato ha creato conseguenze potenzialmente pericolosissime (Nick potrebbe svegliarsi dal coma e dire la verità, Neil potrebbe decidere di parlare), Allison giunge alla conclusione che allora l’unico modo per salvarsi è fingere la propria morte e rifarsi una vita altrove.

Qui si inserisce una questione delicata, cioè quella di aver sempre visto la sofferenza di Allison solo nel “mondo senza Kevin”, ossia nella parte drama della serie, senza alcuna traccia dei veri abusi del marito. Kevin, infatti, non è mai in scena nella parte drama, quindi tutti i suoi comportamenti volti a denigrare Allison sono stati mostrati come in una qualunque sit-com anni ’90/00: battute fuori luogo di un uomo che non è altro che un bambinone cresciuto, egocentrico ed egoista, e poco altro.
A lungo il pubblico ha richiesto a gran voce di poter vedere Kevin nell’ambientazione più realistica, quella drama: una domanda che esprime un bisogno in realtà molto più significativo di un semplice “coinvolgimento da serie TV” e che ci racconta molto anche della vita reale. Pensiamo a quante volte una donna che subisce abusi ne maschera la portata quando si rivolge all’esterno, quando magari parla delle sue difficoltà familiari senza dire però esattamente come stanno le cose. Ecco, quante volte, quando una donna in questa condizione esplode in quello che al mondo esterno sembra un modo improvviso, la società sembra chiederne le prove, per poter stabilire se lei avesse o meno le ragioni per reagire in quella maniera?

Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Questa richiesta del pubblico ci racconta tanto di noi come società: perché se è vero che questa è “solo una serie TV”, è altrettanto vero che ci racconta un fenomeno tristemente noto, davanti al quale c’è stata una (più o meno conscia) reazione simile. Valerie Armstrong deciderà infine di mostrarci Kevin, anche se alle sue condizioni; nel frattempo porta avanti un lavoro di svelamento del personaggio attraverso le sue azioni e soprattutto le sue relazioni con gli altri, che cominciamo a vedere anche fuori dalla sit-com.
Il caso più evidente è Neil, apparente migliore amico di Kevin e fratello di Patty, che dalla seconda stagione acquisisce una propria autonomia sia come personaggio (attraverso il legame con la sorella e la relazione con Diane), sia come individuo separato dal mondo di Kevin. Quello che ci era apparso come uno sciocco quasi quarantenne, dipendente dall’amico e non dotato di grande personalità, diventa nel mondo reale un uomo che ha sì delle problematiche ma che non è affatto stupido; un uomo che dal rapporto di dipendenza con Kevin non riesce a separarsi nonostante lui lo tratti malissimo, che reagisce agli insulti dell’amico ridendo insieme a lui di se stesso, salvo poi smettere di ridere appena uscito di casa – e dalla sit-com.
Un comportamento che quindi ricalca quello di Allison, che ha per anni sopportato gli insulti del marito stemperandoli con un sorriso in pubblico, ma accumulandoli nel privato fino a non poterne più.

Se dalla parte maschile il legame tra Kevin e Neil comincia a disgregarsi, il rapporto tra Allison e Patty invece continua a consolidarsi, soprattutto considerando che partiva da presupposti molto flebili, in cui Patty per anni era stata al gioco di Kevin più per necessità che per reali affinità. Le due nuove amiche, pur attraversando diversi momenti difficili dati da caratteri introversi, sviluppano un legame inossidabile, che porterà entrambe a preoccuparsi per il benessere dell’altra: se Patty, che all’inizio aveva aiutato Allison con una certa riluttanza, si ritroverà a fare di tutto – anche mettere in pericolo la sua relazione con Tammy – pur di aiutarla a evadere dalla sua prigione, Allison stessa si sacrificherà per l’amica, mettendo in atto il piano della sua finta morte proprio dopo aver deciso di non volerlo più fare, e solo per tutelare Patty dai sospetti di Tammy.
Kevin Can F**k Himself - Stagione 2È questo rapporto a rappresentare la vera via di fuga di Allison, benché nella serie venga inserito – come da tradizione – anche un ex partner della donna, Sam. Anche qui Armstrong lavora di cesello, perché, pur partendo da una narrazione apparentemente stereotipata che vede Allison tradire il marito con l’ex, riparte proprio da qui per distruggere quel topos dall’interno.
Allison infatti non decide di lasciare il marito perché si innamora di qualcun altro che “la aiuta a vedere il mondo” o “le fa capire come può essere amata” – un tipo di narrazione che vede di nuovo la donna relegata a mera funzione, seguendo la legge non scritta per cui per liberarsi di un partner abusante non si può che trovare salvezza in un altro uomo. Nonostante la breve relazione, infatti, Sam le sarà d’aiuto solo come amico e come osservatore esterno del comportamento di Kevin (nella puntata “The Unreliable Narrator”, quella del black-out, ammette di aver finalmente capito perché la donna sia arrivata a ideare la sua morte pur di allontanarsi da Kevin). Non solo: Sam è un uomo che dal confronto con Kevin tocca con mano anche i suoi difetti, riconsiderando il suo comportamento come marito e anche come amico.

Insomma, per un’intera stagione accumuliamo dettagli su dettagli che ci avvicinano al comportamento di Kevin senza dover per forza vederlo – e quindi renderlo degno di attenzioni –, ma assistendo alle conseguenze delle sue azioni e a come il mondo esterno reagisce alla sua presenza. È significativo come tutti quelli che vengono a conoscenza del piano di Allison non si dimostrino più di tanto stupiti dal fatto che lei sia disposta a questo pur di allontanarsi dal marito: è un segno molto chiaro del fatto che ci si trovi davanti a una persona palesemente manipolatrice e violenta. La stessa Tammy, pur essendo una detective che non ha di certo Allison in simpatia, manifesta in modo chiaro il suo non essere dalla parte di Kevin “né di quelli come lui”, come le dirà quando andrà a comunicarle della morte di Nick.
Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Ad aggiungersi alle reazioni del resto dei personaggi, in questa stagione si inserisce una caratteristica di Kevin molto interessante (e disturbante) ai fini della sua descrizione: un’abilità sconcertante nel riuscire a ottenere esattamente ciò che vuole. Questo è forse il primo, vero momento in cui abbiamo la conferma che Kevin sia tutto fuorché stupido, come ci era apparso finora dal mondo sit-com; di più, è un individuo capace di utilizzare le sue abilità da manipolatore con un’intera comunità, in cui ha un ruolo molto più rilevante di quanto avessimo immaginato. Si spiega così anche il suo successo come “The Wild Dude of Worcester”, che lo porta addirittura a finire sul giornale locale: una storyline apparentemente priva di senso che però dimostra come le persone a Worcester siano in generale più tese a entrare nel suo mondo che a starne fuori, contribuendo in questo modo al suo egocentrismo.

L’ultimo tassello che manca per condurci al finale è la risposta a un’altra domanda tipica in questi casi: come ha fatto Allison a ritrovarsi in questa situazione?
Innanzitutto bisogna chiarire che questa, come le precedenti, non è una domanda posta dall’autrice, bensì una fedele riproduzione di ciò che la società ha da dire quando si trova davanti a questi casi. Il victim blaming riservato alle donne che per anni rimangono sposate a uomini simili è sempre la strada più battuta – del resto ne abbiamo ampia dimostrazione quando, ogni 25 novembre che si rispetti, i messaggi rivolti alle donne affinché chiedano aiuto o imparino a riconoscere i segnali di violenza sono sempre di più di quelli volti a proporre una diversa educazione per gli uomini.
Armstrong, nel rispondere a questa domanda che inevitabilmente il pubblico si sarebbe posto, cede a un passo falso ma recupera sotto un altro profilo. L’idea di mostrarci il primo incontro tra Allison e Kevin subito dopo la morte del padre di lei è un esempio di scrittura un po’ pigra e stereotipata, che sembra andare ad avallare tutto un mondo di daddy issues usate come spiegazione per qualsiasi cosa; tuttavia la narrazione viene recuperata dallo spostamento di focus dal padre alla madre.
Kevin Can F**k Himself - Stagione 2È straziante vedere che il flashback su Allison e sua madre sia, anche in questo caso, ambientato in una sit-com: perché capiamo in un solo istante, grazie al cambio di genere e alle conseguenti battute, quanto le umiliazioni, la svalutazione, l’autostima minata giorno dopo giorno siano cose che partono da molto prima di Kevin, e che risalgono direttamente alla madre. Diventa così un po’ più comprensibile come, alla morte del padre e quindi dell’unica persona che abbia creduto in lei, sia stato facile per Allison ricadere in uno schema a lei familiare, quello dell’abuso psicologico che aveva già subito da parte di sua madre. È solo un accenno, un ricordo piazzato nel terzo episodio “Ghost” che sembra all’apparenza lasciare poca traccia, ma che invece descrive bene come, se non affrontati, certi traumi portino le persone a reiterare quelle stesse situazioni, a cercare negli altri quei comportamenti non per masochismo, ma perché si fatica a riconoscere in se stessi dei motivi validi per meritarsi qualunque altro trattamento.

Arriviamo quindi al series finale, Allison’s House”, in cui assistiamo alla distruzione di quella stessa casa, ma non prima che la donna vi abbia rimesso piede e reclamato le sue volontà.
Ci sono diversi elementi degni di nota in questa puntata, ma quello che più colpisce è la soluzione meta-narrativa di chiamare a interpretare la nuova compagna di Kevin proprio Erinn Hayes, l’interprete di Donna Gable, cioè la moglie uccisa in Kevin Can Wait. Se in quella serie Kevin James decise di farla fuori per futili motivi, qui è come se la stessa Donna tornasse a reclamare la sua esistenza. Hayes interpreta infatti Molly, che si presenta come un’altra donna alla mercé di Kevin, salvo poi riuscire a lasciarlo dopo aver parlato con Allison. Anche qui, le parti reticenti sono dense di significato: non abbiamo bisogno di assistere alla conversazione tra le due donne perché ci basta sapere che parlano la stessa lingua; che Molly capirà esattamente a quali comportamenti Allison farà riferimento, che li riconoscerà ma che soprattutto si sentirà validata da qualcun altro (cosa che ad Allison non era mai successa in maniera esplicita) per poter andarsene prima che sia troppo tardi.

Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Se ne va Molly, se ne va Neil, se ne va persino il padre Pete. Ed è proprio quando Kevin rimane da solo che comincia a sentirsi a disagio, perché che cos’è un uomo come lui senza pubblico, ma soprattutto senza qualcuno su cui sfogare la propria violenza? Il ritorno di Allison dal mondo dei morti è accolto da Kevin con gioia per il semplice fatto di avere di nuovo qualcuno alla sua corte, una donna con cui sostituire immediatamente quella Molly che a sua volta aveva rimpiazzato la (apparente) defunta moglie. Ma è qui che Allison pronuncia le parole magiche che rompono l’incantesimo e che portano al definitivo cambio di genere: quando Kevin le dice che lei non vuole davvero divorziare, Allison risponde con un perentorio “Of course I do”. È successo: il pubblico da sit-com, quello che rideva a ogni battuta fino a poco prima, esplode in un fragoroso applauso, manifestando il suo supporto alla donna, togliendolo di fatto a Kevin. È proprio questo il momento in cui la sit-com sparisce e la realtà si palesa per quella che è.
Qui Eric Petersen ci regala una performance ottima e spaventosa, proprio per i modi con cui cerca di sminuire la volontà di Allison: prima mellifluo (“Honey, you’re not serious about this”) poi denigratorio (“You leave me, and you will be back, begging for help or money or attention before you know it”) fino al punto di mostrarci a che livelli fosse arrivato negli anni il gaslighting nei confronti della moglie, quando le rinfaccia di non aver mai avuto il coraggio di andarsene a Parigi o di proseguire i suoi studi perché “poi alla fine tornava in sé”, e noi capiamo che invece era stato sempre lui a manipolarla.
Kevin Can F**k Himself - Stagione 2Il confronto è breve, ma la tensione va alle stelle grazie all’interpretazione di Peterson e di una straordinaria Annie Murphy: quando Allison si dimostra più forte di lui e gli fa notare di essere rimasto solo, la violenza fisica si manifesta attraverso un pugno alla parete proprio accanto alla donna. Murphy è impeccabile nel suo alternare determinazione a sobbalzi terrorizzati, fino all’ultima battuta: davanti alla minaccia finale di Kevin, le sole parole della donna sono “Do your worst”, prima di andarsene per sempre di casa.

Sono pochi i minuti in cui vediamo Kevin fuori dalla sit-com, prima che lui stesso, ubriaco, si uccida accidentalmente, dando fuoco alla casa nel tentativo di bruciare tutto ciò che apparteneva alla moglie. Abbiamo potuto vederlo solo per un paio di (terrificanti) minuti, ma c’era davvero bisogno di assistere ad altro? Non poteva che andare così – perché questa non è la storia di Kevin, ma la storia di Allison. Kevin ha preteso il centro dell’attenzione per due stagioni e ora la sua violenza non si merita neanche un minuto in più di rappresentazione.
A meritarsi invece l’attenzione che solo un finale di serie sa dare è il legame tra Allison e Patty, che si ritrovano sedute sulle scale della casa ormai ridotta in cenere, nella stessa posizione in cui sono state tante volte ma questa volta libere – una dal marito violento, l’altra da un fratello incapace di crescere e da una compagna che voleva decidere tutto per lei.
“Let’s die alone togeher”, propone Patty, impersonata da una superba Mary Hollis Inboden, e Allison risponde allo stesso modo. Non è più tempo di scappare, e forse i loro traumi le porteranno davvero a stare da sole per il resto delle loro vite, ma almeno lo faranno insieme.

Kevin Can F**k Himself - Stagione 2In un panorama televisivo che, quando imbrocca un trend, sembra non tenersi più dallo sfornare prodotti sempre più uguali tra di loro, sperimentare è innanzitutto un atto di grande coraggio. È anche un modo per ridigerire il passato, non certo cancellandolo ma problematizzandolo proprio per permettere a tutti – pubblico, addetti ai lavori – di riflettere su quanto la TV sia simbolo della realtà e allo stesso tempo capace di perpetuarne i comportamenti e di cristallizzarli, in un circolo vizioso spesso difficile da interrompere.
Il lavoro di Valerie Armstrong è sperimentale e in quanto tale non sempre ha centrato i suoi obiettivi, soprattutto a livello di gestione dei tempi; ma è un difetto che si accetta ben volentieri in cambio di un lavoro come questo, che ha portato avanti la riflessione sul ruolo della donna nella società in un’ottica femminista e molteplice, riguardante la scrittura, la rielaborazione dei generi e il loro rimescolamento, la riflessione critica e la rivincita simbolica di personaggi e attrici.
Poteva forse durare di più, e approfondire anche altri personaggi come è stato fatto ad esempio con Neil (Alex Bonifer in questa seconda stagione è stato ottimo); ma allo stesso tempo non è da tutti poter chiudere uno show alle proprie condizioni, e non si può che essere contenti di vedere il risultato del duro lavoro di Valerie Armstrong e del suo cast.

Voto Stagione: 8
Voto Serie: 7/8

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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6 commenti su “Kevin Can F**k Himself – Stagione 2

  • Genio in bottiglia

    Seconda stagione recuperata in ritardo. Ottima serie, bravi gli interpreti e, soprattutto, che bello potersi chiedere una volta tanto se la serie non sia durata troppo poco. La sit-com perde di consistenza in queste otto puntate, ma immagino fosse inevitabile. Come sempre, complimenti per la recensione, Federica.

     
  • Tommaso

    Grazie per questa recensione! Bella serie! Dopo qualche dubbio nelle prime puntate della prima stagione alla fine mi é piaciuta! Volevo darti un riscontro costruttivo, sulla recensione, valuta di tradurre tra parentesi le battute in inglese, anche se nel mio caso ho avuto problemi solo con “Do your worst”, ma anche con certi termini come “gaslight” o “topos” che ho dovuto cercare per capire il discorso!

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      Ciao Tommaso, sono contenta che la serie, pur mettendoci un po’, ti abbia conquistato!

      Sulle specifiche che hai scritto, ti rispondo nel dettaglio:
      – da sempre nelle recensioni mettiamo citazioni in inglese (o lingua originale in genere), che traduciamo solo quando la loro comprensione diventa essenziale per capire il concetto – questo per evitare che l’articolo diventi lunghissimo e pesante.
      Qui la frase è un di più: la parte importante è che lei se ne vada di casa, ed è scritta in italiano. Quando la frase inglese è essenziale alla comprensione, nelle nostre recensioni troverai sempre una traduzione o quantomeno una riformulazione in italiano del significato.

      – per topos e gaslighting, mi dispiace molto ma sono termini entrati nell’uso della lingua italiana, il primo peraltro da un pezzo (li trovi entrambi nel vocabolario italiano della Treccani).
      Il primo è un termine frequentissimo utilizzato nella critica letteraria e non ha un corrispondente specifico perché deriva dalla retorica greca antica; il secondo è un termine più recente, che, proprio per la sua mancanza di un corrispondente diretto in italiano (se non con un lungo giro di parole), viene utilizzato ormai riportato così anche in italiano, come può confermarti appunto il vocabolario Treccani.

      Grazie del tuo contributo!