Iron Fist – Stagione 2


Iron Fist - Stagione 2L’inesorabile avanzata del Marvel Cinematic Universe ha visto alti e bassi, prodotti superlativi e mediocri. Durante la prima ondata seriale delle trasposizioni dalle pagine dei fumetti al piccolo schermo, Iron Fist (2017) è stato l’anello debole che ha sfigurato accanto alla prima annata di Jessica Jones (2015) o Daredevil (2015); lo show è stato affossato dalla mancanza di uno spessore nella trama, di spettacolarità nei combattimenti e dalla poco convincente prova attoriale di Finn Jones (Game of Thrones), il quale, è credenza diffusa, sia stato uno dei motivi della delusione verso il tanto atteso crossover The Defenders (2017).

Il rinnovo per una seconda stagione viene dall’esigenza di un grande franchise che si muove all’unisono, articolandosi in più media e più storie, quindi inevitabile, nonostante le numerose recensioni negative della critica e l’accoglienza tutt’altro che positiva del pubblico. Le nuove avventure del “drago” sono ambientate successivamente alle vicende de The Defenders e mostrano un Danny costretto a barcamenarsi in mezzo alle guerre tra le triadi criminali che cercano di spartirsi il territorio lasciatogli in custodia da Matt Murdoch ed il ritorno del suo vecchio amico Davos, unitosi a Joy nell’astio verso il giovane rampollo; sua consolazione è Colleen, con cui intreccia una storia romantica. I due si sosterranno a vicenda per sconfiggere Davos e portare la pace nel quartiere, in un susseguirsi di combattimenti di arti marziali e dilemmi sulla responsabilità.

Se le premesse sembrano interessanti, purtroppo, la resa non incontra le aspettative. Lo show non riesce a scrollarsi di dosso i punti deboli della prima stagione e continua su dei binari già tracciati nel MCU, purtroppo fallendo nel trovare una propria dimensione. Il primo problema che si palesa nel dipanarsi delle trame della seconda annata di Iron Fist è la sua dipendenza da un precedente non brillante: le storie proposte nei dieci episodi che compongono il nuovo capitolo delle avventure di Danny Rand poggiano le loro basi sulla mollezza e sulla mancanza di uno spessore che non si è stati in grado di costruire precedentemente. Le motivazioni dei personaggi appaiono blande e insapori, come il rapportarsi tra loro non fa presa durante i deboli sviluppi ed intrecci, impedendoci di vedere come riconoscibili ed iconici i personaggi di Iron Fist, due qualità sulle quali ha molto puntato l’MCU nel piccolo come nel grande schermo.

Iron Fist - Stagione 2Sulla medesima onda, un altro difetto che affligge questo nuovo prodotto dei serial-comics è la sua volontà di spiegare troppo, finendo con il mostrare poco e venendo meno così ad una delle regole auree della narrazione che è lo show, don’t tell. Sono troppe le scene in cui due personaggi mettono al corrente lo spettatore dell’evoluzione della trama, anziché sviscerare il loro rapporto o i loro pensieri riguardo le vicende che sono costretti a vivere. In questo modo il pubblico si trova nella condizione di non riuscire a partecipare emotivamente alle situazioni che si sviluppano nel corso degli episodi, soprattutto per quanto riguarda la prima metà della stagione; si tratta di un fardello importante, che pesa su ciò che di avvincente dovrebbe esserci in una serie sulle arti marziali e che drena attenzione dai personaggi stessi, resi solo un mezzo per esplicare una trama che non vivranno mai appieno. Per il medesimo motivo è difficile provare dispiacere per la morte del giovane BB in “War Without End” o essere coinvolti nello struggimento tra onore e realtà nel rapporto di Davos con Joy in “The Fury of Iron Fist” e “This Deadly Secret”.
A migliorare almeno in parte questa situazione troviamo i flashback, molto ispirati in particolare nella narrazione della storia di Davos sin dal secondo episodio “The City’s Not for Burning”; tuttavia, pur risultando spesso azzeccati e di grande effetto, da soli non riescono ad adempiere al compito di ammantare la storia dell’atmosfera mistica che le apparterrebbe, complici appunto i difetti fin qui esposti.

Infine, è d’uopo considerare ciò che il legame con il MCU significa per la seconda stagione di Iron Fist, ora che il primo grande crossover è stato lasciato alle spalle ed ancora i serial-comics si intrecciano, pur rimanendo separati dalle grandi produzioni cinematografiche. Il legame con le altre serie è l’ennesimo ostacolo per il successo qualitativo dello show che vede come protagonista Danny Rand, perché non si palesa in un possibile – e potenzialmente intrigante – gioco di riferimenti, ma in un manierismo pesante, che è padre dei difetti sinora citati. Sul piano concettuale ripercorriamo strutture narrative e stilemi già collaudati, già sviscerati nelle precedenti serie targate Marvel, ed è subito chiaro perché in The Punisher ed in Luke Cage funzionino ed in Iron Fist no. Nelle altre serie, questi erano un punto di partenza per raccontare storie di una certa profondità, con soluzioni narrative non originali, ma che funzionavano grazie ad un’impalcatura tematica importante: Daredevil aveva il conflitto tra giustizia e vendetta, Jessica Jones del trauma successivo all’abuso, Luke Cage trattava della vita nelle comunità di colore ed il concetto di identità.
Iron Fist - Stagione 2In Iron Fist, che ci si aspetterebbe legato al trattamento del misticismo del predestinato, della responsabilità di un potere misterioso e magico, sfalda le sue possibilità in dialoghi prolissi, vicende poco convincenti ed in un tentativo molto blando e poco riuscito di assomigliare alle altre serie del medesimo brand.  Nella seconda annata ritroviamo il conflitto tra il giustiziere e l’eroe, speculare a quello tra Matt Murdoch e Frank Castle in Daredevil, il conflitto tra vita privata e vocazione superomistica, già sviscerato in Luke Cage nel rapporto tra Claire e Luke, il protagonista sconfitto dalla nemesi perché non ancora pronto – “The dragon dies at dawn” –, già accaduto sin dalla prima serie di Daredevil, e le comunità di recupero, già viste in The Punisher e nella meno ispirata stagione di Jessica Jones. Sono momenti che, in assenza di un collante tematico a tenerli assieme, divengono un’esecuzione manieristica e non la storia corale che i serial-comics si sforzano di raccontare.

Proprio i personaggi sono le figure su cui si ripercuote sempre di più la mancanza di spessore dello show sull’iron fist. Danny Rand, interpretato dal pur sempre abile Finn Jones, ha difficoltà a trovare una propria dimensione; da un lato il suo percorso interiore risulta poco convincente per scelte sin troppo ingenue, come l’organizzare la cena dell’episodio “This Deadly Secret”, o senza una vera spiegazione, vedasi la decisione in “Morning of the Mindstorm” di affrontare la perdita dell’Iron Fist allenandosi in arti marziali che avrebbe già dovuto conoscere. Il suo rapporto con la magia che anima e rende il suo pugno un’arma tremenda è un altro punto dolente del personaggio ed un’opportunità che non è stata sfruttata a dovere. Risulta chiaro che il protagonista della serie non sia Danny, ma il potere da lui detenuto, che tutti cercano e nessuno sembra in grado di conquistare e reclamare come proprio; nel suo rapporto con questo potere, il “drago” si limita a stringere il pugno e farlo brillare, pur sfogandosi spesso in dichiarazioni sull’aver difficoltà nel comprenderlo. Ci viene consegnato un personaggio con buone potenzialità, ma che si dimostra piatto, quasi stereotipato, anche nel rapporto con la compagna d’arme e d’amore Colleen Wing.

Iron Fist - Stagione 2Pur potendo vantarsi della presenza della bravissima Jessica Henwick (Game of Thrones, Silk), non solo quest’ultima soffre dei problemi sopracitati, ma le vengono addossate due sottotrame, presumibilmente importanti nell’intreccio narrativo, che si rivelano troppo blande o di convenienza perché creino una reale connessione con l’ex-assassina. Il coinvolgimento nella sua comunità diventa un pretesto per muovere la storia senza che realmente abbia effetto su di lei o sul mondo che la circonda, ed il dono nel primo episodio di un cofanetto contenente reliquie di famiglie viene ignorato per gran parte della stagione e riaffrontato solo alla fine, come pretesto per portare Danny lontano, in oriente. L’introduzione della pur brava Simon Missick nei panni di Misty Knight per l’atteso debutto delle Daughters of the Dragon si spreca in dialoghi fini a se stessi, che richiamano vagamente un’idea di collaborazione e non contribuiscono a creare l’attesa che dovrebbero, né nello spettatore casuale, né nei fan della Marvel.

Il supporting cast stesso, sebbene sia ben integrato nel dipanarsi della trama, per la maggior parte non brilla, e condivide le problematiche dei protagonisti. Joy, collega di Danny già apparsa nella prima stagione, ritrova un’ottima interprete in Jessica Stroup (The Following), ma ritrova al contempo i suoi difetti; il personaggio di Joy continua ad essere incostante ed incoerente nelle sue scelte, prima cercando l’alleanza con Davos, poi cercando il doppio gioco per salvare Danny, dopo che gli è stato sottratto l’iron fist. Ancora meno convincente è il fratello, Ward, complice un’interpretazione piatta ed assolutamente non all’altezza di Tom Pelphrey, dopo i suoi trascorsi in Banshee.

Iron Fist - Stagione 2Sarebbe sbagliato affermare che non vi siano elementi positivi in questa seconda annata di Iron Fist, per quanto insufficienti per risollevarne le sorti. Davos, interpretato da un Sacha Dawan (Sherlock, Not Safe for Work) in grande spolvero, ha il giusto carisma nell’interpretazione di un villain convincente, mosso da intenzioni giuste: un violento che non gode del male che infligge ai nemici. Il suo disperato elevarsi a maestro senza esserlo lo rende una figura tragica, e i flashback sul suo passato ci donano i momenti più toccanti della stagione, mostrando il tormentato rapporto con la madre, che l’ha reso un uomo colmo di senso dell’onore e rancore in egual misura. Altro fiore all’occhiello di questa stagione viene da una nuova entrata, Alice Eve (Black Mirror), a cui è affidata la problematica Mary Walker – Bloody Mary nei fumetti. In un’interpretazione spiritata e sfaccettata, vi è uno dei ritratti più coinvolgenti ed una delle trasposizioni più fedeli dalla pagina del fumetto al piccolo schermo: una serial killer dalle molteplici identità e, nell’ennesimo flashback, uno dei più diretti riferimenti alla Marvel del grande schermo di Avengers: Age of Ultron nell’esperienza di Mary nella battaglia di Sokovia.

Come la prima stagione, la seconda annata di Iron Fist non convince, tra difetti che ancora si trascinano e nuove opportunità sprecate, nonché il tentativo di creare un’unità di temi e tenori di narrazione che valga per ogni serie Marvel, ma che purtroppo mal si adatta alle varie e variegate personalità degli eroi che vengono introdotti nel panorama seriale.

Voto: 5½

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