All American – 1×01 Pilot


All American - 1x01 PilotAll American è un prodotto che a prima vista sembrerebbe facilmente classificabile: lontano anni luce dalla impostazione stilistica dei prestige drama, priva di quelle caratteristiche formali che di solito permettono per convenzione di vincere i premi e ascrivibile alla sfera delle produzioni seriali teen non troppo realistiche, leggere e pensate per un intrattenimento spensierato e senza reale peso contenutistico.

La serie tv prodotta da The CW e creata da April Blair scarta i pregiudizi qualitativi di questo tipo attraverso un episodio pilota che, seguendo linee editoriali condivise anche da altre produzioni del network, dimostra fin dai primi minuti di possedere un’equazione creativa di tutto rispetto, direzionata verso precisi obiettivi e irrobustita da una forza comunicativa in grado di parlare trasversalmente agli spettatori (con un occhio ovviamente puntato al pubblico americano) di tematiche importantissime attraverso una storia di formazione sportiva. Il racconto, ispirato da eventi reali realmente accaduti e in particolare alle vicende del giocatore di football Spencer Paysinger, è incentrato su Spencer James (Daniel Ezra), un ragazzo dal grande talento della periferia di Los Angeles, e sul cambiamento portato nella sua vita dall’allenatore della squadra di football di Beverly High, prestigioso liceo di Beverly Hills; alla lotta agguerrita per il  titolo sportivo si mescoleranno i segreti delle famiglie coinvolte in questo passaggio dalla vita senza prospettive dei sobborghi a quella piena di ambizione del quartiere più facoltoso della città, con conseguenze importanti per tutti i membri coinvolti.

L’episodio non lascia tempo allo spettatore di adagiarsi con comodità su un’introduzione blanda e scatta subito con una accelerazione contenutistica importante, grazie a una serie di immagini che racchiudono in una parentesi sigillata dalla sigla l’essenza della vita nella periferia di una grande città americana. È un inizio perfetto per una storia non solo interessata a raccontare il mondo del football studentesco (e quindi la realtà scolastica americana) ma anche e soprattutto l’identità di un individuo: con completezza e differenti prospettive, coscienza del contesto di ambientazione e consapevolezza della difficoltà di trovare nel linguaggio dell’intrattenimento il giusto peso e le giuste misure per raccontare elementi di risonanza sociale non indifferente. Il resto del pilota procede a un ritmo molto sostenuto, grazie a una scrittura che guadagna molto dalla direzione artistica del produttore esecutivo Greg Berlanti, maestro della televisione contemporanea in grado di costruire grandi universi narrativi perfettamente ordinati (se si pensa al cosmo DC costruito da CW) e mondi più piccoli, come questo di All American.

All American - 1x01 PilotNon è difficile percepire la (apparente) facilità con cui sono delineate le coordinate spaziali di questo piccolo cosmo sociale, i rapporti di forza tra personaggi di diversa provenienza, la costruzione degli stereotipi, la disposizione nascosta degli elementi caratterizzanti per modificarli in futuro e il ruolo in tutto questo del protagonista principale. Sorprende la rapidità con cui la partecipazione emotiva dello spettatore si allaccia alle azioni e ai sentimenti di Spencer e con cui ci si sente coinvolti negli eventi del quadro generale. È forse il merito del linguaggio dello sport – che gioca un ruolo fondamentale sia nel minutaggio che nell’economia narrativa dell’episodio – e della sua portata universale, in grado di accendere, anche negli spettatori con un grado di interesse più basso verso le problematiche giovanili di un ragazzo piombato in un mondo ostile, un istintivo tifo per il successo dell’individuo in difficoltà. Forse è il merito di una narrativa in grado di equilibrare la leggerezza da soap opera (perché anche questa tonalità espressiva è presente nei toni utilizzati dall’episodio) con il peso della riflessione sociale: da una parte la storia è servita attraverso meccanismi accattivanti e rappresentazioni relazionali intense; dall’altra è caratterizzata da dettagli realistici che ricordano a qualsiasi spettatore la durezza della realtà americana e la radicalità inestricabile dei comportamenti antisociali (dalla criminalità del ghetto al razzismo classista dei ricchi) all’interno di certe situazioni.

Ne deriva un intrattenimento che, pur essendo pensato soprattutto per i giovani, è corazzato da una responsabilità narrativa di respiro adulto, che inoltre si dimostra più interessata alla validità e alla credibilità degli eventi che alla loro spettacolarità, preferendo un asse narrativo a tratti prevedibile ma solido e coerente con se stesso a una struttura narrativa confusa o solo concentrata sui colpi di scena. L’episodio si riserva solo piccole e concentrate sorprese e chiude il suo minutaggio con un colpo di coda che aggiunge la convinzione, già maturata durante la visione, di essere davanti a un prodotto che sembra saper soddisfare le sue ambizioni e raggiungere gli obiettivi prefissati. Per averne conferma non resta che seguire la storia sportiva e personale di Spencer e assistere all’andamento delle prossime puntate tra gare di football, confronti sociali e momenti di crescita.

Voto: 7

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Informazioni su Leonardo Strano

Convinto che credere che le serie tv siano i nuovi romanzi feuilleton sia una scusa abbastanza valida per guardarne a destra e a manca, pochi momenti fa della sua vita ha deciso di provare a scriverci sopra. Nelle pause legge, guarda film; poi forse, a volte, se ha voglia, studia anche.

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