Cosa succede se sei un ragazzo problematico, fai servizi socialmente utili e all’improvviso ti piombano addosso dei poteri tanto bizzarri quanto non richiesti? A questa domanda hanno risposto le prime due stagioni di Misfits; con questa terza si inizia ad esplorare un terreno diverso: quello dei poteri richiesti e della consapevolezza che ne deriva – o dovrebbe.
Diciamo subito che le nuove vesti dei nostri non-eroi assumono molto più senso ai nostri occhi che non ai loro, con qualche dovuta eccezione.
Partiamo da Kelly: nonostante il suo “I’m a fuc*ing rocket scientist!” sia diventata la mia frase preferita della settimana, sembra che persino lei non abbia le idee molto chiare a riguardo. Per quale motivo avrebbe dovuto scegliere come superpotere di essere un’ingegnere aerospaziale? Benché rientri senza dubbio nella logica assurda che permea Misfits fin dalla prima stagione (ma almeno all’inizio quelle nuove abilità erano cadute dal cielo), la scelta può lasciare stupiti. Eppure, ad un’analisi più approfondita, la questione acquisisce senso e si inserisce nella costruzione dell’identità della ragazza. Kelly vuole sentirsi rispettata, ma al contempo non vuole perdere se stessa, l’adesione ai suoi ideali e ai suoi princìpi: credo che, senza accorgersene, abbia scelto un potere esageratamente grande proprio per essere rispettata e tuttavia essere costantemente condannata al fallimento e al non riconoscimento, di fatto esprimendo una contraddizione molto frequente e realistica. Alisha e Simon, entrambi in rapida e parallela evoluzione, hanno optato per due poteri che molto dicono sulla nuova versione di loro stessi: mentre lei può vedere con gli occhi degli altri (segno di una crescente empatia mai così manifesta), lui ha scelto di conoscere il futuro in anticipo – consapevole del fatto che questo gli servirà per diventare Future-Simon. Curtis rimane, come sempre, un po’ fuori da tutte queste analisi: non a caso la sua abilità – trasformarsi in ragazza – viene mostrata come uno scarto, come l’ultima rimasta: quasi un “potere non richiesto”, eppure accettato, che rimanda alla gloriosa prima stagione e all’impossibilità della scelta.
Eliminate le questioni relative ai personaggi principali, rivolgiamo tutti la nostra attenzione al grande, gigantesco elefante nella stanza.
Nathan.
Quello che aveva la faccia da misfit anche nella vita di tutti i giorni e che se n’è andato per fare soldi per motivi importantissimi e non in discussione qui. La sua assenza, inutile dirlo, si sente eccome, soprattutto in contrasto con la new entry; ma non certo perché il personaggio di Rudy non funzioni, anzi. Lo sdoppiamento del sé e il conflitto che ne consegue rappresentano forse uno dei poteri più realistici mai mostrati nell’universo di Misfits, associabile sia ad un reale disturbo della personalità, sia al celebre esempio di Dr Jekyll e di Mr. Hyde in letteratura.
L’attore che interpreta Rudy, Joe Gilgun, è di grande bravura e riesce non solo ad esprimere in modo più che soddisfacente questo dualismo, ma anche ad inserirsi nelle dinamiche del gruppo che noi tutti conosciamo. Eppure, il suo modo di parlare, la sua volgarità e la sua schiettezza ricordano fin troppo da vicino Nathan; davanti a questo, la sua – seppur ottima – performance corre il rischio di essere offuscata dall’immagine di Robert Sheehan che riaffiora in più di un’occasione – soprattutto in un episodio in cui, per forza di cose, l’attenzione incentrata su Rudy è maggiore rispetto a quella dedicata agli altri.
Questo Episode 1 della nuova-era-senza-Nathan si mostra per necessità come una puntata introduttiva, concentrata più sul come far entrare Rudy nel gruppo e sul come spiegare i nuovi poteri che non su tutto il resto. Ma ci può stare, soprattutto visto che appena possibile l’episodio alza l’asticella dell’attenzione e della tensione con la “scena degli impiccati”, primo vero momento di azione e di reale utilizzo dei poteri in situazione d’emergenza. A tal proposito, è un peccato che la bionda Tanya sia già stata eliminata: oltre ad avere una faccia da stronzetta psicopatica perfetta per la serie e un potere molto interessante (sicuramente più di quello di Curtis), mi sarebbe piaciuto che rimanesse giusto il tempo per spiegare come diavolo ha fatto a mettere da sola Alisha e Rudy in bilico sulle sedie. Alla fine si ritrovano riuniti al centro servizi sociali, dove tutto è nato e tutto può rinascere, accomunati da un nuovo segreto da mantenere – e del resto, cosa c’è meglio di un morto, o addirittura due, per creare e rinsaldare dei legami?
E’ iniziata comunque meglio del previsto questa terza stagione: la mancanza di Nathan si sente, ma se gli autori si impegnano a dare a Rudy caratteristiche più sue che non del desaparecido di cui sopra, forse ne può uscire qualcosa di ben sopra le aspettative. Dopo questa più che necessaria puntata introduttiva, restiamo in attesa delle prossime per vedere se queste speranze saranno confermate o tradite.
Voto: 7 1/2