Un padre attraversa una campagna con in braccio il proprio figlio gravemente malato di febbre; sono diretti a un villaggio dove troveranno delle cure, quando a un certo punto il figlio in preda ai deliri della malattia dice di vedere il Re degli Elfi. Il padre non gli crede e lo porta di corsa a casa, ma all’arrivo la creatura tra le sue braccia è già morta.
Questa la trama di Erlkonig, ballata di Johann Wolfgang von Goethe scritta nel 1782, che dà il titolo a uno dei più importanti episodi della stagione, diretto magistralmente da Tim Van Patten. La potenza metaforica del brano rimbalza sulle storie raccontate dalla serie a questo punto del suo svolgimento, offrendo la costante presenza di coppie in cui il fattore caratterizzante è quello generazionale o gerarchico. Che siano padre e figlio, zio e nipote, capo e sottoposto, tutte le relazioni raccontate non possono che far riferimento alla storia archetipica raccontata da Goethe, senza per questo però perdere le proprie specificità narrative.
“I promise, you can live with it”
Uno dei segmenti più interessanti della puntata è direttamente collegato al finale dell’episodio precedente, chiamando in causa il giovane William Thompson e suo zio Nucky, allargando poi il discorso a un’ampia riflessione sull’ambiente nel quale entrambi vivono (e, nel caso di Nucky, hanno vissuto), sul concetto di famiglia e sul sistema valoriale ai quali entrambi fanno riferimento. In questo frangente emerge chiaramente la derivazione scorsesiana dell’opera e il peso che la poetica dell’autore ha sulla serie: fin dal loro primo incontro zio e nipote hanno instaurato un rapporto padre-figlio tipico del cinema dell’autore di Taxi Driver, in cui la dimensione formativa, maieutica, è lo spazio in cui vengono messi in evidenza gli orizzonti sociali e culturali dei protagonisti. Ecco quindi che torna con prepotenza l’importanza della famiglia sopra ogni altra cosa, del sangue sulla legge. Un atteggiamento che ha non pochi rimandi a Good Fellas, dove da una parte il giovane e inesperto veniva incentivato a studiare a crescere in maniera diversa rispetto ai propri padri (inteso nel senso più esteso possibile), ma dall’altra a questi veniva impartita la lezione per cui la menzogna è la strada per diventare uomini e convivervi è l’unica soluzione possibile. Proprio secondo il manuale della scorsesità, Willie è immediatamente accattivato dall’ambiente che gli si prospetta davanti, specie grazie al timore reverenziale che prova nei confronti di Nucky, ma l’entusiasmo diventa amaro compromesso quando scopre realmente le regole di quel mondo; per salvare il sangue del suo sangue, Nucky ha sacrificato Clayton, ovviamente all’insaputa del nipote. Anche con questo dovrà convivere il giovane Thompson e non avrà altra scelta che imparare a farlo nel modo più indolore possibile.
“Usa la capa per una volta”
Sopperire alla mancanza di Gyp Rossetti è sicuramente un compito arduo per i creatori della serie, che in questa stagione hanno deciso di non ricreare un antagonista dominante e giocare su altri terreni sfuggendo così al confronto. La soluzione è quella di dare più spazio alla struttura, al racconto come grande costellazione, insieme di cuori collegati tra loro, di centri nevralgici da approfondire e sviscerare. Uno dei più interessanti è a Cicero e sfrutta l’intrinseca complessità della famiglia Capone e il loro incontro con il fu Van Alden, personaggio dalla mai celata imprevedibilità. L’incontro/scontro tra quest’ultimo e Al Capone è una delle novità più belle della stagione, sia perché torna a esaltare le grandissime qualità interpretative di Michael Shannon, sia perché entrambi i personaggi sembrano poter esprimere il meglio del loro arco drammatico attraverso la loro collisione, impatto che non manca di avere anche connotazioni ironiche grazie alla differenza delle corporature dei due. Il loro rapporto è complicato dal ruolo del fratello di Al, quello smilzo, molto più riflessivo e per certi versi saggio, il quale instaura immediatamente un rapporto di vicinanza con il fu Van Alden, dandogli dei soldi e incoraggiandolo a passare sopra i soprusi dell’esuberante fratellino. Proprio per questo la morte di Frank, specie per la sua crudezza, ha tutta l’idea di essere un fondamentale turning point, sia per lo squilibrio che andrà a creare tra Al e il suo novello sottoposto, sia per le reazioni che creerà all’interno del carattere già esplosivo del minore dei fratelli Capone. Nulla sarà come prima e le parole di Al (“every fucking thing that crawls… is gonna pay”) sono da questo punto di vista un messaggio inconfutabile. Il tutto non manca di collegarsi direttamente alla storia del celeberrimo gangster, situando la vicenda il giorno dell’election day e continuando quel percorso che porta Al Capone a impadronirsi progressivamente delle istituzioni, anche in relazione a una cittadinanza che ormai fa fatica a sentirsi rappresentata da una polizia che agisce a colpi di mitragliatrice in pieno giorno.
“You best go easy now, little bo”
L’altro incrocio potenzialmente interessante, anche se per ora non ancora foriero di conflitti come quello di Cicero, è quello che vede le vicende legate a Gillian andare a impattarsi con Dunn e quindi con doctor Narcisse e quindi ancora con il mondo che sta nascendo nella black Harlem. L’ex braccio destro di Chalky White ha ormai cambiato identità, entrando in un regime quasi feudale dove interpreta un signorotto potente con lustrascarpe al seguito, padrone del suo piccolo feudo e che non manca di sottolineare il proprio rinnovato potere esaltando ogni sillaba del suo nuovo nome, Mr. Oxford. La droga, che abbiamo capito essere la principale fonte di remunerazione dell’impero di Narcisse, è il collegamento tra Harlem e Gillian, una donna che non sembra smettere di precipitare, di affondare sempre più in un mare di disperazione e fallimento. Da questo punto di vista l’incontro col nipote è di una tristezza infinita, difficile da sostenere anche per lo spettatore, per via di un bambino che fa fatica anche solo a guardare la propria nonna/madre, la quale non può che generare un sentimento di compassione, immersa com’è in una condizione dalla quale sembra impossibile uscire. Tuttavia, Gillian è una donna dalle mille risorse che, anche quando è talmente disperata da umiliarsi offrendo favori sessuali a destra e a manca, è meritevole di essere premiata dalla fortuna: Roy è infatti la sua luce in fondo al tunnel, l’angelo custode che potrebbe sollevarla dallo stato catatonico in cui si trova.
L’ultimo e fondamentale segmento fa da cornice all’episodio e non a caso è quello in cui viene citata la ballata di Goethe che sta dietro al titolo. L’anello debole della catena di Nucky Thompson ha ceduto, Eddie ha tradito, ha parlato, non è riuscito a resistere al logoramento del gelido e spietato Warren Knox (che si dimostra un grandissimo personaggio, capace di parlare tedesco e di non arretrare di un centimetro come vorrebbe la sua infaticabile determinazione). L’orgoglio e l’onore del maggiordomo mitteleuropeo però gli costano la vita: Eddie non riesce a sopportare il peso di questo tradimento e si lancia dalla finestra nel suo ultimo volo, lasciando una lettera che sicuramente non passerà inosservata.
Episodio quasi perfetto, che imprime una decisa scossa alla storyline principale e apre alla seconda parte della stagione.
Voto: 8,5
Magnifico episodio, pura poesia.
Questa quarta stagione sarà una svolta in tutti i sensi, applausi.
Episodio splendido. Noto che rispetto alla stagione scorsa, l’accelerata sta arrivando molto prima.
Il discorso di Nucky al nipote mi è piaciuto da matti, perchè era di un ambiguità eppure allo stesso tempo di un fascino molto alti.
Personalmente credo però che Gillian non riuscirà più a rialzarsi; credo anzi che porterà il suo angelo custode nel baratro con lei.
Per quanto riguarda Eddie…mi mancherà non poco…amavo quel personaggio così particolare e mi spiace anzi che gli sia stato dato vero spazio solo nelle ultime puntate, prima che morisse.
Insomma, thanks Boardwalk..grazie a te per qualche minuto sono riuscito a dimenticarmi che è finito Breaking Bad.
Bella puntata e bella recensione.
Anche se a me purtroppo non ha fatto dimenticare la fine di Breaking Bad, la puntata mi ha fatto comunque passare un’ora di ottima qualità davanti al PC. Mentre guardavo la puntata pensavo che mi stavano piacendo molto Frank Capone e ed Eddie…..immaginate la mia frustrazione quando ho visto il primo crivellato stile sonny ne il padrino ed il secondo fare un volo alla Baumgartner!!!
Puntata intensa e raffinata che a mio avviso ci lancia verso una stagione Caponecentrica ora che Frank è morto, Al ha il sangue agli occhi e l’ultimo fratello sarà braccato niente di meno che da F. Edgar Hoover.
Boardwalk empire invecchia bene a differenza di tante altre serie.