The Deuce – 2×08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the Pretend 4


The Deuce - 2x08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the PretendBasta fare un piccolo salto indietro e ripensare a come si apriva la serie di David Simon e  George Pelecanos quest’anno per apprezzare il finale amarissimo che i due autori hanno scritto per  chiudere questa seconda annata. Certo, diversamente per esempio  da The Wire  che aveva una struttura molto diversa, è davvero difficile capire in questo momento quale tra le due sia la stagione migliore, proprio perché The Deuce è una serie molto compatta e coerente – anche se per ora ci sembra che il cerchio sia ancora più denso dello scorso anno e, forse, si sia chiuso anche in maniera più incisiva.

In “Our Raison d’Être” avevamo visto una sorta di ventata se non positiva quantomeno di cambiamento per le strade di New York, con il decentrarsi sempre più progressivo della via che dà il nome alla serie per spostarsi soprattutto nei locali di Vincent, Bobby, Paul, nella parte letteralmente underground della city. A mano a mano questa focalizzazione su altri luoghi a livello spaziale è coincisa anche con la certezza sempre più invadente che si può anche non camminare sulla Deuce, ma sarà lei ad essere onnipresente nella vita degli altri. E ovviamente l’esempio principale sono i pimp che la dirigono e le prostitute con i loro clienti che la popolano.

The Deuce - 2x08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the PretendCon il privilegio di una visione di insieme, appare chiaro come un frangente apparentemente marginale sia uno dei momenti più importanti della stagione, ovvero il suicidio del poliziotto Danny Flanagan, assassino di una delle tante prostitute che bazzicavano tra il locale di Bobby e la strada, nel settimo episodio “The Feminist Part“. Di per sé non è un avvenimento eclatante o di rottura, ma diventa significativo perché sintetizza il punto a cui vogliono arrivare gli autori: le commistioni e i paradossi ormai irrisolvibili che alimentano la vita di tutti i protagonisti. Tutti, nessuno escluso, hanno una doppia vita, un doppio comportamento, un’irrisolvibile inquietudine interiore, che fa il paio con l’atmosfera newyorkese, da un lato vera capitale del nuovo mondo capitalista e postmoderno, dall’altra luogo asfissiante, dagli ingranaggi incontrollabili.
Vincent vuole ora ciò che aveva già all’inizio: una famiglia, una moglie, dei figli, una casa in campagna e le serate davanti alla tv; una quotidianità da cui era scappato, incontrando così Abby, che a sua volta è scappata dagli obblighi dettati dalle sue radici borghesi, che vorrebbe ora ribaltare il totalitarismo dei papponi e dei criminali che la circondano, ma finendo per accettarne i soldi e quindi il loro gioco. La coppia è sicuramente una delle maggiori protagoniste della stagione, sia per le complesse dinamiche relazionali che hanno accumulato tra loro nel corso degli anni, sia per come queste stesse si siano alimentate grazie e soprattutto a causa del mondo esterno, di cui ora si ritrovano a far parte in modi praticamente opposti.
Vincent è completamente invischiato nei giri della mafia e della prostituzione, trascinato prima da Frankie e poi rimasto perché impossibilitato ad uscirne “vivo”; Abby invece, coerente con la sua indole testarda e incapace di sottostare passivamente alle regole, vorrebbe davvero fare la differenza, essere concreta e incisiva, e trova nel ritorno di Ashley e nella conoscenza con Dave il mezzo migliore per essere pienamente se stessa. Ovviamente il conflitto con Vincent è istantaneo ma soprattutto la scoperta di essere anche lei, in maniera indiretta, parte dello stessa sistema mafioso che sta provando a combattere è l’anticamera per la loro divisione. Se il primo episodio della stagione iniziava con l’immersione di entrambi nel mondo degli anni settanta newyorkese, il finale li vede separati, in due locali diversi, a fare i conti con la realtà della loro vita con due punti di vista totalmente opposti: Vincent nella sua discoteca in mezzo ai lustrini e alla musica, Abby nel “suo” Hi-Hat che conta quei soldi tanto sporchi, quanto necessari.

The Deuce - 2x08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the PretendL’altra grande protagonista della serie è Candy/Eileen ed è difficile ogni volta non tessere le lodi di  Maggie Gyllenhaal, che è riuscita a costruire un personaggio contemporaneamente fisico e metafisico, l’anima dimidiata per eccellenza della serie  (e che la racconta in pieno); un personaggio in cui le parti coincidono perfettamente con il corpo, la carne, ma anche con l’anima, l’identità vera e profonda, quella cui si accede usando la creazione artistica, per cui l’arte diventa il mezzo per far dialogare l’una e l’altra parte. In questo senso Candy/Eileen è anche metafora di New York stessa, la città che lei ama profondamente e che non abbandonerebbe mai per le lusinghe del sole di Los Angeles: New York è fisica, materialista, buia ed oscura, piena di segreti e di cose non dette, ma è anche autentica, si espone totalmente al pubblico, non si nasconde nelle sue brutture. “Red Hot”, il film che gira Eileen proprio sulla Deuce, in metropolitana, lungo il fiume Hudson, non avrebbe potuto avere nessun’altra location, perché è l’esatta commistione di volgarità e arte, di cultura alta e bassa, espressione del periodo postmoderno che tanta confusione ha provocato, ma allo stesso tempo altrettanti capolavori.
L’onestà e la schiettezza intellettuale hanno, però, anche il loro rovescio della medaglia, soprattutto perché non è detto che tutto il mondo sia disposto (anzi) a riconoscere i grandi passi in avanti dell’arte e quindi della società; così muovere i primi passi per diventare qualcuno in uno show business così fortemente maschilista coincide per lei con la perdita di suo figlio, o quantomeno con un allontanamento che sa di definitivo. Eppure, in un certo senso, la scena straziante che vede Eileen guardata ancora come Candy da suo padre (sarà un caso che per la prima volta si affacci lui alla porta per scacciare la figlia e non sia la madre a parlare con lei?) potrebbe funzionare come raddoppiata leva per la donna, che immaginiamo già usare il proprio successo per riscattarsi una volta per tutte e riprendersi ciò che ha di più caro – suo figlio – e di conseguenza affermare la propria identità, per cui si può essere (ex) pornostar e madre.

The Deuce - 2x08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the PretendE poi c’è il mondo in totale discesa dei pimp, la cui figura è finalmente in tragico declino. Il titolo dell’ultimo episodio, “Inside the Pretend”, è dedicato soprattutto a loro e viene da una citazione diretta di Darlene, che abbiamo visto crescere a dismisura nel corso degli episodi, riuscendo a mano a mano a strapparsi dal giogo di Larry (Gbenga Akinnagbe); anche il destino del pappone è direttamente collegato a “Red Hot” di cui diventa il protagonista dopo l’abbandono di un capriccioso e affermato attore. Il dialogo di addio tra Larry e Darlene è l’esatta messa a fuoco di come la prostituta e il pappone siano ruoli, siano recite che accadono nella realtà, ma che ormai hanno perso di senso, si sono svuotate come categorie e come etichette, tanto da renderne quasi inutile l’esistenza. Larry persegue il suo sogno di diventare attore professionista, provando anche a sganciarsi dal mondo della pornografia, mentre Darlene inizia una vita “normale”, che in quest’unico caso ha davvero un’accezione positiva e di cui ha senso parlare, perché sancisce l’uscita di scena dalla sua vecchia vita, dal palcoscenico del Deuce e dei film porno, quella vita in cui ormai non voleva più riconoscersi.
Ad aiutare questa disgregazione c’è il sacrificio di Ashley, la sua rabbia, la sua sconfinata voglia di fare, che la porta a chiudere con Dave e il suo diverso modo di considerare il concetto di aiuto, ma soprattutto che la condanna letteralmente a morte; e non è l’unica, perché dalla parte opposta ci sono le morti di C.C. e di Rodney, i papponi più violenti in assoluto. In pieno stile Simon, non c’è nessuna metafora o allegoria nello scioglimento delle catene della schiavitù: la ritrovata libertà di Lori e di tutte le altre ragazze avviene grazie all’eliminazione fisica di questi soggetti, in circostanze sicuramente strane, ma che ci appaiono allo stesso tempo necessarie. Ashley paga con la vita l’aver ritrovato la sua unicità come persona (“she’s a citizen”, dice C.C. ai suoi compari), così come C.C. e Rodney non hanno mai saggiato  la frustrazione dell’aspirazione ad un altro tipo di vita, e non a caso tutti questi personaggi sono morti; e con questo punto di vista, sembra proprio che non potesse essere altrimenti: è la New York del conflitto, questa, e loro non avevano più nulla da dare.

The Deuce - 2x08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the PretendInfine ci sono Lori, Bobby e Paul a chiudere il quadro dei protagonisti. La prima è forse il personaggio più impenetrabile della serie, quella che per lo spettatore non è facile amare o capire, ma che allo stesso tempo vive da sempre il conflitto già citato: il suo rapporto profondamente controverso con C.C., la sua incapacità di aprirsi, la sua instabilità personale ed emotiva, la violenza che subisce dal pappone, sono tutti elementi che la costituiscono, che la caratterizzano, che sembrano quasi scontrarsi dentro di lei, fino ad essere in antitesi e farla andare in cortocircuito. Ma lei ce la fa, non sempre per suo diretto merito (e forse questo non la rende apprezzabile quanto una Eileen, ad esempio), ma il riscatto per lei è totale.
Bobby, invece, diventa sempre più cupo man mano che passa il tempo, molto meno scanzonato rispetto agli inizi e in difficoltà nel fare il genitore – e se poi tuo figlio è in realtà figlio di James Gandolfini, questo non aiuta probabilmente; e Paul è tutto un altro scenario ancora, l’unico che sembra riuscire ad alzare la testa dalla morsa di Pipilo, lo vediamo cadere di nuovo ai suoi piedi ma genuinamente, spinto da un amore in cui adesso è davvero difficile credere. A incorniciare questo mondo c’è il neonato Midtown Enforcement Project, che promette di entrare a pieno regime nella prossima stagione e che aprirà le porte su un’altra New York, passando dai pimp alle forze dell’ordine, mettendo in risalto il personaggio che già sappiamo controverso di Gene Goldman interpretato da Luke Kirby.

The Deuce è un universo immenso, difficile da sintetizzare, magnetico da vivere e alle volte ostico da comprendere, ma la sua bellezza sta ancora una volta in questo conflitto, nella non immediatezza che richiede, perché la passione non è istantanea ma semplicemente irrimediabile, qualcosa che nasce e di cui poi non si può più fare a meno. Simon e Pelecanos firmano quindi una stagione memorabile, senza sbavature, fin troppo piena di dettagli, dal sapore scorsesiano ma senza manierismo o inutile citazionismo; e, se non fosse così, sarebbe davvero una serie di David Simon, ultima certezza della televisione contemporanea?

Voto 2×08: 8
Voto 2×09: 9
Voto Stagione: 9

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Informazioni su Sara De Santis

abruzzese per nascita, siciliana/napoletana per apparenza, milanese per puro caso e bolognese per aspirazione, ha capito che la sua unica stabilità sono netflix, prime video, il suo fedele computer ed una buona connessione internet


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4 commenti su “The Deuce – 2×08/09 Nobody Has to Get Hurt & Inside the Pretend

  • magicblack

    Bellissima recensione, Sara. Difficile dire più di quanto hai detto tu, aggiungo solo la mia assoluta preferenza su questa stagione che ho veramente adorato.

     
  • Boba Fett

    Sì, davvero tanta roba! Show che si riconferma in tutta la sua grandiosità, nella forma e nella sostanza, ma forse un po’ soffocato dal troppo che se non prevale sul racconto, spesso distrae e rende meno semplice la percezione dei personaggi principali e della loro storia.
    Sono curioso di sapere se la terza stagione, come questa, farà un salto temporale in avanti di qualche anno, per mostrandoci le conseguenze del repulisti morale e dell’Aids (se non ricordo male Candy invita qualcuna alla prudenza perché “sta girando qualcosa di strano”) sui personaggi.

     
  • Sara De Santis L'autore dell'articolo

    Grazie a tutti! Anch’io ho preferito questa stagione, anche se la prima non era certo da meno. Ma l’ho trovata ancora più densa e incisiva della scorsa, in un certo senso più a fuoco. Concordo sulla curiosità per il prossimo anno, non solo a livello di contenuti ma proprio di gestione del materiale, perché Simon sembra stia andando verso una direzione molto thewiriniana con la contrapposizione tra autorità e criminalità, dove i confini sono sempre sbiaditi e le fazioni buoni/cattivi non esistono tout court.
    Teniamo le dita incrociate quindi (per quanto, ribadisco, per me Simon è davvero una certezza!)