Le precedenti tre annate di Better Things ci hanno permesso di conoscere sempre più a fondo i peculiari legami che uniscono Sam alle sue figlie e, soprattutto, hanno avuto il costante merito di gettare uno sguardo spassoso, certo, ma soprattutto sincero alla condizione stessa di una donna come Sam – lavoratrice e madre single di tre figlie non di certo facili da gestire – mettendo in luce delle realtà condivise da tantissime donne che, però, non vengono spesso rappresentate nel contesto televisivo, e non solo.
La consapevolezza di questa scarsa rappresentazione, tra le altre cose, ha spinto Pamela Adlon a servirsi dello stampo autobiografico della serie per regalarci, nelle precedenti stagioni, un affresco tremendamente realistico della vita quotidiana e caotica di una donna come Sam, confezionando puntate che hanno avuto quasi sempre il merito di mescolare elementi comici ad elementi più riflessivi e, talvolta, commoventi; questo ha contribuito a rendere Better Things una serie davvero unica nel suo genere, capace di esplorare e di scavare sensazioni peculiari e, talvolta, contraddittorie senza mai perdere di vista quel realismo accennato poco fa. Quest’autenticità e questo perenne attingere dalla vita quotidiana non si esprimono tanto nella rappresentazione degli eventi affrontati dalla protagonista (alcuni dei quali sono davvero surreali e comici proprio per questa caratteristica), ma dalle sensazioni che ne conseguono: emozioni dolci ed amare a un tempo che tutti abbiamo provato almeno una volta, ma che non sempre si riescono a comprendere, a razionalizzare, ad elaborare. L’imprevedibilità stessa appartenente alla maggior parte dei personaggi della serie è figlia di questo tipo di sensazioni, le quali riescono a dare una coerenza interna allo show anche quando questo sfocia, spesso e volentieri, in rappresentazioni di situazioni a dir poco assurde e fuori dall’ordinario. Quante volte, infatti, Sam e gli altri personaggi hanno preso decisioni che sembravano tutto fuorché razionali e immediatamente comprensibili? E quante volte la sceneggiatura stessa ha introdotto elementi soprannaturali nello show? Eppure, questi elementi non hanno mai danneggiato la veridicità di Better Things, anzi: la cura con la quale sono state scritte e girate scene del genere ha avuto il merito di mettere ancora più a nudo la fragilità intrinseca dei personaggi, la loro semplice e pura umanità.
Dopo due annate che si sono principalmente concentrate sulle interazioni madre-figlia (rappresentate non solo dal rapporto di Sam con le tre figlie, ma anche con il legame con la madre Phil), la scorsa stagione ha deciso di concentrarsi principalmente sulla nostra protagonista e, soprattutto, sulla rappresentazione di ciò che una donna spesso prova all’avvicinarsi del suo cinquantesimo anno di vita. Le sensazioni di chi si trova in quest’età sono state messe in scena con una maestria e con un’autenticità senza pari, regalandoci una delle visioni più realistiche di quel che significa, per una donna e per una madre, affrontare le ripercussioni (non solo psicologiche ma anche fisiche) di questo periodo difficile e importante. Questa nuova annata parte sulla scia di queste considerazioni, con una Sam che ha ormai già compiuto cinquant’anni e che sembra aver capito quali sono i punti stabili e, soprattutto, le persone più importanti della sua vita. Allo stesso tempo, però, la nostra protagonista è anche costretta ad accettare e a convivere con il fatto che, più si va avanti con i giorni e con gli anni, e più le cose cambieranno in maniera sempre più drastica. E forse è anche per questo che l’esordio della quarta stagione viene rappresentato con una pioggia quasi incessante – una condizione piuttosto atipica rispetto alle precedenti puntate –, quasi a simboleggiare un distaccamento dal passato, drastico quanto inevitabile, con cui Sam e le sue figlie dovranno presto fare i conti.
Tra i peggiori e, purtroppo, prevedibili scenari di questo distaccamento, c’è la progressiva degenerazione di Phil, argomento che è stato già accennato in passato, ma che “Steady Rain” ci riporta alla memoria quasi immediatamente. È facile immaginare che tutto ciò che riguarderà il personaggio interpretato da una fantastica Celia Imrie nelle prossime puntate metterà a dura prova noi spettatori e, soprattutto, la stessa Sam, costretta a guardare impotente sua madre invecchiare.
Il peculiare rapporto fra le due, che si punzecchiano a vicenda in maniera ancora più incisiva, è probabilmente figlio della cocente paura che stanno provando entrambe per l’inevitabilità di una situazione che non potrà che peggiorare. Se, da un lato, c’è una Sam che talvolta rifiuta di trattare la madre con la cura di cui necessiterebbe la sua età proprio perché incapace di accettare il suo decadimento fisico (la scena in cui la costringe a scendere dalla macchina e a camminare sotto la pioggia ne è un esempio perfetto); dall’altro lato c’è una Phil che tenta di aggrapparsi con ancora più forza alla sua tipica irriverenza, fingendo (forse più a se stessa che agli altri) di non aver bisogno di aiuto, di poter ancora camminare stabilmente con le sue sole forze. È una situazione delicata e triste, che sarà probabilmente indagata a fondo nelle prossime puntate. Oltre alla condizione di Phil, “Steady Rain” ci mostra una Sam che, come al solito, si trova a dedicare più tempo e più attenzioni agli altri di quanto non faccia per se stessa, anche se il momento che sta affrontando è piuttosto delicato. La vediamo ancora pronta ad occuparsi di Max, Frankie e Duke sacrificando il suo stesso benessere per la loro felicità (l’accettare, suo malgrado, di invitare l’ex-marito al compleanno di Frankie è forse l’esempio più palese); ma la vediamo anche pronta ad offrire una spalla su cui piangere ai suoi amici di vecchia data, aiutandoli a superare il loro trauma sentimentale. Anche le bellissime scene in cui la protagonista è da sola in cucina alle prese con numerose ricette, di certo pensate per saziare non solo se stessa, sono un segno del suo perenne altruismo.
È sulla scia di queste situazioni che “She’s Fifty” ci mostra una Sam che, invece, decide di ritagliare più spazio per se stessa, compiendo delle scelte che, all’apparenza, sembrano senza senso (se non folli) ma che probabilmente indicano proprio il bisogno della donna di cedere ai suoi personalissimi capricci, per una volta senza dover pensare ai bisogni degli altri, tenendo anche in conto che le sue figlie sono, ormai, cresciute e più autonome (le parole mature che Duke rivolge a Rich sono esemplari riguardo ciò). Da qui l’acquisto dell’auto scelta solo per la sua bellezza e di nuovi e strambi animali domestici e, in generale, tutta una serie di comportamenti che rispondono non più a un’attenta pianificazione, ma semplicemente al bisogno di soddisfare capricci momentanei, improvvisamente divenuti impossibili da ignorare.
“Welcome to my midlife crisis!”, esclama Sam a una Max stupita e divertita, ma soprattutto lo esclama a noi, spettatori delle prime due puntate che introducono una stagione che saprà indagare sicuramente i risvolti più comici e drammatici di questa stessa crisi. “Steady Rain” e “She’s Fifty”, insomma, pur non presentando ancora risvolti narrativi importanti ai fini della trama, ci reintroducono con cura nella vita della famiglia Fox con la classica maestria di chi, come Pamela Adlon, riesce a sottintendere molto mostrando poco, inserendo sfumature sottili ma significative nella vita quotidiana dei suoi personaggi.
La rappresentazione delle loro vicende nasconde nel sottosuolo dettagli che testimoniano i segni di alcuni cambiamenti sempre più drastici e inevitabili con cui loro (e noi) dovranno ben presto fare i conti. Non resta che sperare, insomma, che questa quarta stagione sarà capace di mostrarceli con la solita destrezza con cui Better Things è capace di divertirci e, al tempo stesso, di emozionarci. Le prime impressioni sono, come al solito, positive.
Voto 4×01: 8
Voto 4×02: 8
