Avatar: The Last Airbender – Stagione 1


Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Gli adattamenti seriali e le operazioni nostalgia spesso vanno di pari passo, ma anche quando uno show porta il dovuto rispetto al materiale di origine, non sempre la trasposizione su piccolo schermo ha la capacità di omaggiare il cuore dell’opera. Spesso è obbligatorio fare i conti con budget e tempi di produzione differenti, nonché con un pubblico molto diverso da quello che è stato segnato da un film, un libro o una serie animata con più di un decennio alle spalle. Adattare, tuttavia, non significa per forza tradire, ma può voler dire rimodellare e trovare il proprio incastro nella vasta produzione contemporanea di qualsivoglia medium; finché trapela la comprensione e un’armonia con il messaggio del materiale originale, ogni vizio di forma potrà essere perdonato. Per riuscire in questo compito molto difficile è necessario scendere dalle spalle di un gigante per camminare sulle proprie gambe. Purtroppo, Avatar: The Last Airbender sembra aver preso molte cose dalla famosa serie animata, senza aver imparato nulla da essa.

Il franchise di Avatar: The Last Airbender non è mai davvero tramontato; nel periodo di assenza dal piccolo schermo successivamente al riuscito sequel The Legend of Korra, sono state copiose le produzioni fumettistiche (particolarmente apprezzati The Search e The Rift), i romanzi spin-off (Suki Alone, The Rise of Kyoshi) e videoludiche con The Legend of Korra. Mancava solo un live action per completare una produzione così feconda e perlopiù di tutto rispetto, se si tralascia il tentativo di M. Shamalayan (ServantWayward Pines) nel 2010 di coprire l’intera prima stagione della serie animata in un film di due ore; il meme ricorrente fra i fan sul “film che non è mai stato girato” dice abbastanza su come la pellicola sia stata accolta.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1L’arrivo della serie targata Netflix è stato burrascoso; prima i trailer avevano instillato molta fiducia sulla resa visiva della serie, poi sono arrivate le polemiche per un’intervista dove gli attori parlavano della scelta di ritrarre diversamente un aspetto problematico della serie originale, o la dichiarazione che lo show avrebbe subito il trattamento riservato a molte produzioni fantasy odierne: il trattamento Game of Thrones, che ancor più dell’ultima stagione dovrebbe farsi perdonare l’aver fatto credere che per raccontare una storia fantasy matura la violenza in ogni suo aspetto sia necessaria. Avatar The Last Airbender e The Legend of Korra erano la prova che non fosse così, molto tempo prima dell’uscita dell’adattamento dei lavori di G.R.R. Martin. Questa è una delle tante lezioni di cui la trasposizione Netflix non ha fatto tesoro.

I primi passi di Aang, ultimo dominatore dell’aria, nel suo viaggio per diventare l’Avatar sono spettacolari, ma vuoti di ciò che aveva reso speciale il cartone. La storia del Team Avatar è stata adattata con una fedeltà di superficie che non tiene conto di certi messaggi profondi davvero importanti per chi ha già visto questa serie, in una grande operazione nostalgia che aggiunge davvero poco a ciò che già è stato visto; le rare volte che si concede di avventurarsi in cambiamenti e aggiunte lo fa con alti e bassi. Si può notare un forte impegno nello strizzare costantemente l’occhio ai fan della serie animata e nella decisione di tenere alto il ritmo della narrazione per intrattenere, ma senza raccontare nulla di significativo. I cambiamenti inoltre tradiscono ripetutamente il cuore dello show; viene reiterato, soprattutto in “Legends”, di lasciare andare il passato e guardare al futuro, quando il passato è sempre stato uno dei pilastri del presente e un monito su come costruire il futuro per Aang e il mondo da lui protetto. Il genocidio dei nomadi dell’aria (che lo showrunner voleva assolutamente rappresentare in maniera spettacolare) non ci consente di scoprire assieme al protagonista il tremendo fato dei monaci che chiamava famiglia, togliendo impatto anche alla scena dove viene scatenato per la prima volta l’“Avatar State” in “Aang”. Infine, in “Warriors” viene completamente cancellata la sottotrama in cui Sokka supera le sue strampalate idee sessiste offrendosi umilmente di essere allievo di Suki e le guerriere Kyoshi, vestendosi come loro e imparando a combattere come loro; nel live-action Sokka attraversa un breve arco narrativo in cui deve solo acquisire fiducia in sé stesso e in cui la fascinazione di Suki per il mondo oltre Kyoshi Island si ferma all’attrazione fisica per il protettore della Tribù dell’Acqua.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Ovviamente non si dovrebbe criticare una trasposizione perché i cambiamenti nella trama, ma quando gli stessi cambiamenti vanno a snaturare il materiale di origine, allora questo è senza dubbio il difetto di una cattiva trasposizione. Non bastano gli ottimi effetti visivi e i nomi dei personaggi a far rivivere certe emozioni ai fan. E si fa riferimento proprio i fan perché è quasi esclusivamente a loro che questo adattamento è rivolto, benché sarebbero i primi a notarne le pecche nei tentativi di fanservice sin troppo palesi, i personaggi poco incisivi e che interagiscono approssimativamente fra loro, in una trama debole nonostante l’ambientazione fantastica. Spettatori poco avvezzi al mondo di Avatar: The Last Airbender, potrebbero rimanere confusi di fronte a certi riferimenti dati per scontati.

Alti e bassi si notano anche nel cast di personaggi, nel profondo divario fra la cura nella scrittura dei protagonisti e degli antagonisti; gli ultimi sembrano nettamente più coinvolgenti e interessanti. Sokka, Katara e Aang sono spesso insieme sulle scene, ma non legano mai davvero e questo difetto è abbastanza evidente dai numerosi cliché negli artificiosi dialoghi, nell’umorismo poco incisivo, e nella continua spiegazione di cosa sta succedendo sulla scena; tutti ostacoli alla credibilità del Team Avatar. La piattezza dei loro archi narrativi deriva anche dalla mancanza di coraggio nel reinterpretare le loro storie, che sono deragliate su binari davvero prevedibili; Sokka deve solo dimostrare a sé stesso di essere già forte, il personaggio di Katara si sviluppo solo nella penultima puntata e Aang non apprende il dominio dell’acqua, né si evolve davvero dall’idea di non essere adatto a ricoprire il ruolo di Avatar. Questo si traduce in caratterizzazioni a dir poco stagnanti. In questa rincorsa all’”atmosfera Game of Thrones” lo show dimentica che prima di ogni altra cosa, i protagonisti sono dei ragazzi che vengono catapultati in un mondo più grande di loro.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Di tutt’altra pasta invece sono i cattivi, dove la scrittura ha dato il suo meglio. Innanzitutto, l’alchimia fra Uncle Iroh e il nipote Zuko è ottima, anche grazie agli attori Dallas Liu e Paul Sun-Hyung Lee (Ahsoka, The Mandalorian); il loro rapporto è una soddisfacente alternanza di affetto sincero e divergenze fra l’esperienza dell’anziano generale e l’irruenza del giovane rampollo, che sviluppano un sottile e malinconico legame nato da traumi diversi che li hanno fortemente segnati, ma grazie ai quali si sono trovati. È bellissima la scena del funerale del figlio di Iroh in “Into the Dark”, un flashback di ottima fattura che rappresenta tutto ciò che questo adattamento avrebbe dovuto essere: una strizzata d’occhio al passato con una prospettiva nuova, ma sempre fedele. In tema famiglia, si evidenzia la spettacolare interpretazione di Daniel Dae Kim (Pantheon, The Good Doctor) nei panni del Signore della Nazione del Fuoco Ozai, in un connubio di eleganza e spietatezza il cui merito è tutto di questo live-action. Né è da dimenticare la giovane Elizabeth Yu nei panni di una determinata principessa Azula, perché come lei vive il gioco crudele con cui Ozai sprona la competizione fra fratello e sorella è fra i momenti salienti dell’intera stagione.

Sarebbe ingiusto dire che questo adattamento sia un totale buco nell’acqua; gli effetti visivi sono di ottima fattura e restituiscono la magia dell’estetica del cartone grazie a una cura nella riproduzione verosimile di creature fantastiche come il bisonte volante Appa o gli spiriti, di architetture maestose come la città di Omashu o il tempio dei Dominatori dell’Aria o ancora della spettacolare e terribile potenza militare della Nazione del Fuoco. Purtroppo però, questo adattamento è poco più che una grande e costosa operazione nostalgia in grado di catturare solo superficialmente la magia dell’opera originale e ne tradisce ripetutamente il cuore nell’equivocare il suo messaggio, cercando di farla diventare qualcosa che non è mai stata. Forse la seconda stagione (già confermata) sarà un passo in avanti, ma al momento ci troviamo davanti a poco più che una fanfiction di Avatar: The Last Airbender, dove è chiaro l’affetto, ma è in dubbio la fedeltà alla serie animata.

Voto: 6

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